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Il bambino nascosto

Il bambino nascosto, un’imperfetta e silenziosa avventura

9 minuti di lettura

E dopo aver dato vita a dei personaggi su carta, Roberto Andò decide di volere di più, di volere dei corpi e degli oggetti. Il bambino nascosto, in sala dal 3 Novembre, scomoda il grande Silvio Orlando e lo trasforma in un vecchio solitario e “nu’ poco acido” come viene apostrofato, nel corso del film, dal giovane Ciro (Giuseppe Pirozzi).

Fuori Concorso” al Festival di Venezia, Il bambino nascosto si dipana lungo le strade di una Napoli popolare e silenziosa, dentro un appartamento antico e nei silenzi che contraddistinguono la quotidianità di Gabriele Santoro, il “maestro” (Silvio Orlando).

“L’aspetto più interessante per me è il mistero del rapporto che nasce e il progressivo rivelarsi, a partire dall’ostilità inziale, di un sentimento di un qualche cosa di irresistibile”

Roberto Andò

Il rapporto nascosto nell’appartamento

Il bambino nascosto

Un incontro. Si basa tutto su questo.

Gabriele Santoro (Silvio Orlando) è un insegnante di pianoforte al conservatorio di Napoli. Uomo celibe, omosessuale e solitario. Di poche parole e schivo verso l’affettività. Ciro (Giuseppe Pirozzi) è invece un ragazzino che, dopo aver scippato la moglie di un boss mafioso, cerca un rifugio sicuro dove nascondersi. Quasi per caso un giorno, scendendo le scale di casa sua, trova la porta di Gabriele aperta, si intrufola e finisce per rimanere in quella casa scevra di ogni fascino fanciullesco. Gabriele capisce la situazione e lo tiene con sé, preoccupandosi col tempo sempre di più. Tra i due inizia a nascere un’intesa e Gabriele alla fine prenderà una decisione inaspettata.

E’ la storia di un legame e della nascita di un sentimento. Nella vita di Gabriele entra l’opportunità di riversare l’amore che da troppi anni aveva tenuto nascosto. Ma anche l’opportunità per far entrare dalla porta di casa la realtà violenta e scomoda di una Napoli che non aveva mai guardato dritto negli occhi. Ciro, invece, grazie alla casualità dell’incontro, ha l’occasione per conoscere un’altra via rispetto a quella che la vita malavitosa sembrava avergli imposto.

Ma tolta la mafia e la criminalità il film racconta di un rapporto, della strada tortuosa e affasciante che porta due persone a conoscersi. Le scene più dirompenti sono infatti quelle in cui i due, in segreto e dietro le tende, giocano e imparano ad apprezzarsi l’un l’altro. In una centrifuga di avvenimenti che prima aveva visto i due come condomini invisibili e sconosciuti, succede che verso la fine del film il rapporto costruitosi casualmente permette loro di assomigliare, superficialmente, a quello che per molti sarebbero un padre ed un figlio.

Il bambino e il silenzio

il bambino nascosto

C’è molto silenzio ne Il bambino nascosto.

Il silenzio è essenziale quando cerchi di nasconderti da persone che voglio ucciderti. Il silenzio arreda l’appartamento di Gabriele e tutta la sua vita, interrotta solo da sporadiche note suonate al pianoforte e da brevi poesie recitate a memoria. Deve stare in silenzio Ciro quando entrano nell’appartamento gli ospiti del “maestro” e in silenzio stanno anche loro due quando piano piano iniziano ad avvicinarsi emotivamente.

Anche lo stesso film sta molto in silenzio. Per la quasi totalità del racconto tutte le musiche sono diegetiche, come se Andò non volesse farsi scoprire mentre spia di nascosto i due personaggi. E attraverso queste musiche, Gabriele e Ciro, sembrano comunicare più di quanto non facciamo davvero. Perché in fondo non sono molto diversi, entrambi faticano a tirar fuori delle cose che sono intrappolate all’interno ed entrambi trovano modi alternativi alla parola per farlo.

“N’tengo paura ‘e nisciune!” è questo che canta Ciro e che alla fine riesce a cantare anche Gabriele.

Un silenzio che si assapora anche dalla fotografia del film: sempre sulla strada dei colori freddi e quasi sempre accompagnata da movimenti di macchina lenti e cullanti. L’illuminazione non invade mai la scena e il color grading smuove tutto verso l’azzurro/verde.

Ciò che non sta in silenzio in parte è il casting. A partire dai ruoli secondari non sempre affidati bene (il fratello di Gabriele, interpretato da Gianfelice Imparato per esempio), ma anche stupidamente dalla scelta delle comparse (è statisticamente impossibile che i mezzi pubblici di Napoli siano affollati di persone che, per come vestono, sembrano uscite da Beautiful). Forse anche lo stesso Silvio Orlando può essere stata una scelta sbagliata per la buona riuscita del film.

La grammatica dell’umano ne Il Bambino Nascosto

“La grammatica dell’umano” è quel termine che si utilizza in scrittura per riferirsi al fatto che le azioni umane hanno delle regole. Per una buona sospensione dell’incredulità uno script deve rispettare queste regole: un personaggio sereno e solare non può dal niente in due scene trasformarsi in un serial killer. In parte è questa particolare caratteristica che ha reso grandi delle serie come Better Call Saul o Gomorra.

La storia del Bambino Nascosto funziona, è intrigante e ben raccontata. Si intuiscono i toni malinconici di riferimento e gli “accordi” del film (quelli del Il ladro di bambini di Gianni Amelio, o del Il tempo si è fermato di Olmi per intenderci). Il problema è che la narrazione visiva scricchiola qui e là. Ci sono passaggi emotivi troppo veloci, battute tautologiche, elissi azzardate e altre piccole imperfezioni che lasciano un po’ stizziti.

Il romanzo ha certo funzionato più del film e portava una buona base al racconto cinematografico, ma l’adattamento è un po’ più insicuro e Andò sembra perdersi in più di un momento. Un esempio è la sequenza girata in finti piani sequenza a “carrellate quadrate” che stonano rispetto allo stile del resto del film. Ma anche la scena in cui Gabriele (Silvio Orlando) gioca con Ciro ad imitare Totò non funziona, c’è troppa disinvoltura nella performance di Orlando. Appena prima era un vecchio e malinconico anziano introverso e poi BOOM diventa l’Orlando comico che conosciamo.

Sembra quindi che Andò abbia perso la bussola delle “intenzioni attoriali” o che Orlando non fosse la scelta appropriata per un ruolo che doveva essere sicuramente meno frizzante. D’altro canto come si fa ad immaginare che Gabriele/Orlando non abbia mai salutato i propri condomini quando l’immaginario orlandiano è piano di estroversioni al limite del grottesco e, estremamente, logorroico.

Anche se è difficile individuare un colpevole preciso la narrazione sembra farsi carico di sottili imprecisioni che, accumulandosi, non fanno sollevare il film lì dove avrebbe potuto essere dalla carta. Nonostante ciò rimane un racconto fruibile con semplicità e leggerezza, molto affasciante ma anche un esempio di casting sbagliato di una virgola o di una sgualcita direzione attoriale.


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