27 marzo: Giornata Mondiale del Teatro! Il cinema, fin dalle sue origini, ha un rapporto strettissimo con il teatro, tanto che, nei primi anni di vita del cinematografo, le due arti venivano spesso paragonate. Col tempo, poi, il grande schermo ha sviluppato delle forme espressive proprie, ma la fascinazione per il palcoscenico non si è mai esaurita e ha dato spesso vita all’adattamento cinematografico di drammi teatrali.
Vi proponiamo qui alcuni dei migliori film tratti da opere teatrali, dagli anni Quaranta ai giorni nostri. Tre film +1 per ogni trentennio. Su il sipario e buona giornata mondiale del teatro!
1940-1970
Un tram che si chiama desiderio (1951)
Sono numerosissime le pièce firmate da Tennessee Williams che hanno avuto un adattamento cinematografico, ma quello di Un tram che si chiama Desiderio diretto da Elia Kazan è probabilmente il più famoso. Questo anche grazie ai suoi attori protagonisti: Marlon Brando e Vivien Leigh; lei già famosissima, lui agli albori di una straordinaria carriera sul grande schermo.
Un film intenso e a tratti doloroso, che si poggia saldamente sulla sceneggiatura coinvolgente e sulle passionali interpretazioni. Due protagonisti agli antipodi, Blanche DuBois (Vivien Leigh) e Stanley Kowalski (Marlon Brando), il cui scontro personale si fa simbolo di un conflitto tra fragilità e violenza, tra innocenza e perversione, tra sogno e disinganno. Il vero classico per la giornata mondiale del teatro.
La parola ai giurati (1957)
Un processo per omicidio e dodici uomini chiamati a decidere il destino di un ragazzo. L’unica via percorribile per la legge: un verdetto unanime. Fin dall’inizio, i giurati sono d’accordo sulla colpevolezza dell’imputato. Tutti, tranne uno: il giurato numero 8 (Henry Fonda). Comincia così un tentativo di persuasione che uscirà ben presto dai confini del caso di parricidio per portare alla conoscenza di ognuno dei dodici protagonisti senza nome. Col passare delle ore, la sala di consiglio – resa già inospitale da un caldo asfissiante – si fa sempre più piccola e claustrofobica, invasa man mano dai conflitti serrati tra pareri opposti, dalle vicende private e dalle personalità contrastanti dei protagonisti.
La parola ai giurati è un riuscito adattamento cinematografico, che impreziosisce la scrittura solida del dramma teatrale con le ottime interpretazioni da parte di tutto il cast e le intelligenti scelte registiche dell’esordiente Sidney Lumet.
Chi ha paura di Virginia Woolf? (1966)
Due coppie, due matrimoni, un drink prima di andare a dormire e tanti segreti da non lasciarsi sfuggire. Ma i drink diventano due, tre e poi impossibili da contare. E le lingue si sciolgono. Chi ha paura di Virginia Woolf? cattura lo spettatore fin dai primi minuti. I dialoghi serrati ed enigmatici tra Martha (Elizabeth Taylor) e George (Richard Burton) e il loro modo di attrarsi e respingersi vicendevolmente incuriosiscono ed intrigano. C’è qualcosa sotto, qualcosa da scoprire per cui la curiosità cresce minuto dopo minuto. Ogni frase, ogni parola che esce dalla bocca dei coniugi potrebbe costituire un indizio. Impossibile perciò distogliere lo sguardo e l’orecchio, sia per lo spettatore, sia per gli altri due protagonisti, i giovani sposi Nick (George Segal) e Honey (Sandy Dennis).
13 nomination agli Oscar e una Elizabeth Taylor brava da togliere il fiato per il folgorante debutto alla regia di Mike Nichols, tra i migliori adattamenti cinematografici di sempre.
+ 1: Casablanca (1942), tratto da Everybody Comes to Rick’s di Murray Burnett e Joan Alison.
1970-2000
Provaci ancora, Sam (1972)
Uno dei pochi casi in cui Woody Allen recita in un film di cui non è regista (ruolo ricoperto da Herbert Ross), Provaci ancora, Sam è però l’adattamento cinematografico di una sua opera teatrale. Qui Woody è Sam, critico cinematografico impacciato e insicuro che, per risolvere propri problemi sentimentali, si rivolge a chi, difficoltà con le donne, non ne ha mai avute: Humphrey Bogart (Jerry Lacy). Le cose però si complicano quando Sam si accorge di provare dei sentimenti per Linda (Diane Keaton), la moglie del suo migliore amico.
In questo film, personaggi nevrotici e inimitabili conquistano il cuore dello spettatore e la (sfortunata) ricerca della donna perfetta si svolge a colpi di dialoghi brillanti, riflessioni filosofiche e interrogativi esistenziali; il tutto esaltato da umorismo e ironia tutti alleniani.
Morte di un commesso viaggiatore (1985)
Dustin Hoffman è Willy Loman, un venditore alla fine della propria carriera. Una fine che non riesce ad accettare. Ritrovatosi a fare un bilancio, l’uomo si rende conto dei fallimenti che hanno costellato la sua vita e quella dei suoi figli Happy (Stephen Lang) e, soprattutto, Biff (John Malkovich), il prediletto nel quale aveva riposto speranze e aspettative paterne. Aspettative che pesano come macigni sulle spalle dell’ormai cresciuto Biff, incapace di perdonarsi di non essere riuscito a realizzare quei sogni che non erano mai stati i suoi.
La potenza del testo di Arthur Miller e la complessità dei suoi personaggi trovano forza nell’adattamento cinematografico diretto dal tedesco Volker Schlöndorff soprattutto nella bravura degli interpreti. La crudele smentita del sogno americano, la ricerca frustrata di un avanzamento sociale che non arriva mai, il tormento dell’aver deluso le aspettative si possono leggere sui volti dei protagonisti intensi e mai eccessivi di un dramma profondamente umano.
Rumori fuori scena (1992)
Non sarebbe la Giornata mondiale del teatro senza un film tratto da uno spettacolo teatrale che parla di teatro. Una mescolanza che ben rende l’idea della caoticità che caratterizza l’opera, che ha come protagonista una sgangherata compagnia teatrale alle prese con le prove generali di uno spettacolo tutt’altro che pronto. Palcoscenico e dietro le quinte si intrecciano di continuo, ciò che succede in scena viene contaminato da litigi ed equivoci fuori scena e al regista perfezionista Lloyd (Michael Caine) spetta il difficile compito di mettere ordine nel caos.
Una commedia brillante e dal ritmo vivace che diverte grazie alla sceneggiatura e alla bravura degli attori, tutti a proprio agio nei propri eccentrici ruoli; mentre la regia di Peter Bogdanovich riesce ad emergere e ad evitare lo straniante effetto “teatro filmato”.
+1: La leggenda del pianista sull’oceano (1998), tratto da Novecento di Alessandro Baricco.
2000-oggi
Il dubbio (2008)
1964, Bronx. Una madre (Viola Davis), preoccupata per i maltrattamenti all’ordine del giorno nelle scuole pubbliche, decide di iscrivere il proprio figlio Donald (Joseph Foster) ad una scuola privata. Colonne portanti dell’istituto religioso sono Padre Brendan Flynn (Philip Seymour Hoffman) e Sorella Aloysius Beauvier (Meryl Streep). Il primo si mostra ben disposto nei confronti del ragazzo – unico allievo di colore – mentre la seconda teme che il suo arrivo possa danneggiare la scuola. Le cose si complicano quando una giovane suora, Sorella James (Amy Adams), nota delle stranezze nel rapporto tra Padre Flynn e il giovane Donald.
Tratta dal dramma premio Pulitzer Doubt: A Parable di John Patrick Shanley, che ne firma l’adattamento cinematografico, la pellicola vanta delle interpretazioni eccellenti che donano ulteriore profondità ad un film che tratta del delicatissimo – e purtroppo mai inattuale – argomento della pedofilia all’interno della Chiesa.
Cena tra amici (2012)
Un invito a cena, qualche amico intorno ad una tavola apparecchiata e chiacchiere che, a volte, nascondono qualcosa di più. Le premesse sono tutt’altro che originali, ma il risultato è un’opera che intrattiene e diverte con umorismo e ironia alla francese. Ogni personaggio ha contorni chiaramente delineati e le differenze tra loro sono spunto per intavolare conversazioni e litigi che – per il bene del rapporto di amicizia – si era tacitamente deciso di non affrontare, ma che uno scherzo apparentemente innocente riesce a portare a galla.
Cena tra amici, diretto dai suoi autori Matthieu Delaporte e Alexandre de La Patellière, è una commedia intelligente che riesce a far convivere la risata con una profonda indagine dei rapporti umani (impresa meno riuscita dal suo remake italiano: Il nome del figlio).
One night in Miami (2020)
È una storia vera quella narrata nel film One night in Miami: la storia di una notte di festeggiamenti che vide protagonisti quattro icone dell’America nera degli anni Sessanta: Cassius Clay (Eli Goree), Malcolm X (Kingsley Ben-Adir), Jim Brown (Aldis Hodge) e Sam Cooke (Leslie Odom Jr.). Tuttavia non è sugli “eroi” che si sofferma la narrazione, ma sugli uomini: mariti, figli, padri, amici le cui vicende private si intrecciano alla Storia e in particolare alle problematiche razziali che, oggi come allora, attanagliano gli Stati Uniti.
Un fiume di parole che scorrono gravi e inarrestabili nel buon esordio alla regia dell’attrice premio Oscar Regina King, che porta sul grande schermo con una storia potente e ben raccontata che parla al presente. Forse il più recente tra gli imperdibili da recuperare nella giornata mondiale del teatro.
+1: Re della terra selvaggia (2012), tratto da Juicy and Delicious di Lucy Alibar.
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