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IL RAPPORTO PELICAN COPERTINA

Il rapporto Pelican, i trent’anni del thriller politico di Alan J. Pakula

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7 minuti di lettura

Quest’anno ricorre il trentesimo anniversario dall’uscita de Il rapporto Pelican (Alan J. Pakula, 1993). Un thriller politico con Julia Roberts e Denzel Washington che riattraversa i temi tanto cari al regista americano, con una sapiente costruzione della tensione e uno sguardo cinematografico che riesce a trovare qualche interessante soluzione stilistica.

Alan J. Pakula e il thriller politico

Il rapporto Pelican Roberts e Washington

Alan J. Pakula ha ricoperto un ruolo cruciale nella storia del cinema americano, in particolare per un certo tipo di cinema di genere che ha in qualche modo reinventato. In particolare la “trilogia della paranoia”, composta da Una squillo per l’ispettore Klute (1971), Perché è un assassinio (1974) e il capolavoro Tutti gli uomini del presidente (1976), ha segnato e influenzato il thriller politico in modo indelebile.

La filmografia di Pakula intrattiene più o meno integralmente un rapporto privilegiato con la questione del potere e del singolo. Il leitmotiv della sua filmografia è proprio una lotta impari tra l’individuo, abbandonato a una condizione d’irreparabile solitudine, e forze più grandi che agiscono costantemente nell’ombra. Il potere, dai tratti sfuggenti, quasi astratto, brulica negli angoli della metropoli, ambiente prediletto dal regista americano.

Il rapporto Pelican segue questo fil rouge tematico, aggiungendo un ulteriore tassello alla riflessione del regista.

Il rapporto Pelican e la ricerca della verità

I titoli di testa de Il rapporto Pelican si aprono sulle paludi della Louisiana: immerse nei colori del tramonto e percorse, come un indizio, da uno stormo di pellicani, restituiscono un senso di quiete, che è destinato a un’inevitabile corruzione. La dissolvenza che unisce simbolicamente, quasi continuando il movimento di macchina, questa visione idilliaca a una folla in protesta di fronte alla Corte Suprema porta proprio il segno di una corruzione in atto.

Ciò che scuote il quotidiano, come spesso accade nei film di Pakula, è la verità, che si trova in balia di due forze contrapposte. I protagonisti che tentano di portarla alla luce, grazie alle loro intuizioni e alla loro instancabile detection, e la macchina del potere che opera in senso opposto, per occultarla e insabbiarla.

Quando due giudici della corte suprema vengono assassinati, la studentessa Darby Shaw (interpretata da Julia Roberts) riesce a ricostruire in un rapporto tutta la verità: gli omicidi sono il frutto di una macchinazione che vede coinvolti la Casa Bianca, il Presidente e un magnate del petrolio. In quanto foriera di una verità nefasta, l’eroina de Il rapporto Pelican inizia la fuga per la sopravvivenza, inseguita da forze incontrastabili, con potenti mezzi a disposizione e occhi ovunque.

Il rapporto Pelican e la costruzione della tensione

IL RAPPORTO PELICAN DARBY SHAW E KHAMEL

Il lavoro di costruzione della tensione ne Il rapporto Pelican si attua attraverso un rimbalzo consapevole tra un eccesso di informazioni dello spettatore rispetto al personaggio, e al contrario, celandogli indizi e identità.

Per esempio, quando l’amante Thomas Callahan (interpretato da Sam Shepard) viene assassinato con un’ordigno esplosivo piazzato nella sua macchina, lo spettatore viene colto di sorpresa, è un omicidio fulmineo, sferzante, d’effetto. Quando però più tardi, la sistemazione della bomba nell’auto dei protagonisti avviene in campo, la costruzione della tensione passa per la sovrainformazione dello spettatore rispetto ai personaggi. I picchi di suspense si organizzano allora con grande maestria nei dettagli: una mano che inserisce la chiave, una pausa, un rumore.

Un’altra scena chiave è quella in cui il sicario Khamel (intepretato da Stanley Tucci), con le sue capacità di trasformismo, si sostituisce a un agente dell’FBI per un incontro con Darby. Lo spettatore conosce la vera identità del killer, ma la protagonista no, e ciò oltre a generare un’apprensione per le sorti della protagonista, suggerisce il carattere cangiante del potere, le sue capacità mimetiche. La ricerca di intrattenimento si dispiega sempre insieme a una ricerca di senso.

Lo stesso rapporto Pelican che dà il titolo al film, per lo spettatore, così come per per la popolazione, è tenuto nascosto. È qualcosa di cui si discute e di cui s’intuisce la rilevanza e la rete di potenti che coinvolge, ma lo spettatore per almeno metà del film non ne conosce il contenuto. Ciò consente alla storia di mantenere un certo coefficiente di ambiguità e garantisce una permanenza della suspense che ha sia il piacere estetico della tensione, sia un grado di vicinanza morale alla condizione dell’umanità di fronte alle macchinazioni del potere.

Il senso dello spazio

IL RAPPORTO PELICAN GARAGE

Come si è detto, lo stile di Pakula passa anche per un impianto figurativo che guarda al paesaggio come un elemento cruciale. Lo spazio urbano e metropolitano, inquadrato spesso con vedute ampie e con un’attenzione geometrica alle architetture, pone costantemente l’accento sulla solitudine dei personaggi, sull’indifferenza della metropoli e su un’umanità che vive la sua quotidianità all’oscuro di ciò che gli accade intorno. C’è un costante senso di distanza e alienazione, che trova un ideale pacificatorio solamente nella ricerca della verità, nella lotta e negli altri esseri umani.

Anche i luoghi chiusi e privati restituiscono un senso di alienazione. Si tratta di luoghi depersonalizzati, oscuri e minacciosi. Basti pensare alle stanze degli hotel, controllabili dall’esterno (con foto e microfoni) ed eludibili a livello di sicurezza e di riservatezza; o anche ai parcheggi sotterranei, che costituiscono un non-luogo occultato nel paesaggio urbano, che nella sua architettura ridondante e soffocante, fatta di rampe e anelli che si susseguono, è in qualche modo predisposto a celare la violenza.


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Classe 1998, nato a La Spezia. Laureato in Discipline dello Spettacolo e della Comunicazione a Pisa e attualmente studente di Cinema, Televisione e Produzione Multimediale a Bologna. Sono appassionato di cinema sin da piccolo e scrivere mi aiuta a fare chiarezza su ció che guardo (quasi sempre).

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