Il mestiere del regista è solitamente un lavoro di ricerca e di racconto molto personale. Il regista è esecutore e al tempo stesso protagonista della sua opera, sia nella scelta di essere presente e identificabile nei propri film (includendo parte di elementi biografici, delle personalissime manie e idiosincrasie…) sia nella scelta di appropriarsi di storie altrui e veicolarle con il proprio sguardo.
Eppure nel caso di Futura, il documentario che vede alla co-regia Francesco Munzi, Pietro Marcello e Alice Rohrwacher, l’operazione messa in atto dai tre registi è paragonabile a quella di un servizio pubblico in cui l’individualità autoriale viene quasi completamente messa da parte. Si tratta di un film collettivo che scorre fluido e in cui nonostante lo sguardo e gli stilemi di ognuno dei registi coinvolti siano ben riconoscibili, questi sono in realtà al completo servizio dei soggetti del documentario.
La voce dei registi non si sovrappone a quelle dei giovani e giovanissimi intervistati, e i tre autori mantengono un’estrema fedeltà nei confronti di un’età complessa e incerta come quella dell’adolescenza.
I registi di Futura scelgono di realizzare un film a campione sugli adolescenti poiché spesso trascurati dal discorso pubblico e altrettanto spesso raccontati da una prospettiva esterna e adulta, con tutte le incomprensioni che ciò comporta. La scelta dei registi ricade sugli adolescenti perché, come affermato nel film stesso, questi non sono più bambini ma non sono ancora adulti, hanno il compito di diventarlo. Munzi, Marcello e Rohrwacher intraprendono un viaggio attraverso l’Italia contemporanea per intervistare adolescenti di tutte le regioni sul tema del futuro.
Il film non si articola su episodi, come spesso accade per i film corali, è piuttosto un racconto unico, un’intervista chiosata dalle riflessioni dei registi stessi, a cui Alice Rohrwacher dà voce, che parte dallo sforzo immaginativo degli adolescenti intervistati sul loro avvenire, le loro prospettive, i loro desideri e le aspettative sentimentali, familiari e lavorative.
Futura: una testimonianza per il futuro
I ragazzi sono intervistati sempre in piccoli gruppi all’interno di diverse situazioni: di svago, di gioco, di lavoro, di vita comunitaria, di studio. Il ventaglio delle situazioni analizzate è ampio e abbraccia tutte le sfere del quotidiano degli adolescenti di oggi. Le domande degli intervistatori sono sempre incluse nel discorso diegetico rendendo il dialogo naturale e spontaneo, le brevi pause in cui i giovani riflettono prima di rispondere e gli sguardi in camera sono ulteriori marche di veridicità e autenticità.
Guardando il film si ha l’impressione di assistere a un film d’archivio sul presente che servirà da testimonianza sui nostri tempi e le prospettive future dei ragazzi di oggi, così come oggi guardiamo ai Comizi D’Amore pasoliniani per avere uno scorcio sulle abitudini sentimentali e sessuali dell’Italia degli anni Sessanta.
Proprio alla stregua di Pasolini, i tre registi intervistano giovani contadini e allevatori, studenti della Normale di Pisa e di rinomati licei del centro di Milano rivolgendo loro le stesse domande senza emettere o veicolare alcun tipo di giudizio su ciò che emerge nel corso della loro ricerca. L’unico momento che pare stridere con l’intento acritico degli autori è una lunga digressione sul G8 di Genova, di cui i giovani intervistati non conoscono quasi nulla.
I minuti di ricostruzione degli eventi del G8 appesantiscono l’atmosfera di sospensione atemporale che caratterizza Futura, calandolo in un passato recente che pesa come un macigno e che, se vuole puntare il dito contro l’ignoranza di questi fatti, si discosta dallo spirito che aveva guidato finora la narrazione.
Il riferimento documentaristico più esplicito è però quello a I bambini e noi (1970) di Luigi Comencini, di cui alcune sequenze intervallano la narrazione filmica.
La sensazione di essere di fronte a una preziosa fotografia di questi anni si amplifica nel momento in cui il Covid19 entra con prepotenza nelle vite degli adolescenti intervistati, aggiungendo all’incertezza personale e generazionale un ulteriore elemento di difficoltà e di crisi.
La pandemia coglie alla sprovvista anche i registi che devono ripensare al progetto, affrontando una serie di difficoltà produttive legate al confinamento del periodo del lockdown.
Le risposte dei giovani protagonisti di Futura esprimono un insieme stridente di disillusione e speranza e spesso riescono nell’intento (quasi certamente involontario) di mettere l’osservatore adulto di fronte a uno specchio impietoso che mostra lo scarto tra ciò che si desidera da giovani e ciò che poi accade.
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