Si potrebbe riassumere così: cent’anni di unicità. Tanto il tempo trascorso, un secolo ormai, dall’anteprima a Berlino del 26 febbraio 1920, di un film muto che risulta irripetibile, Il gabinetto del dottor Caligari di Robert Wiene.
Tante sono le concause che ne determinano la singolarità: l’inscrizione nel neonato Movimento Espressionista tedesco, anti borghese e anti materialistico; la colonna sonora di un certo Arnold Schönberg (la famosa Verklärte Nacht); la scenografia di Hermann Warm, che permette di rendere l’ambientazione realmente espressiva, anche grazie all’imitazione dei quadri di Ernst Ludwig Kirchner, il famoso pittore tedesco. Scelte registiche coraggiose e paradigmatiche per i registi futuri.
«Il gabinetto del dottor Caligari», la trama
Uno dei protagonisti principali, Francis (Friedrich Fehér), si trova in un giardino con uno strano interlocutore più anziano. Inizia così un racconto in flashback che risale fino al 1830, quando nel paese di Holstenwall giunge un vecchio signore poco affidabile, il Dottor Caligari (Werner Krauss). Arrivato alla fiera del paese, Caligari presenta il suo sonnambulo, Cesare (Conrad Veidt), che tiene sotto ipnosi in una cassa da morto. Il dottor Caligari afferma poi che il sonnambulo, quando è sveglio, sia in grado di prevedere il futuro. Al contempo, dall’arrivo del dottore nel paese, iniziano delle morti sospette…
Una parabola gotica
Per la propria natura anti borghese e anti materialista, il film incentra la propria evoluzione su tematiche care alle correnti irrazionaliste, psicoanalitiche e anti positiviste di fine Ottocento e di primo Novecento, prima tra tutte l’ipnosi. Il sonnambulo Cesare, con capacità previsionali e una vita vissuta nel limbo tra sonno e veglia, diventa memorabile e personaggio ai limiti razionali della società.
Allo stesso tempo, il Dottor Caligari è stato il primo e autentico mostro cattivo nella storia del cinema: sfruttando un look inconfondibile con cappello a cilindro, bacchetta, occhiali, guanti, si realizza la concretizzazione dell’indole del personaggio, interpretato da un grande Werner Krauss, magistrale nel trasmettere allo spettatore il suo sguardo diabolico e malato.
L’importanza del sonno e dell’impossibilità di discernere la realtà dal sogno emergerà con una forza spaventosa nel labirintico finale del film. Fine che scaraventa, per la prima volta nella storia del cinema, lo spettatore nel suo abisso emozionale.
I segreti del film
L’avanguardia di inizio Novecento è stato un fenomeno culturale sorto in una congerie storica irripetibile, e come tale ogni prodotto artistico ne ha risentito e ne è stato influenzato. Da questo deriva l’unicità di quest’opera.
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La scenografia è realizzata in studio con fondali espressionistici, dipinti in assenza di prospettiva, compiuta non da semplici scenografi, ma da pittori come Herman Warm, Walter Reimann e Walter Rorhig. Per distanziarsi dal’approccio semplice e naturalistico, questi artisti operano una stilizzazione anti naturalistica ed anti geometrica, mediante l’uso di tracciati diagonali o distorti.
Una città medievale con un’architettura non euclidea: vicoli tortuosi e oscuri, budelli stretti tra case sgretolate. Porte filiformi con ombre strane e finestre oblique dalle cavità deformate e deformanti, che pare logorino i muri.
Per concludere, non si può non ascoltare per intero la colonna sonora di quest’opera, capace di veicolare un senso di atavica angoscia.
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