Dopo ben sette anni dall’ottimo The War – Il Pianeta delle Scimmie, arriva in sala Il Regno del Pianeta delle Scimmie, che segna un nuovo inizio per il franchise. Senza però più Cesare al comando, né Matt Reeves alla regia, sarà all’altezza del compito?
Il Regno del Pianeta delle Scimmie fa un balzo in avanti
“Molte generazioni dopo” (circa 300 anni) gli eventi di The War, le scimmie intelligenti proliferano liberamente sulla Terra, mentre gli esseri umani sono ridotti ormai a poco più di fauna da caccia, una leggenda in via d’estinzione, regrediti ad uno stato primitivo a causa del virus che li ha privati della parola; Cesare, al contrario, è venerato da molte tribù di scimmie come una figura messianica.
Al contempo, però, ci sono clan che non ne hanno mai sentito parlare: di uno di questi, il Clan dell’Aquila, fa parte Noa, un giovane scimpanzè che si prepara con i compagni Anaya e Soona alla tradizionale cerimonia di legame con la propria aquila. Il suo villaggio viene però attaccato, e i suoi cari rapiti, da un clan di fanatici di Cesare che ne hanno distorto gli insegnamenti, guidato dal megalomane Proximus Caesar. Noa si mette così in viaggio per salvarli, unendo le forze con Raka, un anziano orango sacerdote, e Mae, una ragazza umana.
Uno sguardo al passato ed uno al futuro
Nonostante un piano a lungo termine fosse da tempo nelle idee della produzione, l’annuncio de Il Regno del Pianeta delle Scimmie è arrivato quasi come una sorpresa per molti. L’arco narrativo di Cesare era ampiamente concluso, e non si avvertiva neanche la necessità di proseguire: la trilogia dello scorso decennio (Rise, Dawn e War for the Planet of the Apes – la titolazione originale ha decisamente più senso di quella confusionaria dell’adattamento italiano), mai sufficientemente celebrata, si è affermata tra le migliori del nuovo millennio e ha settato uno standard piuttosto alto, che ha lasciato gli spettatori appagati.
C’è ancora però molto da raccontare nel lasso di tempo che ci separa dagli eventi del primissimo Pianeta delle Scimmie (che l’intenzione sia di arrivare ad un nuovo remake del capolavoro del 1968, dopo la discutibile versione burtoniana?) e Il Regno del Pianeta delle Scimmie si pone come punto di partenza di una nuova trilogia. Dietro la macchina da presa però non figura più Matt Reeves: al suo posto Wes Ball (già regista dei tre Maze Runner), che accoglie la sfida con intraprendenza e buoni risultati, grazie ad uno stile dinamico e coinvolgente: la resa dei conti finale strizza neanche troppo velatamente l’occhio ad Avatar – La via dell’acqua.
L’altro grande assente è Andy Serkis, con il suo Cesare. La mancanza di una figura così centrale lascia inevitabilmente un vuoto di carisma, che si accusa in certi tratti e in un respiro epico minore. La sua immagine, la sua memoria, però, aleggiano in tutto il film, che pur guardando al futuro ha radici profonde nel passato della saga e s’impegna a portare avanti l’eredità di Cesare.
In più, le nuove leve dovranno pur crescere: ecco quindi il Noa di Owen Teague (It, It – Capitolo 2), che ce la mette tutta e porta a casa un buon lavoro, poggiando buone basi per un proseguimento che lo vedrà sicuramente ancora protagonista. Le interpretazioni, in generale, sono tutte di livello, considerando un aspetto interessante come l’inglese parlato dalle scimmie: esitazioni e parole ponderate, a mostrarne la lenta ma costante evoluzione per una specie estremamente intelligente che lo sta ancora apprendendo dopo secoli.
Spicca in particolare Kevin Durand (Quel Treno per Yuma, Robin Hood, Cosmopolis) nel ruolo del villain Proximus Caesar: pur senza uno screentime elevatissimo (purtroppo), Durand riesce a renderlo imponente e minaccioso, lasciando il rimpianto di non averne visto di più. La prevaricazione dei primati si rispecchia anche nel cast “umano”, ridotto all’osso (ed è già un gran pregio rendere efficace un film con così pochi volti umani noti): oltre alla brava Freya Allan (The Witcher) nei panni di Mae, troviamo anche il grande William H. Macy (Fargo, Shameless, Inland Empire).
Il Regno del Pianeta delle Scimmie è appena iniziato
Il Regno del Pianeta delle Scimmie segue l’esempio di The War e sposta l’orizzonte sugli ampi spazi di un’America tornata tra le braccia di Madre Natura. Il colpo d’occhio dell’ambientazione à la The Last of Us fa un grande effetto: ciò che resta delle antiche città umane non sono che reliquie, un retaggio di un passato ormai storia che riappare nei grattacieli totalmente verdi, usati dalle scimmie come “palestra” di arrampicate, nei lampioni che si affacciano dalla vegetazione, nelle gigantesche navi ramate di ruggine adagiate sulle spiagge come carcasse di balene.
La CGI delle scimmie resta di primissimo livello ed è sempre un piacere assistere a tale qualità, specialmente in un periodo come questo in cui siamo quasi “abituati” a scivoloni negli effetti speciali, soprattutto dopo lo sdoganamento delle condizioni di lavoro di molti VFX artists. Di contro, la sceneggiatura non è sempre all’altezza, incappando in dei passaggi a vuoto, alcuni cliché della saga trattati un po’ superficialmente e una durata che avrebbe forse beneficiato di 10-15 minuti in meno sui 145 totali.
Considerate però le premesse, Il Regno del Pianeta delle Scimmie, pur essendo un gradino sotto ai suoi predecessori, è un più che solido quarto capitolo e al contempo nuovo crocevia per la saga: la ventata d’aria fresca è efficace e le basi gettate per il futuro possono far ben sperare.
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