La proiezione di Heaven: To the Land of Happiness presso il cinema La Compagnia di Firenze ha dato ufficialmente inizio alla ventesima edizione del Florence Korea Film Fest, e l’ha fatto raccontando di morte con il sorriso. Analizziamo più da vicino la pellicola presentata al pubblico dallo stesso regista, Im Sang-soo, ospite d’onore della cerimonia di apertura.
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La trama di Heaven: To the Land of Happiness
Il Detenuto 203 (interpretato dalla star di Oldboy e I Saw the Devil, Choi Min-sik) è a pochi mesi dall’uscita di prigione, quando scopre di essere gravemente malato e di avere a disposizione appena due settimane di vita; nel frattempo Nam-sik (Park Hae-il, noto per Memories of Murder di Bong Joon-ho) viene sorpreso a rubare da un ospedale delle medicine, necessarie a curare la malattia che lo affligge da tempo ma troppo costose.
Incontratisi per puro caso durante un tentativo di fuga, i due uomini si ritrovano a condividere un viaggio alla ricerca della libertà e di una ragione per cui valga la pena vivere, fronteggiando non poche difficoltà lungo la strada.
Tra dramma e grottesco
Proiettato al Festival di Cannes 2020, Heaven: To the Land of Happiness si presenta al pubblico come uno dei film drammatici destinati a far versare al pubblico lacrime amare. Eppure, la pellicola di Im Sang-soo capovolge in poco tempo le aspettative degli spettatori, alternando momenti di riflessione profonda a gag tanto comiche da provocare sonore risate; il tutto, fortunatamente, in modo mai forzato, permettendo al film di rimanere sempre credibile.
Heaven: To the Land of Happiness trova l’equilibrio tra aspetti grotteschi e puro dramma. Se, da un lato, situazioni paradossali e comiche contribuiscono a smorzare i toni quando le lacrime stanno per fare capolino, dall’altro le performance di Choi Min-sik e Park Hae-il permettono di non perdere di vista il messaggio del film, portando in scena il giusto pathos tra una risata e l’altra.
Pur facendo spesso ricorso a espedienti narrativi già noti (quasi stile Una notte da Leoni), Heaven: To the Land of Happiness resta un prodotto degno di visione, grazie alla capacità di Im Sang-soo di descrivere in modo semplice e conciso alcuni degli aspetti più basilari della vita umana. Primo fra tutti, la capacità della sventura, più che dei bei momenti, di permettere a rapporti alquanto improbabili di nascere, svilupparsi, e arricchirsi man mano.
Un inizio in grande stile
Nel complesso, Heaven: To the Land of Happiness è un film capace di fondere una comicità non pervasiva e toni drammatici pacati; una pellicola, come anticipato dallo stesso regista durante la cerimonia di apertura del Korea Film Fest, capace di trattare la morte con toni leggeri.
E considerando il periodo storico che stiamo vivendo, quello che occorre potrebbe essere proprio un tocco di leggerezza, intesa non come superficialità e pressappochismo, ma come capacità di accettare la vita con il sorriso nonostante le cattive sorprese che ci riserva.
Raccontando una storia semplice dai risvolti malinconici, la pellicola di Im Sang-soo si rende manifesto del tanto amato concetto di carpe diem, fornendone una versione diversa da quelle che già conosciamo e amiamo. Ciò che rende speciale Heaven: To the Land of Happiness è il messaggio secondo cui il diem di cui sempre si parla non debba essere per forza un’esperienza concreta; per qualcuno, l’elemento da cogliere è semplicemente un’emozione, essenza stessa, dopotutto, dell’umanità.
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