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Il Signore delle Formiche, il processo Braibanti nel film di Gianni Amelio

La storia del processo ai danni dell'intellettuale Aldo Braibanti, drammaturgo antifascista accusato di plagio per la sua relazione omosessuale con uno studente.

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6 minuti di lettura

Gianni Amelio è in concorso nella 79ma edizione della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia con Il Signore delle Formiche, storia liberamente ispirata al processo condotto ai danni del drammaturgo antifascista Aldo Braibanti (Luigi Lo Cascio) alla fine degli anni ’60, a Roma. Accusato del reato di plagio per aver sedotto e sottomesso alle sue volontà sessuali uno studente poco più che maggiorenne, Aldo viene condannato a nove anni di reclusione, poi ridotti per buona condotta e per aver prestato servizio come partigiano.

Il reato, rispondente all’art. 603 del codice penale – secondo cui “chiunque sottopone una persona al proprio potere, in modo da ridurla in totale stato di soggezione, è punito con la reclusione da cinque a quindici anni” – verrà poi abrogato, funzionale a marginalizzare e punire chiunque fosse considerato “diverso”.

Il racconto di Amelio è un dramma polifonico, permeato dalle voci di familiari, amici e solidali che di Braibanti sposavano la causa contro l’ingiustizia di un sistema retrogrado e fallace. La verità è affidata alla penna del giornalista Ennio Scribani, interpretato da Elio Germano, che sull’Unità tenta di restituire credibilità alla difesa del poeta.

Prodotto da Rai Cinema con il sostegno della Regione Emilia-Romagna, Il Signore delle Formiche è al cinema dall’8 settembre 2022.

Aldo Braibanti, la vera storia di un intellettuale decaduto

Partigiano a Firenze nel ’40, adepto del PC clandestino, antifascista, drammaturgo e scrittore, Aldo Braibanti (Luigi Lo Cascio) nel ’47 inizia l’esperienza comunitaria del torrione Farnese di Castell’Arquato, un laboratorio artistico polivalente in cui coltiva, primo tra tutti, l’interesse per il regno delle formiche curando un piccolo formicaio artificiale. 

Di nobile cultura e disponibilità d’animo, ma non di rado crudo nel giudizio, Aldo intrattiene varie relazioni omoerotiche fino all’incontro con uno dei suoi studenti, Ettore (Leonardo Maltese, alla prima apparizione sullo schermo), dissuaso dalla madre (Anna Caterina Antonacci) e dal fratello maggiore a frequentare un uomo dagli istinti perversi e “contro natura”

Nel ’68 Braibanti viene citato in giudizio per reato di plagio, e giudicato colpevole dalla Corte viene condannato a 9 anni di reclusione, ridotti poi a sei in sede di appello. 

La difesa intellettuale è quella di Ennio Scribani (Elio Germano), giornalista dell’Unità, che solidale alla causa sollecita una rivoluzione della mentalità di massa con l’aiuto della cugina Graziella (Sara Serraiocco), in prima fila contro le ingiustizie perpetrate dallo Stato ai danni di un innocente.

Aldo ed Ettore si incontreranno una sola volta dopo la sentenza, in occasione di un rilascio autorizzato per la morte della madre anziana: in un dialogo di soli versi, gli amanti si salutano lasciando alle spalle il dolore vissuto, nella maturità di un sentimento esente dal giudizio

Il Signore delle Formiche e la stampa

Amelio adatta per lo schermo la vera storia di Aldo Braibanti, condannato con l’accusa di plagio a danni di Giovanni Sanfratello, uno studente ventitreenne con cui il drammaturgo intratteneva una relazione omoerotica nel corso degli anni ’60. Fu il padre del ragazzo, Ippolito, a presentare denuncia alla Procura di Roma dopo aver portato via con la forza Giovanni dal pensionato condiviso con l’insegnante. Il ragazzo viene ricoverato in una clinica privata di Modena e sottoposto a elettroshock e cure all’avanguardia per “guarirlo” dalla perversione e dall’immoralità delle sue inclinazioni sessuali.

Durante il processo, fortemente provato dal periodo di reclusione, il pubblico ministero non dà credibilità alle parole di Giovanni, che invece conquista il sostegno di intellettuali e figure di cultura solidali alla causa di Brabanti: Moravia, Morante, Eco, Bellocchio si mobilitano a favore della libertà del drammaturgo, “debole” nella definizione di Pier Paolo Pasolini per la volontà di non aderire a correnti e rispettare le autorità.

Il Signore delle Formiche di Amelio tratteggia la cifra violenta e ottusa della discriminazione negli anni Sessanta, nel resoconto di una provincia italiana fortemente plagiata dal malessere conformistico, dalla malafede e dal pregiudizio. Mezzo d’elezione della disinformazione, la famiglia, argine claustrofobico delle verità in cui al contrasto generazionale si somma l’indisponibilità dell’ascolto genitoriale. Non sconvolge l’attualità tematica, il nostos condiviso dal “signore delle formiche” tanto quanto dagli “invertiti” contemporanei, costretti al giudizio sempiterno a sessant’anni di distanza.

Il Signore delle Formiche di Amelio non incanta la Mostra per avanguardia visiva o laboriosità dello script, fluisce scorrevole, in risposta ai parametri dettati dal prime time, con un taglio specificatamente narrativo e contestuale che poco restituisce – a livello viscerale – dello sgomento sociale e dello scalpore suscitato dal processo nei ferventi ’60.

Si impone però, lontana da qualsiasi intento didascalico, una credibile esegesi del mezzo stampa nella decostruzione delle verità dettate dall’inchiostro: tra le penne assoggettate al volere dei vertici, mercenari sottomessi alle decisioni orientate delle masse, quella di Scribani si salva dalla corruzione, esempio rincuorante di un’informazione onesta nell’auspicio di una rivoluzione del pensiero che rinneghi l’ignoranza del passato.


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25, Roma | Scrittrice, giornalista, cinefila. Social media manager per Cinesociety.it dal 2019, da settembre 2020 collaboro con Cinematographe per la stesura di articoli, recensioni, editoriali, interviste e junket internazionali.
Dottoressa Magistrale in Giornalismo, caposervizio nella sezione Revisioni per NPC Magazine, il mio anno ruota attorno a due eventi: la notte degli Oscar e il Festival di Venezia.

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