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Il Mostro della Laguna Nera

I 70 anni de Il Mostro della Laguna Nera

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8 minuti di lettura

Cade a febbraio 2024 il settantesimo anniversario dell’uscita de Il Mostro della Laguna Nera (Creature from the Black Lagoon), film per la regia di Jack Arnold, nonché ultimo tassello di quel progetto horror-fantascientifico inaugurato dalla Universal negli anni Venti. Tra riprese subacquee e sottotesti erotici malcelati, Il Mostro della Laguna Nera ha saputo guadagnarsi un posto tra le pellicole più rilevanti del suo genere, sebbene alcuni suoi elementi potrebbero non soddisfare le aspettative dello spettatore moderno.

Il Mostro della Laguna Nera, terrore in Amazzonia

Il Mostro della Laguna Nera

Il paleontologo Carl Maia (Antonio Moreno) scopre i resti di un animale preistorico ancora sconosciuto e avvia una spedizione lungo il Rio delle Amazzoni con la speranza di classificare una nuova specie. Nel viaggio a bordo di una barca è affiancato da David (Richard Carlson) e Kay (Julie Adams), una coppia di biologi marini in procinto di sposarsi. Dopo aver percorso diversi chilometri senza risultati, si addentrano nella Laguna Nera, così chiamata dagli abitanti del posto perché lugubre e pericolosa.

All’insaputa degli scienziati, dai fondali fangosi inizia a emergere una creatura misteriosa, un ibrido tra un essere umano e un anfibio (in inglese, Gill-Man, ossia “Uomo-Branchia”). La sua zampa palmata dai lunghi artigli è la stessa trovata da Carl all’inizio del film, dettaglio che conferma che gli esploratori sono sulla giusta strada. Tuttavia, l’animale si fa minaccioso e uccide alcuni membri dell’equipaggio.

Il panico dilaga quando, nel tentativo di scappare, la barca si trova bloccata l’uscita da dei tronchi posti da Gill-Man stesso, il quale sembra intenzionato a rapire Kay. Gli esploratori comprendono che catturare la creatura è troppo rischioso, perciò si risolvono a ucciderla. L’ultima inquadratura vede Gill-Man fuggire, inabissandosi nelle torve acque della laguna.

Genesi de Il Mostro della Laguna Nera

Il Mostro della Laguna Nera

Come per molti film prima di esso, Il Mostro della Laguna Nera deve la sua esistenza a quella pellicola fondante che fu Quarto potere. Nel 1941, il produttore William Alland, durante una proiezione del capolavoro di Orson Welles, ascoltò il racconto di una leggenda secondo cui il Rio delle Amazzoni nascondeva creature a metà tra uomini e pesci.

Da questo suggestivo racconto nacque una sceneggiatura embrionale dal titolo The Sea Monster, che prendeva spunto anche da La bella e la bestia. Il prodotto finale diventò una semplice storia di caccia al mostro, che tuttavia trovava il suo punto di forza nell’esplorazione di una delle paure primordiali dell’uomo, ossia quella dell’ignoto. Come disse più tardi il regista, Jack Arnold: «Conosciamo tutti, nuotando, la sensazione di sentirci sfiorare il piede da qualcosa di non identificato ‒ fa veramente paura».

Il Mostro della Laguna Nera, genere e tematiche

Mostro della Laguna Nera con Kay (Julie Adams)

Il Mostro della Laguna Nera rientra visibilmente nel genere dello sci-fi a tinte horror, punto di partenza per il ciclo dei “Mostri della Universal”. Tuttavia, l’ambientazione nella giungla amazzonica, con i suoi fiumi paludosi, alberi rigogliosi e strida di scimmie, è diversa dal quadro classico dell’horror europeo. Al gotico si sostituisce l’esotico, al soprannaturale subentra lo scientifico: Gill-Man è, a tutti gli effetti, un animale del nostro mondo, una specie preistorica sconosciuta che desta la curiosità di paleontologi e biologi.

Proprio in virtù della sua natura terrena, alcuni critici intravedono ne Il Mostro della Laguna Nera una tematica ambientalista, di cui Gill-Man sarebbe il paladino. Abitante di un ecosistema incontaminato minacciato dall’arrivo dell’uomo – che non solo disturba i suoi abitanti, ma inquina le sue acque con sigarette e polvere narcotica – il mostro diventa il suo difensore ideale, arrivando persino a uccidere gli invasori.

Altri critici ancora sottolineano, invece, la venatura erotica del film. Kay, unica donna tra i personaggi, assolve la funzione di oggetto del desiderio – abbondano le inquadrature che ne esaltano il corpo, culminando nella celebre scena in cui nuota in costume nelle acque della laguna. Gill-Man, che tenta più volte di rapirla, appare in netta contrapposizione con David, il fidanzato di lei: mentre il mostro è rappresentato come il maschio dominante, forte e aggressivo, l’uomo appare minuto e impotente. Il rapimento di Kay, dunque, simboleggia una volontà di possesso e allo stesso tempo di sessualizzazione.

Problemi di ritmo e caratterizzazione

Kay ne "Il Mostro della Laguna Nera"

Il difetto più evidente de Il Mostro della Laguna Nera non è tanto la sua durata minima di 79 minuti, quanto la precipitazione della sua sequenza finale. La fuga riuscita dei protagonisti, insieme alla sconfitta della creatura – che affonda priva di sensi nelle acque paludose – si svolge in un battibaleno, togliendo allo spettatore il tempo di sorprendersi ed emozionarsi come in qualsiasi finale ad effetto. Soltanto quindici minuti in più e si sarebbe ottenuta una chiusura calibrata, molto più soddisfacente.  

Oltre al problema del ritmo, vi è anche quello dei personaggi, piatti e privi di qualsiasi fascino. Tuttavia, probabilmente non era tra le preoccupazioni di Arnold rendere i protagonisti umani avvincenti, giacché l’interesse dello spettatore doveva sin dall’inizio dirigersi verso la creatura anfibia.

Infine, una menzione di disonore va anche alla colonna sonora: ripetitiva e molesta, dà l’impressione di ascoltare delle sirene esplodere nelle orecchie per un’ora di fila.

Una storia ampliata e rivisitata

Il film ebbe due sequel: La vendetta del mostro nel 1955 e Il terrore sul mondo nel 1956. Nonostante l’arco narrativo fecondo, Gill-Man fu l’ultimo mostro della Universal ad apparire sullo schermo – fino al revival inaugurato da La mummia, nel 1999.
Il 2017 vide invece l’uscita de La forma dell’acqua, fantasy romantico di Guillermo del Toro che riprendeva la trama de Il Mostro della Laguna Nera, ma capovolgendola: il mostro diventava così una creatura docile e curiosa, partner della protagonista, in una storia di amore e accettazione dai contorni fiabeschi.


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Classe 1998, ho studiato Lingue e Letterature Straniere all’Università Statale di Milano. Ammaliata da quella tragicità che solo la letteratura russa sa toccare, ho dato il mio cuore a Dostoevskij e a Majakovskij. Viale del tramonto, La finestra sul cortile e Ritorno al futuro sono tra i miei film preferiti, ma ho anche un debole per l’animazione. A volte mi rattristo perché so che non mi basterebbero cento vite per imparare tutto ciò che vorrei.

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