Personaggio unico, grande cultura cinematografica, una personalissima e anticonformista visione del mondo, un’ironia spiazzante. Questi è Aki Kaurismäki, il più importante regista, sceneggiatore e produttore finlandese, nonchè autore di spicco della cinematografia europea e mondiale. Apprezzatissimo tra i più accaniti cinefili, si è fatto conoscere al grande pubblico soprattutto con quello che è considerato, al momento, il suo capolavoro: L’uomo senza passato. Le citazioni nei suoi film sono numerosissime e spaziano da Bresson a Bunuel, da De Sica a Capra, da Rossellini a Leone, da Ozu a Kurosawa.
Personalità forte, poco incline a facili, quanto interessati, compromessi e infatti non ha mai barattato i propri princìpi con il successo, comunque arrivato. Emblematico l’episodio della rinuncia alla partecipazione alla notte degli Oscar (L’uomo senza passato aveva ricevuto la candidatura a miglior film straniero). La motivazione in una sua lettera all’Academy:
Non posso partecipare agli Oscar mentre il governo Usa sta preparando un crimine contro l’umanità per puri interessi economici. Non stiamo vivendo uno dei momenti più gloriosi della storia della umanità
Si riferiva alla Seconda Guerra del Golfo e – appare evidente – non risparmia il suo pensiero, anche se scomodo (ma opportuno).
Aki Kaurismäki inizia la sua carriera nei primi anni ‘80 collaborando con il fratello Mika, anch’egli regista. I due realizzano Saimaa-ilmiö (1981), una sorta di documentario sulla musica rock finlandese e In The Worthless (1982). Il suo primo film come regista è Delitto e castigo (1983), un adattamento del romanzo di Dostoevskij. La pungente (auto)ironia di Kaurismäki, riflessa nei suoi film, è esemplarmente racchiusa in queste parole:
Il mio primo film, Delitto e castigo, era completamente privo di stile. Ma non sapevo fare altro. E così qualcuno ha detto che quello era uno stile
Kaurismäki si caratterizza per uno stile asciutto, un minimalismo Bressoniano, del quale non nasconde ammirazione e un profondo senso di riconoscenza; un minimalismo però potente, sorretto da massicce dosi di umanità, tenerezza, surrealismo ed ironia. Dialoghi essenziali, a volte assenti per interi minuti. I tempi sono rarefatti: tempo cinematografico e tempo reale spesso coincidono, almeno all’interno delle singole sequenze. L’ironia, nei suoi film, irrompe quasi all’improvviso e, allo stesso modo va via, conferendo alla stessa una geniale esplosività. Grazie a Kaurismäki il gelo scandinavo non è mai stato così caldo, un gelo che scalda il cuore.
Due trilogie, la prima detta operaia (o dei perdenti), la seconda detta trilogia della Finlandia. Entrambe hanno in comune gli ultimi, i reietti, i poveri, gli emarginati, gli emigrati. Ombre in paradiso (1986), Ariel (1988) e La Fiammiferaia (1990) costituiscono la trilogia operaia seguita da Leningrad cowboys Go America (1989), un mix di surrealismo e ironia divenuto vero e proprio cult tra gli appassionati. Da ricordare anche Leningrad cowboys meet Moses, sequel del primo, Ho affittato un Killer (1990), Vita da Bohème, Nuvole in viaggio (1996).
Come accennato, il film di maggior successo di Aki Kaurismäki è L’uomo senza passato del 2002 che ha ricevuto diversi premi e riconoscimenti tra cui il Grand Prix al Festival di Cannes nel 2002. Il discorso di accettazione del premio è anch’esso un saggio del suo stile laconico e ironico:
Prima di tutto vorrei ringraziare me stesso e in secondo luogo, la giuria
Nel 2006 Le luci della sera conclude la seconda trilogia iniziata con Nuvole in Viaggio e proseguita con L’uomo senza passato. In questi tre film Kaurismäki si occupa rispettivamente di disoccupazione, senzatetto e solitudine. Nel 2011 è la volta di Miracolo a Le Havre, altra perla della sua filmografia, mentre l’ultimo suo lavoro è del 2017: L’altro volto della speranza, vincitore del premio Orso d’argento per la regia.
Come orientarsi in questa complessa – e non esaustiva – filmografia? Proviamo a districarci indicando i suoi migliori film (ma andrebbero visti tutti!) e l’ordine in cui approcciarli.
Per cominciare: Ho affittato un killer
Anno: 1990
Durata: 80’
Interpreti: Jeanne-Pierre Léaud, Margi Clarke, Kenneth Colley
Un impiegato di una società pubblica inglese (Henry Boulanger) viene licenziato a seguito della privatizzazione dell’azienda stessa. L’uomo, solo e di origini francesi, caduto in depressione tenta di suicidarsi ma senza successo. Decide così di ingaggiare, attraverso dei malavitosi locali, un killer che possa eliminarlo. Subito dopo incontra in un bar una venditrice ambulante di fiori (omaggio a Charlie Chaplin), della quale si innamora all’istante, che gli fa cambiare idea circa i suoi propositi. Il killer, però, è già in cerca della sua vittima e tenta di portare a termine il suo lavoro.
Ironia, umanità, solitudine, umili lavoratori, contesti squallidi, colona sonora (spesso) diegetica, dialoghi essenziali, surrealismo, durata mai eccessiva. Tutti o quasi tutti gli elementi tipici di Kaurismäki sono presenti in questo film, arricchito dalla presenza di Jean-Pierre Léaud, attore feticcio di Truffaut e Godard. Un film che ha avuto un buon successo internazionale e che mostra una Londra inedita, sembra quasi in bianco e nero, lontanissima dallo scintillio dei film di James Bond. Far sorridere nella tragedia è un gioco degli opposti in cui Kaurismäki sembra particolarmente capace. Le modalità con cui Buolanger tenta, invano, di suicidarsi risultano tragicamente comiche.
Ho affittato un killer è un film che “passa dal realismo quotidiano al melodramma” per dirla con le parole dello stesso regista. Nei suoi film la musica, elemento immancabile, viene spesso inserita all’interno della fabula, attraverso una radio, un juke-box, una TV o una banda di artisti. Una piccola curiosità: in Ho affittato un Killer si sente la canzone Ennen koulemaa (“prima di morire”), cantata del re del tango finlandese Olavi Virta. Kaurismäki in più occasioni ha affermato che il tango non è un’invenzione argentina ma è nato in Finlandia, esportato successivamente da immigrati finlandesi in Argentina.
Insomma, un primo approccio con il mondo di Kaurismäki potrebbe essere proprio questo, un film nel quale, anche con “il cattivo”, non puoi fare a meno di empatizzare.
Per innamorarsi (o per odiarlo): La Fiammiferaia
Anno: 1989
Durata: 69’
Interpreti: Kati Outinen, Elina Salo, Esko Nikkari, Vesa Vierikko
Iris lavora in una fabbrica di fiammiferi, vive con la madre e il patrigno e conduce un’esistenza piatta e monotona. Un giorno viene sedotta da un uomo di cui si innamora, ma l’amore non è corrisposto perché lui cercava solo divertimento. Iris scopre di essere incinta, circostanza che non scuote più di tanto l’uomo che anzi le offre dei soldi chiedendole di abortire. Gli eventi provocheranno una reazione di Iris.
Film breve, solo 69 minuti, dialoghi ridotti all’osso: nei primi tredici minuti la protagonista proferisce solo due parole, mezza birra. Kaurismäki lo definisce:
Un feuilleton all’acqua di rose, trattato alla maniera di Bresson e Ozu, a cui poi abbiamo affibbiato l’etichetta “made in Finland”
La storia è semplice, raccontata alla maniera di Kaurismäki e ha un epilogo inaspettato ma coerente con lo stato di alienazione della protagonista. È il terzo film della trilogia operaia.
Intrigante l’utilizzo del suono del vento, anche in scene d’interno, a simboleggiare il male, qualcosa che ricorda vagamente Mario Bava almeno sotto l’aspetto puramente acustico. Il dettaglio non è di poco conto visto che Kaurismäki sostiene di divertirsi più con il missaggio del sonoro che con la regia.
Il capolavoro di Aki Kaurismäki: L’uomo senza passato
Anno: 2002
Durata: 97’
Interpreti: Markku Peltola, Kati Outinen, Juhani Niemela
Un uomo giunge alla stazione di Helsinki, probabilmente aspetta qualcuno e, nell’attesa, viene pestato a sangue nel parco adiacente la stazione. Portato in ospedale e dichiarato morto, si alza improvvisamente dal lettino e fugge via. Le botte ricevute gli hanno provocato una totale amnesia per cui non ricorda neanche il suo nome. Trova ospitalità nell’estrema periferia della città da barboni e senzatetto che vivono in una sorta di villaggio fatto di vecchi container arrugginiti. Qui incontrerà Irma (l’immancabile Kati Outinen), una donna timida e riservata che presta servizio nell’esercito della salvezza, con la quale intreccerà una relazione sentimentale.
L’uomo (detto “M”) andrà incontro ad una serie di peripezie a causa della sua amnesia ma, alla fine, verrà riconosciuto in TV dalla ex moglie.
Questo, come altri di Kaurismäki, è un film che sprigiona grande tenerezza ed umanità grazie anche all’interpretazione di Markku Peltola, un vagabondo senza memoria che anziché disperarsi per la propria condizione si inserisce, con grande dignità, nello squallido e allo stesso tempo decoroso contesto in cui si ritrova, senza perdere mai voglia di vivere ed ironia. Come al solito, nei film di Kaurismäki, la musica, quella dal vivo, non è mai un contorno. Un film sugli ultimi, sui cosiddetti perdenti, che sembrano però vincere grazie alla loro umanità.
Voglia di surrealismo? Leningrad Cowboys go America
Anno: 1989
Durata: 79’
Interpreti: Matti Pellonpaa, Kari Vaananen, i “Leningrad Cowboys”
Testosteronica pettinatura a banana e scarpe a punta di 40 centimetri sono una geniale invenzione di Kaurismäki. Il “peggior gruppo rock del mondo” non lascia indifferenti, ma è tutto il film che colpisce per ironia e surrealismo fuori dal comune. Un lungo viaggio che parte dalla tundra e finisce in una tournée negli Stati uniti e Messico, passando dal Rock fino alla musica tradizionale messicana. La strampalata band, sfruttata dall’avido manager Vladimir e accompagnata dallo scemo del villaggio (che cerca vanamente di farsi crescere i capelli) si ritroverà a suonare in Messico, spesso annebbiata dai fumi della tequila.
Il film inizialmente ha avuto grande successo nell’Europa dell’Est, ma successivamente è diventato un cult mondiale che ha procurato numerosissimi ingaggi alla band. Anche qui l’ironia di Kaurismäki emerge prepotentemente:
È un film che si ispira al Vecchio Testamento, ma mi sono accorto troppo tardi che quel libro non l’ha mai letto nessuno
Grande ironia, tanta musica e immagini indimenticabili fanno di Leningrad Cowboys go America un film assolutamente da non perdere, e da non spoilerare!
Per finire in bellezza: Miracolo a Le Havre
Anno: 2011
Durata: 93’
Interpreti: André Wilms, Kati Outinen, Jean-Pierre Darroussin, Blondin Miguel, Elina Salo
Si può superare L’uomo senza passato in tenerezza? Sì, Kaurismäki supera se stesso con questa storia dolce, mai sdolcinata, e sempre attuale.
Un ragazzino africano, immigrato illegalmente in Francia, viene trovato nel porto di Le Havre da Marcel (un grande e tenerissimo André Wilms) che lo nasconde a casa sua. Con l’aiuto degli abitanti del quartiere cercherà di far ricongiungere il ragazzo con la madre che è a Londra. All’interno della trama si sviluppa anche il rapporto di Marcel con la moglie gravemente malata. Gli “ultimi” che aiutano “gli ultimi”, una storia d’amore e una favola moderna, attualissima, che ci interroga sul valore dell’accoglienza, della solidarietà, della dignità umana, tutte dimensioni dell’essere umano che sembrano perdute, ma che è necessario riscoprire oggi più che mai.
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