Un tipo alla Matteo Garrone non passa tante volte nella storia cinematografica. Personaggio schivo, restio alle luci della celebrità, poco propenso ad apparire sugli schermi televisivi. E, tuttavia, il miglior regista italiano del XXI secolo. Ma di gran lunga, rispetto a più noti e celebrati compagni di lavoro.
Matteo Garrone: Di chi stiamo parlando?
Romano, con la passione per la pittura, Matteo Garrone ha mosso i primi passi in lavori documentaristici, per approdare solo successivamente al puro taglio cinematografico.
I metodi di lavorazione, presenti fin dalle prime riprese, rimangono costanti in tutte le opere: gruppo di lavoro al minimo, ambientazioni che si svolgono in contesti reali, una cinepresa mai statica ma dinamica, un sonoro naturale e attori non professionisti, o comunque non di prima fama. Un cinema aperto alla novità, alla crudezza, alle viscere; caratterizzato dal rifiuto della spettacolarità, per uno studio approfondito dell’emarginazione, come concetto cardine della sua poetica. Il tutto sublimato mediante una narrazione che ricorda spesso il procedere di una fiaba, per adulti.
Ecco un tentativo di far ordine nelle sue opere, per sapere come muoversi e di quali frutti filmici avvantaggiarsi: una guida alla filmografia di Matteo Garrone.
Con quale iniziare: Reality
Titolo: Reality
Anno: 2012
Durata: 115′
Interpreti: Aniello Arena, Loredana Simioli, Nando Paone, Graziella Marina, Nello Iorio, Paola Minaccioni, Claudia Gerini
La storia di un pescivendolo napoletano, Luciano Ciotola (Aniello Arena), convinto che nel suo destino ci sia la partecipazione al Grande Fratello. Questo ideale lo priva però di ogni briciolo di lucidità e di principio di realtà.
Premiato a Cannes con il Grand Prix Speciale della Giuria, Reality è un film dalle finalità sociologiche: il protagonista è un uomo qualunque. Proprio questo elemento di impersonalità rende qualunque spettatore potenziale partecipe di una vicenda che appare grottesca solamente ad uno sguardo superficiale.
Il film ha il procedere di una parabola: il bisogno di scorciatoie facili a buon mercato, un paese lobotomizzato dalla TV, dai falsi miti, falsi eroi, falsi ideali che però ingabbiano chi ne fa uso: capace di rinunciare a tutto, pur di inseguire il lieto fine di una favola che si trasforma in un incubo. Le immagini sono vive e familiari, i colori carichi di energia, la colonna sonora è fiabesca: una miscela di elementi che rende questo film la migliore introduzione.
Con cosa proseguire: Dogman e Gomorra
Titolo: Dogman
Anno: 2018
Durata: 102′
Interpreti: Marcello Fonte, Edoardo Pesce, Nunzia Schiano, Adamo Dionisi, Francesco Acquaroli, Alida Baldari Calabria
La storia del «delitto del canaro», fatto di cronaca nera italiana degli anni ’80. Marcello (Marcello Fonte) è il proprietario di una bottega per cani, molto legato e sottomesso a Simone (Edoardo Pesce), un violento criminale di questa periferia romana. Il rapporto tra i due subisce però un brusco cambio di rotta.
In Dogman di Matteo Garrone l’attenzione per l’emarginazione è totale, presente nella figura di Marcello, un disgraziato di grande bontà, che sopravvive in un paesaggio fuori dal tempo, contraddistinto dalla mostruosità di alcuni concittadini. La rappresentazione di ambienti e personaggi è stilizzata. Il paesaggio sembra di una città dimenticata su un altro pianeta, triste e desolata e languida. La possibilità per sopravvivere è solamente data da un gesto così forte, di rivolta, capace di strappare la mediocrità della non civiltà.
Il grande e potente protagonista Marcello Fonte ha giustamente ottenuto il premio come miglior attore del Festival di Cannes 2018.
Titolo: Gomorra
Anno: 2008
Durata: 137′
Interpreti: Toni Servillo, Gianfelice Imparato, Maria Nazionale, Salvatore Cantalupo, Gigio Morra, Salvatore Abruzzese, Marco Macor, Ciro Petrone, Carmine Paternoster
Il triste dispiegamento di storie personali nel cuore della Camorra: Pasquale (Salvatore Cantalupo) è un sarto sotto ricatto; Franco (Toni Servillo) lavora per uno smaltimento illegale di rifiuti tossici; Marco (Marco Macor) e Ciro (Ciro Petrone) due giovani, con bizzosi modelli criminali da cui trarre esempio.
L’inferno di Napoli: si poteva colorare una bella cartolina della città alle pendici del Vesuvio, e invece il regista prende il sentiero della selva oscura di un mondo denso di personaggi al limite.
Gomorra è realistico proprio perché non spettacolarizza la criminalità: segue le vicende personali con uno sguardo diegetico a grado zero. Riporta il romanzo di Roberto Saviano, un’inchiesta giornalistica, al documentario, iniettando dosi massicce di estetica trascendentale. La storia di una delle ferite più crude per la società civile italiana: premiata giustamente come Grand Prix Speciale della Giuria di Cannes 2008.
L’opera singolare di Matteo Garrone: Il racconto dei racconti
Titolo: Il racconto dei racconti – Tale of Tales
Anno: 2015
Durata: 128′
Interpreti: Salma Hayek, Vincent Cassel, Toby Jones, John C. Reilly, Shirley Henderson, Bebe Cave, Stacy Martin, Alba Rohrwacher, Massimo Ceccherini
Film a episodi: nel primo, una regina (Salma Hayek) desidera una maternità e per questo mangia un cuore di drago. Nel secondo, un re (Toby Jones) accudisce e cresce una pulce, finché essa non diventa gigante. Nel terzo, un altro re (Vincent Cassel) si innamora di una donna mentre canta, ma le apparenze giocano un brutto scherzo alla sua ennesima avventura erotica.
Il racconto dei racconti di Matteo Garrone è ispirato da una raccolta di favole, Lo cunto de li cunti, scritta da uno scrittore barocco del Seicento napoletano Giambattista Basile. Questa materia viene da Matteo Garrone rielaborata in una sorta di fantasy seducente e ancestrale. Il film possiede una grazia pittorica unica, con immagini tanto liriche e poetiche, quanto materiali e perverse. Sebbene a volte giri a vuoto, si immobilizzi, non riuscendo a restituire il dinamismo fiabesco, nel complesso l’operazione è unica e splendida.
Una libertà espressiva che si traduce in una bellezza destabilizzante e non convenzionale. Un cast spaziale, le ottime musiche di Alexandre Desplat, hanno fatto incetta di premi ai David di Donatello 2015.
Da dove non partire: Primo amore
Titolo: Primo amore
Anno: 2004
Durata: 100′
Interpreti: Vitaliano Trevisan, Michela Cescon, Elvezia Allari, Paolo Capoduro, Roberto Comacchio
La vicenda di Vittorio (Vitaliano Trevisan), orafo vicentino che, grazie a un annuncio su un sito, conosce Sonia (Michela Cescon). Ben presto, però, emerge la perversione del protagonista maschile: ama le donne scheletriche. Costringe così Sonia a dimagrire per assecondare i propri desideri, le forze della ragazza saranno sempre meno.
Primo amore è il film più estremo di Matteo Garrone, difficile da sostenere per chi non abbia dimestichezza con la sua poetica. Il film è tratto dal romanzo autobiografico Il cacciatore di anoressiche di Marco Mariolini, il quale, non contento di aver messo nero su bianco la propria perversione, un anno dopo la pubblicazione del libro ha ucciso l’ex fidanzata, Monica Calò, a coltellate.
Claustrofobia privata portata su pellicola mediante l’uso di immagini, geometrie, tinte scure e ombre rese dalla fotografia di Marco Onorato. Un film disperato, brutale, che porta nello spettatore un inevitabile rigetto verso i protagonisti di questa storia al limite. Migliore colonna sonora a Banda Osiris nel 2004, al Festival internazionale del cinema di Berlino.
Concludono la filmografia di Matteo Garrone opere importanti ma non necessarie per un’adeguata comprensione, da scoprire necessariamente nel seguente ordine: L’imbalsamatore (2002), Pinocchio (2019), Estate romana (2000), Terra di mezzo (1996), Ospiti (1998).
In copertina: Artwork by Madalina Antal
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