Liliana Cavani è una regista italiana che vanta una fama internazionale; autrice di opere caratterizzate da uno spiccato interesse sociale e politico, inizia la sua carriera realizzando prodotti cinematografici e documentari per la RAI. È in questo contesto che nel 1963-64 concepisce un documentario dedicato alla Storia del Terzo Reich che è per lei occasione di esaminare lo sterminato patrimonio visuale della seconda guerra mondiale e di avvicinarsi alle esperienze e al vissuto di donne che hanno preso parte alla guerra, materiale che le sarà utile per un altro lavoro documentaristico: La donna nella Resistenza del 1965. Entrambi questi documentari si riveleranno retroterra fondamentale per la scrittura e la realizzazione de Il portiere di notte che nel 1974 portò Cavani alla ribalta internazionale.
Il Portiere di Notte: trama e tematiche
La storia di Il Portiere di Notte è ambientata nel 1957 in una Vienna sontuosa ma decadente, rappresentata da Cavani accentuando la sua carica estetica evocativa e configurandola come un grande palcoscenico allestito ad opera d’arte da alcuni ex criminali di guerra nazisti per mascherare la loro vera identità e occultare le tracce del loro passato.
Sede principale delle vicende è l’Hotel der Oper dove gli ex nazisti allestiscono finti processi psicologici per assolvere (soprattutto le coscienze) degli imputati, e dove lavora Maximilian (Dirk Bogarde), ex ufficiale di guerra ora portiere di notte che ha deciso di nascondersi dalla luce del sole e confondersi nelle ombre notturne.
In questo contesto menzognero arriva Lucia (Charlotte Rampling), compagna di un direttore d’orchestra che scopriamo essere una deportata sopravvissuta al campo di concentramento in cui operava Max. Cavani intervalla le vicende del presente a flashback ambientati nel campo di concentramento per informare lo spettatore del passato condiviso di Max e Lucia e del rapporto complice e perverso che i due avevano instaurato in cui l’uomo operava continui abusi mentali e sessuali sulla donna che però accettava le vessazioni e ne provava piacere.
L’assenza di sofferenza e la caratterizzazione non problematizzata di questo rapporto è l’aspetto più controverso di Il Portiere di Notte, ma è anche centrale nella riflessione qui operata da Cavani soprattutto per l’evoluzione di questo rapporto nel presente. I due protagonisti, infatti, decidono di rinnegare la loro vita attuale, sicura e agiata, e ricominciare la relazione con le stesse dinamiche sadomasochistiche che avevano instaurato in passato.
Minacciati però dagli ex colleghi nazisti di Max, timorosi che Lucia possa denunciare la verità che stanno tentando strenuamente di cancellare, i due saranno costretti a trincerarsi nell’appartamento di lui che assumerà sempre più le sembianze del campo di concentramento in cui si erano conosciuti, con gli altri ex ufficiali nazisti che recuperano anch’essi il loro ruolo passato di aguzzini.
Il Portiere di Notte è un dramma dai toni perversi, che non può che chiudersi in modo tragico con la morte dei due protagonisti-amanti.
Il Portiere di Notte offre un’ampia riflessione sul concetto di male visto come condizione inevitabile, naturalmente generata dagli orrori della guerra e dall’operato di nazismo e fascismo, uno stato generale in cui tutti, nessuno escluso, si trovano a vivere e interagire con gli altri. Su questo sfondo si innesta l’indagine del potere, strettamente legato al male e alla possibilità di operarlo.
Sadomasochismo e potere
Siamo tutti vittime o assassini e accettiamo questi ruoli volontariamente. Solo Sade e Dostoevskij l’hanno compreso bene.
Il rapporto sadomasochistico portato in scena dai due protagonisti è la tematica al centro della riflessione del film ed è l’aspetto che crea maggior scandalo. Sicuramente la rappresentazione di una relazione di quel tipo appare indecente, inammissibile per l’epoca, ma Il portiere di notte non fu di certo l’unica opera cinematografica con al centro tematiche erotiche compromettenti, basti pensare a Ultimo tango a Parigi di Bernardo Bertolucci del 1972 o Salò o le 120 giornate di Sodoma di Pier Paolo Pasolini del 1975.
Sono film che rispondono a esigenze narrative e riflessioni autoriali di diverso stampo, ma che presentano tutte una libertà di espressione perfettamente inquadrabile nei ferventi anni 70 italiani che viene però percepita come una trasgressione dei costumi dell’epoca, infatti le tre opere subiranno atti di censura e persecuzioni giudiziarie.
Ancora oggi Il Portiere di Notte appare scandaloso e immorale soprattutto per la volontà attiva e consenziente mostrata da Lucia. La donna-vittima nella narrazione media deve essere sempre rappresentata come innocente, ingenua, pura, al contrario, l’idea che lei stessa decida e induca l’uomo a compiere delle azioni, l’idea che provi piacere a subire gli abusi fa di lei una colpevole, immorale, perversa.
La più comune rappresentazione di un rapporto sadomasochistico vede coinvolti sempre un dominatore e una vittima dai ruoli ben definiti il cui invertimento non è contemplato. Cavani scardina queste regole: Lucia non è una figura passiva, non subisce inerme il volere, le decisioni, le azioni di Max, sarà lei stessa a prospettarsi all’uomo, a scegliere deliberatamente di non scappare dal suo aguzzino, ma di ricoprire ancora una volta il ruolo di vittima.
Anche Max si allontana dalla rigida definizione del suo ruolo e si scopre più di una volta lui stesso succube, oppresso, perseguitato. In prima istanza all’interno della relazione con Lucia, è spesso lei a condurre il gioco e a ricoprire il ruolo di dominatrice anche durante l’atto sessuale, e in secondo luogo anche nel rapporto con gli altri ex nazisti che, tornando a impersonare i ruoli di guardie, controllano la coppia nella loro prigione-bunker minacciandola di morte.
Attraverso la metafora del rapporto schiavo-padrone all’interno di una relazione sessuale-amorosa Cavani porta avanti una riflessione sul potere: la dinamica sadomasochista instaurata tra Max e Lucia è una forma di dipendenza che li attrae in maniera violenta e irrazionale, i due sono convinti che sia amore, ma è in realtà la possibilità di esercitare un potere illimitato sull’altro ad alimentare questo rapporto.
Lucia non è mai stata solo vittima, come Max non è mai stato solo dominatore, lo scambio di ruoli getta un’ombra di confusione sulla concezione di bene e male, definizioni mai così sfumate e incerte. In realtà sembra che il bene sia assente dal mondo del dopoguerra immaginato da Cavani, il male influenza di sé ogni aspetto della vita, ogni rapporto, ogni essere umano, che lo eserciterà ogni volta che sia in possesso del potere necessario per poterlo fare.
Nazismo e male assoluto
Bisogna innanzitutto tracciare un rapido focus del contesto sociale e culturale in cui si colloca Il Portiere di Notte configurandosi come un’opera figlia del suo tempo e in linea con le ricerche internazionali, ma al tempo stesso come un’opera controversa, provocatoria e sconcertante.
Nell’Italia degli anni 60-70 la lacerazione causata dal fascismo e dalla guerra era ancora aperta, tematiche fasciste, anti-fasciste erano ancora molto forti. Il fascismo era una piaga che ancora bruciava nelle memorie e nelle coscienze della società e in un’Italia attraversata a quel tempo da atti di terrorismo interno e guerriglia urbana l’adesione e la rivendicazione di un certo tipo di credo politico provocava paura e sospetto.
Ma su questo sfondo sociale si innesta un nuovo interesse diffuso nelle arti visive, dal cinema all’arte, verso tutta una serie di riferimenti all’immaginario nazifascista. Dalle pagine del suo saggio Fascinating fascism del 1975 contenuto nella raccolta Sotto il segno di Saturno del 1980, Susan Sontag si sofferma proprio su questo fenomeno diffuso e individua nell’interesse per l’oggettistica e l’immaginario nazifascista una forma di attrazione erotica e traccia una relazione tra nazismo e sadomasochismo.
Mai, prima del nazismo, il rapporto padrone schiavo era stato così consapevolmente trasformato in teoria estetica
Nel saggio compaiono riferimenti cinematografici coevi tra cui anche Il Portiere di Notte di Liliana Cavani, oltre a La caduta degli dei di Visconti del 1969.
La tematica del nazismo appare quindi non mera provocazione fine a se stessa, ma tematica funzionale al ragionamento più ampio affrontato dalla regista. Se è la riflessione sul potere legato al concetto di male a essere al centro degli interessi di Cavani, il nazismo appare come metafora del male assoluto universale.
L’esperienza dell’Olocausto, alienante, distruttiva, terrificante sarebbe quindi origine della perversione che caratterizza il rapporto tra i due protagonisti che si nutre esclusivamente di violenza, in una sorta di continuo perpetuarsi del male che solo apparentemente si trasforma in amore.
Quello tra i due protagonisti, sembra dire Cavani, non è amore, non è un rapporto sano, nulla del genere può nascere da un esperienza di male puro. Le ferite del nazismo non sono curabili, la psicanalisi a cui fanno ricorso i nazisti sembra non essere altro che un mezzo per nascondere questi traumi, la colpa, la perversione.
È la raffigurazione di un mondo senza speranza segnato indelebilmente da un destino tragico e l’uomo, una volta che ha assaporato il potere ed è stato capace di esercitare il male, continuerà a perpetrare queste dinamiche.
Gli uomini, tutti non solo gli ex ufficiali nazisti, allestiscono una messa in scena perfetta per poter fingere una vita in cui il passato segnato dagli avvenimenti del nazismo non abbia lasciato strascichi. Ma questo è impossibile, ogni cosa è indelebilmente condizionata da quell’esperienza e gli unici che sembrano veramente prendere coscienza che mentire non servirà a nulla sono Max e Lucia: il loro rapporto sadomasochistico mostrato apertamente appare come un grido di libertà, uno squarcio di verità nel velo della menzogna.
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pECCATO CHE SIANO POCHI A COMPRENDERE iL fILM PORTERE DI NOTTE. NON CAPISCONO CHE NEL TERZO REICH L’UNICA SALVEZZA ERA UN’AMORE ANCHE STRANO MA UN MODO PER SENTIRSI VIVI . L.CAVANI