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«Il talento del calabrone», il thriller italiano che fa parlare di sé

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6 minuti di lettura

Dopo aver vista cancellata la sua uscita nelle sale, prevista per lo scorso 5 marzo, Il talento del calabrone, thriller diretto da Giacomo Cimini con Sergio Castellitto e Anna Foglietta, è ora disponibile su Amazon Prime Video.

«Il talento del calabrone», Milano in ostaggio

In una Milano notturna, ma per nulla addormentata, il disc jockey radiofonico Steph (Lorenzo Richelmy) intrattiene gli ascoltatori con voce profonda, umorismo sornione e un concorso che aggiudicherà al vincitore due biglietti per la fashion week. A un certo punto, al telefono chiama un certo Carlo (Sergio Castellitto). È fin da subito evidente che all’uomo poco interessa dell’evento mondano. Egli, infatti, afferma di volersi suicidare per poi minacciare l’intera città con un ordigno esplosivo che si trova nella sua auto, nella quale lui stesso afferma di trovarsi. Comincia così un gioco di potere in cui Carlo prende il controllo della trasmissione e dello stesso Steph, costretto ad assecondare ogni sua richiesta.

Milano e social network

Il talento del calabrone

Ne Il talento del calabrone ci sono due personaggi “nascosti”: Milano e i social network. L’ascolto della radio, infatti, attività ben più “antica”, è accompagnato da commenti costanti sulle piattaforme di interazione online. Così si parla spesso di like, retweet e tendenze e un uomo che minaccia di farsi esplodere mettendo a rischio migliaia di vite diventa un’occasione d’oro per «battere tutti i record». È quanto meno probabile che l’intento di Lorenzo Collalti e dello stesso Cimini, co-sceneggiatore, fosse criticare l’utilizzo ormai incontrollato dei social network, caratterizzato dalla brama di like e da una spasmodica ricerca di visibilità. Il film non riesce però a rendere profonda e pungente la sua denuncia. La narrazione della deriva dei social e della desensibilizzazione che sembrano provocare viene affidata a qualche battuta scontata, pronunciata con superficialità, e a sporadiche inquadrature di schermi sui quali impazzano i commenti di ascoltatori morbosamente curiosi.

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L’insensibilità smascherata poi, non è difetto solo dei singoli, ma di una città intera. Inquadrata spesso dall’alto, Milano, moderna e instancabile, sembra aver sacrificato la calma e l’attenzione al singolo in favore della velocità e del progresso, dimenticandosi persino della bellezza delle stelle.

Una sceneggiatura bidimensionale

Il talento del calabrone

Ne Il talento del calabrone sceneggiatura e recitazione si influenzano negativamente. Da una parte c’è un testo debole, che scade spesso nello scontato e nel cliché. Dall’altra parte delle prove attoriali che sono al contempo soffocate da battute mal scritte e incapaci di dar loro credibilità. Questo è evidente soprattutto nel caso di Anna Foglietta, che interpreta il tenente colonnello dei Carabinieri Rosa Amedei, affidata al caso del “Calabrone”. Chiamata alla stazione radiofonica mentre si trovava a una serata elegante, la Amedei si presenta con un abito da sera rosso, al quale però abbina un paio di anfibi e la fondina per la pistola di ordinanza.

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Il chiaro intento di far vestire al suo personaggio i panni della “tipa tosta” scadono però nel ridicolo. Ad accrescere l’involontaria comicità è ancora la scrittura, che mette in bocca alla donna frasi improbabili pronunciate con poca convinzione, rendendola una caricatura. Così anche il personaggio di Steph, che non riesce ad uscire dalla bidimensionalità. Nemmeno la rivelazione finale aiuterà lo spettatore a capire qualcosa in più riguardo all’affascinante – e niente più – dj milanese.

Ai rari momenti di tensione tipici del genere thriller se ne alternano altri – molto più numerosi – di prevedibilità o di assenza di credibilità. Il personaggio di Carlo assume sempre più le fattezze di un villain da fumetto, che tiene in scacco una città intera, abbandonando le sembianze del più verosimile – e per questo più spaventoso – “cattivo della porta accanto”.

«Il talento del calabrone» un esperimento imperfetto

Si può dire che nel panorama cinematografico italiano mancasse un film come Il talento del calabrone. Tuttavia, l’esperimento di Giacomo Cimini è guastato da molte imperfezioni che lo rendono niente di più che un buon primo passo per qualcosa di più riuscito; un suggerimento di ciò che potrebbe nascere.


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Classe 1996. Laureata in Filologia Moderna, ama stare in compagnia degli altri e di se stessa. Adora il mare e le passeggiate senza meta. Si nutre principalmente di tisane, lunghe chiacchierate e pomeriggi al cinema.