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il sesso degli angeli

Il sesso degli angeli: come volevasi dimostrare, il solito e scontato Pieraccioni

8 minuti di lettura

Se è vero che non si giudica il libro dalla copertina (e quindi il film dalla locandina) è anche vero però che ci sono certi registi riconoscibili immediatamente in base alla propria filmografia. Per questo, parlando del nuovo film di Leonardo Pieraccioni, Il sesso degli angeli, in sala dal 21 aprile 2022 con 01 Distribution, bisogna specificare una premessa doverosa: ogni volta che si entra al cinema per vederlo, si dovrebbe innanzitutto fare un esame di coscienza, ripulirsi da tutti i pregiudizi e ricordarsi, in secondo ma importante luogo, che Pieraccioni non è il nuovo Kubrick.

La critica, in primis, deve acquistare questa sacra ma sconosciuta abitudine nei confronti del cinema di Pieraccioni e compagni; altrimenti, per il 100% delle volte, si esce dalla sala con la volontà di riavere i soldi del biglietto.

La trama (paradossale) de Il sesso degli angeli

il sesso degli angeli leonardo pieraccioni marcello fonte

Ciò non toglie il fatto che Il sesso degli angeli rivela ancora una volta la paradossale serietà con cui Leonardo Pieraccioni affronta ogni volta un suo film. Essi in realtà non dovrebbero avere il dramma come tema principale, non dovrebbero essere intrisi di lotte amorose melò. Il problema dei film di Pieraccioni, Il sesso degli angeli compreso, è che si prendono troppo sul serio.

Pieraccioni interpreta un prete fiorentino, Don Simone, a capo di una diocesi in malora e poco frequentata; servirebbero dei soldi per ricostruire un soffitto, rifare il campetto dell’oratorio, e organizzare attività come minimo godibili in modo da attirare più fedeli a passare il tempo libero in chiesa.

Come un miracolo, la soluzione al problema arriva quando un vecchio zio di Don Simone, Zio Waldemaro – interpretato dall’attore pieraccioniano Massimo Ceccherini – muore ereditando al nipote un’attività milionaria a Lugano. Lo zio, per fare uno scherzo, non specifica la natura dell’attività, così Pieraccioni, col sacrestano di fiducia interpretato dalla star di Dogman, Marcello Fonte, partono alla volta di Lugano, inconsapevoli di trovarsi di fronte alla gestione di un bordello di lusso.

Il sesso degli angeli non è tutto da buttare

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L’incipit, nonostante possa far strappare già un sorriso, si ferma lì; e nell’esecuzione Il sesso degli angeli non sembra accorgersi di cadere nella trappola famelica in cui era già incappato, per esempio, Il ciclone, costituita ovvero dall’immancabile scrittura di Leonardo Pieraccioni.

Ma andiamo con ordine, perché in realtà Il sesso degli angeli mantiene nella prima parte un’aria essenzialmente trash mista a vera e propria satira: Don Simone è un prete incapace e con la battuta facile, a differenza però delle prediche che non gli riescono facili per niente; intorno a lui, poi, girano i personaggi grotteschi che frequentano la chiesa.

Il sacrestano rachitico di ormai quarant’anni inoltrati che ricorda lo Steve Carrell di 40 Anni Vergine, il ragazzino grasso dell’oratorio palesemente senza amici (e dal conseguente ambiguo rapporto col prete), i vari fedeli di tutte le razze, età, sesso e nazionalità, un pot-pourri che racconta una Chiesa di per sé già grottesca e incapace di accogliere efficacemente le parole della Bibbia, ma più attaccata ai beni materiali.

Non a caso, il problema che sembra assillare Don Simone da subito, non è tanto la mancanza di una vera e propria comunità cristiana, ma la penuria di soldi. Eppure, come è crollato il soffitto nella chiesa, a crollare è stata anche la stessa società cattolica, ormai dispersa.

Ma lo stesso bordello di Lugano mantiene le sue iconicità e i suoi personaggi – ovviamente totalmente femminili – che per una buona parte del film traspongono un messaggio positivo, moderno e non così scontato. La prostituzione è infatti vista non scioccamente, come potrebbe vederla lo spettatore medio di Striscia la Notizia per esempio, ma bensì in modo tale da concedere alle ragazze della casa una dignità e un’integrità sociale.

Pieraccioni addirittura, attraverso il rapporto che crea col prete e l’amministratrice della casa chiusa interpretata da Sabrina Ferilli, si chiede come mai in Italia non possa esistere una regolamentazione della prostituzione simile a quella di altri paesi, avviandosi così verso un tortuoso, ma sempre lecito, dibattito sulla legalizzazione della pratica stessa.

In conclusione: niente di nuovo dal fronte Pieraccioni

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E qui si fa la frittata. Quello sulla prostituzione ne Il sesso degli angeli, è un discorso, però, che rimane pur sempre tortuoso e complicato. Pieraccioni non ci mette molto, infatti, a farsi scivolare dalle mani una sceneggiatura che già si reggeva malamente e con dei personaggi rigorosamente senza una struttura e una crescita, come da copione per i film del regista.

Il risultato lo si vede da una buona seconda parte de Il sesso degli angeli fine a sé stessa, completata da un finale perbenista e giustificazionista in puro stile commedia all’italiana.

Insomma, niente di fatto. Pieraccioni sembra partire con una storia intrigante, non sicuramente al top si intende (ricordiamoci come sempre la premessa iniziale), ma che al contrario poteva regalarci un film che per un’ora e mezza faceva semplicemente il suo lavoro: ovvero farci ridere di gusto, come solo una buona operetta trash è in grado di fare.

C’è chi nei film di Pieraccioni non ci spera più, chi lo odia totalmente dal principio, e chi invece continua a guardarli nell’ottica ottimistica di un riscatto della comicità italiana, tremendamente sotto i piedi.

Il sesso degli angeli, sia ben chiaro, anche se dal primo minuto non è propriamente il film orribile che molti descrivono, non è nemmeno il film della vita: anzi, una volta uscito dal cinema, si percepisce la sua completa nullità e banalità; non solo perché il film è in sé brutto, ma soprattutto perché è l’ennesimo rappresentante di quel cinema italiano che ha visto il suo canto del cigno ormai vent’anni fa, ma che, in questo paese, continuiamo a foraggiare con convinzione e pazienza, mentre là fuori il mondo volta pagina e va avanti.


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Studente alla Statale di Milano ma cresciuto e formato a Lecco. Il suo luogo preferito è il Monte Resegone anche se non ci è mai andato. Ama i luoghi freddi e odia quelli caldi, ama però le persone calde e odia quelle fredde. Ripete almeno due volte al giorno "questo *inserire film* è la morte del cinema". Studia comunicazione ma in fondo sa che era meglio ingegneria.

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