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Festival del Cinema Ritrovato
Credit: Festival del Cinema Ritrovato

Il Cinema Ritrovato: Cose (mai) Viste 2

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11 minuti di lettura

Dopo questa settimana di Cinema Ritrovato spesa assieme (i nostri articoli sono tutti qui, ndr), pare doveroso lasciarci con una selezione di film che rappresentino il vero spirito del festival: tutte quelle pellicole date per perse che sono state salvate e riproposte sul grande schermo per la prima volta dalla loro originale data d’uscita. Si tratta di film di rarità unica e quindi assolutamente degni di suscitare l’interesse di chiunque provi un profondo amore per il cinema.

Proiezione di Tropici al Festival del Cinema Ritrovato

Credit: Festival del Cinema Ritrovato (proiezione di Tropici al Cinema Lumière il 26 giugno, Ph. Margherita Caprilli and Lorenzo Burlando)

Per cui, come è successo l’anno scorso, diamo una selezione di film veramente sconosciuti, riportati alla luce dal lavoro degli organizzatori de Il Cinema Ritrovato e degni del programma di Enrico Ghezzi Fuori Orario: Cose (mai) Viste.

Bona (Lino Brocka, 1980)

Frame di Bona al Festival del Cinema Ritrovato

Credit: Festival de Cannes

Prima proposta degna di nota del Cinema Ritrovato è il caso del regista Lino Brocka, il punto di riferimento dell’intera cinematografia nazionale filippina: i suoi film, popolari e politici al contempo, hanno influenzato nello spirito anche i successivi lavori di Lav Diaz, l’autore filippino ad aver ottenuto il maggior riconoscimento internazionale negli ultimi anni.

Se il capolavoro di Brocka Manila negli Artigli della Luce (1975) era stato ispirato dai nostrani Accattone (1961) e Mamma Roma (1962) di Pasolini, Bona nasce da Adele H. – Una Storia d’Amore (1975) di Truffaut, ma con le dovute differenze. Il film presentato al Cinema Ritrovato narra appunto di Bona, giovane donna che cerca la sua indipendenza in un mondo che non sembra essere fatto per lei: dopo essersi innamorata di un losco figuro ed aver speso una notte con lui, viene cacciata di casa dal padre e pur di non tornare indietro accetta di servire il compagno come una schiava.

Oltre all’evidente commento di Brocka sulla condizione femminile nella patriarcale società filippina, vi è anche una ulteriore interpretazione possibile a questa storia di agognata libertà e continue vessazioni: il film fu girato infatti durante la dittatura militare di Ferdinand Marcos, che dichiarò la legge marziale nel 1972 e la revocò solo nel 1981.

Non è casuale che Bona inizi con l’immagine di un’enorme folla scalpitante che sembra essersi riunita per protestare o scioperare, poi invece l’inquadratura si allarga e rivela che si tratta solo del congestionato traffico cittadino di Manila; la condizione di oppressione a cui è sottoposta la protagonista riflette appieno quella a cui il comune filippino andava incontro dopo aver manifestato il proprio dissenso nell’ordine voluto da Marcos.

Tropici (Gianni Amico, 1968)

Tropici al Festival del Cinema Ritrovato

Credit: Festival de Il Cinema Ritrovato

Diretto da Gianni Amico, critico, operatore culturale e stretto collaboratore di Enrico Ghezzi, Tropici rimarca l’interesse che il suo autore aveva più e più volte dimostrato per l’America Latina: come spiegato durante la presentazione al Cinema Ritrovato, il film è infatti completamente prodotto dall’Italia – per essere precisi, è il primo film della storia ad essere interamente finanziato dalla RAI – ma interamente girato in Brasile.

Ispirato dalla filosofia Rosselliniana del “film didattico” e allo stile ruvido di Glauber Rocha, Tropici salta dal documentario alla finzione in un continuo gioco di commenti metanarrativi: da una parte la voce in italiano del regista racconta aneddoti ed offre dati sul Brasile come accompagnamento di immagini riprese nelle grosse città, dall’altra seguiamo il travagliato viaggio di una famiglia di contadini dal Nord Est del paese fino a San Paolo, in quelli che sono due viaggi paralleli; il primo è quello del documentario, dedito a mostrare il Brasile “da cartolina” benestante ed occidentalizzato, mentre il secondo vuole mettere in luce la condizione sociale della stragrande maggioranza del paese.

Solo sul finale le due narrazioni sembrano incontrarsi, quando il padre della famiglia di contadini si mette a leggere notizie da un giornale rivolgendosi alla camera: il suo viaggio di povertà è finito, si avvicina sempre di più alla promessa ricchezza di San Paolo e le ultimissime inquadrature sono inondate di giganteschi cartelli pubblicitari, di propaganda americana e simboli di ditte straniere venute in Brasile per sfruttare i bassi costi della manodopera. Una delle visioni più interessanti di quest’anno del Cinema Ritrovato.

Stars in Broad Daylight (Ossama Mohammad, 1988)

Frame di Stars in Broad Daylight mostrato al Festival del Cinema Ritrovato

Il regista siriano Ossama Mohammad, fisicamente presente al Cinema Ritrovato, debuttò con un gran esempio di satira contro il regime di Assad, che controlla la Siria dalla fine della Seconda Guerra Mondiale: Stars in Broad Daylight è una commedia nera, genuinamente divertente e dal sapore quasi farsesco; il primo paragone che viene alla mente è quello col cinema di Emir Kusturica.

Una famiglia organizza il matrimonio fra due lontani cugini semplicemente per imporre la propria volontà su una delle donne ancora indipendenti della casa: proprio come Lino Brocka e come molti altri film di questa edizione di Cinema Ritrovato, anche Mohammad utilizza la metafora della sottomissione femminile in una società patriarcale per parlare della condizione politica più generale del paese. Proprio come il serbo Kusturica, il regista riesce ad operare vertiginosi cambi d’umore attraverso poche inquadrature, passando dalla commedia più sfrenata alla tragedia più catastrofica in qualche istante.

Maya Miriga/The Mirage (Nirad N. Mohapatra, 1984)

Frame di Maya Miriga mostrato al Festival del Cinema Ritrovato

È stato proposto al Festival del Cinema Ritrovato un film indiano, per essere più precisi dello stato di Orissa, divenuto cult per il suo approccio malinconico alla vita di tutti i giorni: la vicenda è quella di una numerosa famiglia nella quale i genitori fanno di tutto per poter garantire una soddisfacente istruzione a tutti i loro figli, a costo di vedere la casa lentamente svuotarsi.

Reminiscente dei film di Yasujiro Ozu, al centro di tutto stanno le atmosfere dilatate, i silenzi e la solennità con cui viene affrontata una storia all’apparenza così ordinaria. Vi è una grande cura estetica sia per le location che per il framing di ogni inquadratura, il tutto rafforzato da un’ottima fotografia capace di giocare con la tiepida luce del tramonto che sembra perennemente attanagliare tutto il film.

Per quanto il Cinema Ritrovato sia anche fatto di film spesso difficili da digerire e particolarmente lenti, Maya Miriga è riuscito a non stuccare mai: la sua flemma è dovuta alla deliberata scelta del regista di rendere ogni momento familiare significativo e carico del pathos che spesso non ci accorgiamo di vivere ogni giorno nel scegliere come investire il nostro tempo, le nostre risorse ed il nostro affetto.

Phase IV – Distruzione Terra (Saul Bass, 1974)

Frame di Phase IV Distruzione Terra al Festival del Cinema Ritrovato

Unico film fantascientifico recuperato al Cinema Ritrovato, Phase IV è diretto da Saul Bass, celeberrimo grafico che curò alcuni dei poster e dei titoli di testa più iconici della storia del cinema (L’Uomo dal Braccio d’Oro di Preminger, La Donna che visse due volte di Hitchcock… ). Il film segue due scienziati alle prese con una colonia di formiche ultra-intelligenti ed ultra-aggressive: come buona parte degli sci-fi dell’epoca, le atmosfere sono più inquietanti ed esoteriche che weird, come invece erano negli anni 50 e 60.

Per Saul Bass, l’ispirazione più evidente è direttamente 2001: Odissea nello Spazio (1968): certo è impossibile raggiungere i livelli formali del capolavoro di Kubrick, ma molti elementi ritornano qui incarnati da formiche killer. E se l’idea di base può sembrarvi ridicola, non temete: Bass riesce a giostrare montaggio, colori e colonna sonora della vicenda con efficacia, creando una vera e propria atmosfera di tensione.

L’elemento forse più rilevante è però il chiaro messaggio ecologista del film: i diversi approcci dei due scienziati alla situazione incarnano i due modi in cui l’uomo può rapportarsi con la natura; da un lato c’è il desiderio di convivenza e dialogo, dall’altro quello di distruzione e riaffermazione della superiorità umana su qualsiasi altra forma di vita.

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Appassionato e studioso di cinema fin dalla tenera età, combatto ogni giorno cercando di fare divulgazione cinematografica scrivendo, postando e parlando di film ad ogni occasione. Andare al cinema è un'esperienza religiosa: non solo perché credere che suoni e colori in rapida successione possano cambiare il mondo è un atto di pura fede, ma anche perché di fronte ai film siamo tutti uguali. Nel buio di una stanza di proiezione siamo solo silhouette che ridono e piangono all'unisono. E credo che questo sia bellissimo.

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