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Heartstopper 2, lo spazio sicuro dei sentimenti

13 minuti di lettura

Nell’estate in cui Greta Gerwig e il suo Barbie stanno colorando i cinema di rosa, riavvicinando il femminismo a una femminilità sanata da un processo di riappropriazione e ribaltamento dei suoi stereotipi, Heartstopper 2 sbarca su Netflix, dal 3 agosto, con una stagione che continua a reclamarsi rifugio sicuro di chiunque voglia prenderne parte. Avvolta, con i suoi toni pastello, tra tenerezza e rassicurazione.

Se la prima stagione era stata una cellula impazzita nella programmazione della piattaforma, scalando le classifiche grazie a un energico passaparola, il secondo capitolo della Serie torna in campo tentando di giocare tutte le sue carte per confermarsi un prodotto di reale qualità. Tratta dall’omonima graphic novel di Alice Oseman, anche sceneggiatrice della trasposizione audiovisiva, Heartstopper altro non è che un adorabile teen drama.

A tinte quasi unicamente queer, romantico, delicato, radioso, spogliato di estremismi e declinato a un’inclusività rappresentativa non punitiva o pericolosamente affondata nel dramma. La sua diversificazione la trova nella naturalizzazione, mitigando lo spettro emozionale nell’essenzialità di uno spazio accogliente, dove niente è più liberatorio del poter essere se stessi. Li avevamo lasciati infatuati, Charlie e Nick. Li ritroviamo innamoratissimi. Ci avevano congedati con la promessa del coming out di Nick, e da lì ripartiamo.

La cifra stilistica di Heartstopper

joe locke e kit connor in heartstopper 2

La prima stagione di Heartstopper è stata un viaggio armonioso di conoscenza dei suoi protagonisti e di intimo coinvolgimento nella nascita dell’amore tra i due ragazzi. Insieme a Tao, Elle, Isaac, Darcy e Tara, il gruppo di amici si è mosso nel mare magnum dell’adolescenza con un realismo raramente messo in scena con tale linearità, deprivato di isterismi e sublimato in una semplicità che ha saputo trovare la giusta ricetta per funzionare. Nessuno snodo particolarmente impetuoso, nessun insistito colpo di scena: soltanto le piccole e grandi sfide della propria crescita e un accento marcato su come la grandezza narrativa a volte sia da ricercare nel modo in cui, quelle sfide, si decide di affrontarle.

L’inclusività della Serie è un dato di natura, così come lo è la sua cifra stilistica. A metà tra realtà e immaginazione, gli elementi della graphic novel esplodono sullo schermo per trasformare il soggettivo sentire dei suoi personaggi in universalità sentimentale. Foglie, saette, farfalle e cuori riempiono il campo emotivo del racconto edificando un ponte d’intimità tra spettatore e personaggio, complice nella conoscenza degli stati d’animo più personali dei ragazzi grazie a un’animazione che traduce l’introspezione in didascalia visiva. Con la sua fotografia patinata di neon e pastello, ambivalentemente usata nella diegesi narrativa e nell’accentuazione di quella emotiva, Heartstopper 2 ha saputo nuovamente immergere il suo fruitore nel ricordo di sensazioni reali, palpabili e spesso nostalgicamente dimenticate.

Assieme alla romanticizzazione delle vicende, la seconda stagione ha continuato a seguire una strada semi-educativa, non cedendo a una stucchevolezza didascalica ma virando su tematiche che dall’omofobia si sono estese al bullismo, i disordini alimentari e la propria scoperta identitaria, sessuale e di genere, sempre a cavallo tra l’interno di una coesa e supportiva comunità LGBTQIA+ e il suo esterno conflittuale. L’inflessione è quella di sempre, problematizzata ma non commiserevole, sostenuta da una profondità capace di fornire strumenti per affrontare le criticità e una leggerezza che sappia consapevolizzarle senza appesantire la narrazione.

Heartstopper 2, non solo Nick e Charlie

yasmin finney e william gao in heartstopper  2

Il centro tematico di Heartstopper 2 ruota attorno alla difficoltà del percorso di coming out di Nick (Kit Connor), non lineare e gravato da una complessità inattesa che coinvolgerà, inevitabilmente, le dinamiche relazionali con Charlie (Joe Locke) e con l’intero campionario di individualità orbitanti intorno al ragazzo. La seconda stagione allarga l’arena in cui far muovere altre due storylines: quella di Tao (William Gao) ed Elle (Yasmin Finney), alle prese con la propria reticenza ad abbandonarsi alla relazione sentimentale; e quella di Tara (Corinna Brown) e Darcy (Kizzy Edgell), nel pieno di una crisi comunicativa che nasconde dei demoni di natura più burrascosa.

Intorno ai sei poli si muove scostante, sempre celato dietro alla pagina di un libro, Isaac (Tobie Donovan), vittima di un character development frammentario, incalzato da frugali guizzi narrativi e un piglio caratterizzativo ancora troppo bidimensionale.
Che l’idillio della prima stagione fosse destinato a scheggiarsi era chiaro a partire dai suoi stessi presupposti di realtà, troppo idealisti per potersi ripetere senza sacrificare la loro risonanza con il verosimile. Così, con una predominanza maggiore di frustrazioni, sofferenze, conflitti interpersonali e un’inclusione più problematica del mondo degli adulti, Heartstopper 2 sceglie di espandere le proprie complessità, abbracciando una maggiore drammaticità ma continuando a prediligere un taglio soffice, punto di forza e di debolezza della sua seconda stagione.

Fuori dai cliché ma con ritmo incerto

corinna brown e kizzy edgell in heartstopper 2

La fragilità di Heartstopper 2 è un problema di ritmo. A volte sembra sobbalzare incerto, disinnescando con superficialità alcune delle sottotrame messe in moto. Diversi spunti perdono d’incisività, mentre la reiterazione del tema principale si sovraccarica nella ripetizione di situazioni narrative che alla lunga rischiano di compromettere l’attenzione spettatoriale. La chimica tra Nick e Charlie sullo schermo è indiscutibile, così come la partecipazione emotiva alle loro rispettive esperienze personali.

Tuttavia, la pacificazione in una futura esaustività – nel corso di una già confermata terza stagione – non è sempre sufficiente a colmarne le sbavature. Così facendo, la scelta di addentrarsi dentro varchi esistenziali solo abbozzati o dannosamente forzati finisce per privare alcuni passaggi della giusta multidimensionalità. Indubbiamente l’esplorazione sarà successiva, ma forse una gestione più equilibrata dei tempi avrebbe giovato al parziale senso di approssimazione ingenua che si prova a visione ultimata.

D’altro canto, Heartstopper 2 riesce, di nuovo, a schivare quasi tutti i cliché più nocivi dei teen drama, scommettendo con decisione su un’intelligenza emotiva che mette al suo centro la parola. L’arco trasformativo di Ben (Sebastian Croft) ne è prova esemplificativa. Il “villain” della prima stagione, uno di quei personaggi capaci di tradurre l’interiorizzazione dell’omofobia in atteggiamenti soltanto violenti, compie nel secondo capitolo un progressivo percorso di redenzione. Le scuse a Charlie arrivano in chiusura e rimbalzano su una consapevolezza, della controparte, che raramente si è vista risolversi con tale maturità sensibile.

Volendo semplificare, quello che Heartstopper ha sempre fatto e continua a fare è scegliere ogni volta di incamminarsi sul tragitto più sano tra quelli percorribili, a costo di scontrarsi con una diversa presa emotiva. In fin dei conti, però, è lì che trova la sua forza, grazie a una genuinità che impatta sull’immedesimazione di chi guarda con un’intensità travolgente.  

I protagonisti, gli amici e le coppie parlano sempre. Tanto, con onestà e di tutto. A essere sacrificato è quindi quel tipo di malfunzionamento comunicativo che muove buona parte dei prodotti ascritti al genere. Via la tragicità, lo struggimento, i segreti, i ricatti e la sfuggevolezza che esaspera la narrazione annacquandola di fraintendimenti e di imprevisti. A trionfare è la purezza del sentimento, protetto e coltivato per crescere sia nella singolarità che nella reciprocità. Certo, a tratti un’assennatezza così trasversale in ragazzi tanto giovani rischia di precipitare nel regime dell’irrealtà, ma Heartstopper 2 è ancora abile nel mantenersi in equilibrio, scegliendo un tono di voce che non lo trasformi in trattato educativo ma ne conservi sempre l’anatomia adolescenziale e rassicurante.

Heartstopper 2, riappropriarsi della spontaneità

nick e charlie in heartstopper 2

Heartstopper 2 è una Serie più matura e consapevole e al suo interno ospita dei ragazzi visibilmente cresciuti, ognuno innescato dalle fragilità del proprio vissuto, ma tutti in ascolto delle difficoltà dell’altro. Se la strada percorsa da Nick è la salita principale del plot della stagione, nelle vie parallele è seminato il trauma irrisolto di Charlie, spezzato tra la disperata volontà di nascondere ciò che l’ha ferito – nel tormento dei problemi alimentari e nel tentativo di non mostrarsi fragile agli occhi del suo fidanzato – e l’inevitabilità di un dolore ancora da sanare.

Dentro alle sfumature calde dei suoi colori, la Serie cerca di compendiarsi in un unico input risolutivo: tutti meritano di essere amati, indipendente da ciò che si è stati o si sarà. Che si tratti della paura dell’abbandono di Tao, la ricerca identitaria di Elle e Isaac, la difficoltà comunicativa di Tara o la battaglia familiare di Darcy. Il traguardo è ancora lontano, e di tempo ce ne vuole molto, ma Heartstopper ha dimostrato di volerci accompagnare, con garbo ed empatia, sul più dolce dei cammini.

Il suo spazio è arcobaleno, i suoi toni sono edulcorati e la sua voce è un sentimentalismo dalle vibrazioni quasi esclusivamente positive: Heartstopper è ancora, dopo la seconda stagione, il meritato comfort show di una comunità troppo a lungo marginalizzata in una rappresentatività parziale e limitata.

Ed è, per chiunque lo voglia accogliere, il luogo in cui riafferrare la propria innocenza, quel tipo di spontaneità emozionale soffocata da un’idea di adultità che richiede stratificazione e soppressione di ciò che è comunemente destinato alla sfera del convenzionale infantilismo. Nell’estate della liberazione dei sentimenti impolverati dentro cassetti di svilente oppressione, Greta Gerwig e Alice Oseman ci hanno sfidato alla riappropriazione dei nostri stessi stereotipi, elargendo le più rosa e zuccherose alternative. A ciascuno la sua scelta.


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Laureata in Cinema e Comunicazione. Perennemente sedotta dalla necessità di espressione, comprensione e divulgazione di ogni forma comunicativa. Della realtà mi piace conoscere la mente, il modo in cui osserva e racconta le sue relazioni umane. Del cinema mi piace l’ascolto della sua sincerità, riflesso enfatico di tutte le menti che lo creano. Di entrambi coltivo l’empatia, la lente con cui vivere e crescere nelle sensibilità ed esperienze degli altri

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