Parodia è l’imitazione di uno stile, di un’opera, di un autore o di un genere a scopo caricaturale, con il fine di creare un effetto comico, può avere una funzione puramente divertente o essere utilizzata come strumento di critica sociale o culturale. Mel Brooks è un autore che ha fatto della parodia il suo marchio di fabbrica e, pur non avendo realizzato solo opere parodistiche, questo è sicuramente il genere per cui è più conosciuto. Regista cinematografico, ma anche stand-up comedian, sceneggiatore, attore, doppiatore e produttore, Mel Brooks ha rivoluzionato il modo di fare comicità e non solo, configurandosi come uno degli autori più geniali, irriverenti e interessanti di sempre.
Mel Brooks: di chi stiamo parlando
Melvin James Kaminsky è nato a Brooklyn nel 1926 in una famiglia ebrea, cosa che segnerà la sua vita e la sua carriera, infatti, ricorrerà proprio alla comicità e all’ironia per difesa ma anche come attacco. Sarà l’esercito il primo campo di prova per Mel Brooks, che partecipa alla Seconda Guerra Mondiale e intrattiene i compagni con spettacoli comici, sketch divertenti e imitazioni: questa esperienza che lo porterà a intraprendere, a guerra terminata, la strada della comicità e tentare di entrare nel campo dell’intrattenimento, prima per la tv e poi per il cinema e il teatro.
Dopo la gavetta nei locali notturni newyorkesi entra nella squadra di autori di alcuni tra i più importanti show comici del momento: primo tra tutti Your show of shows di Sid Caesar, un programma della NBC strutturato su monologhi comici, scenette e parodie di film e opere teatrali, nella squadra di autori ricordiamo anche il passaggio di Woody Allen. È grazie al programma che Mel Brooks vince il suo primo Grammy, nel corso della sua carriera collezionerà molti altri premi entrando nel circolo esclusivo degli artisti che hanno ottenuto un EGOT, cioè che hanno vinto almeno un Emmy, un Grammy, un Oscar e un Tony.
Continua a lavorare per la tv dando vita, nel 1965, a un altro show di successo, ponte per la futura carriera cinematografica: Get smart, una sit-com per la NBC che si distingue per essere una parodia delle serie di spionaggio, dovuta probabilmente al successo della saga di 007, la serie ha poi ispirato il film del 2008 con la regia di Peter Segal, con Steve Carrel e Anne Hathaway.
L’esordio al cinema è di tre anni dopo, Per favore, non toccate le vecchiette, infatti, esce nel 1968, il film non fu immediatamente un grande successo, ma valse a Brooks l’Oscar per la sceneggiatura e diventerà col tempo uno dei suoi film più amati. Da qui in avanti la carriera di Mel Brooks si sviluppa in undici film come regista, altri in cui compare solo come sceneggiatore o attore, spettacoli teatrali di grande successo, soprattutto l’adattamento di due sui grandi successi cinematografici: The Producers (Per favore, non toccate le vecchiette) del 2001 e Frankenstein Junior del 2007.
Oltre a ciò, ricordiamo il suo ruolo come produttore del film The elephant man di David Lynch del 1980 e la sua esperienza come doppiatore per I Simpson, Mr. Peabody e Sherman, Hotel Transylvania e Toy Story 4, solo per citarne alcuni.
Mel Brooks tra parodia, commedia demenziale e riflessione sul mezzo cinematografico
Il cinema di Mel Brooks è caratterizzato fin dagli esordi dalla comicità, un mix di parodia, commedia demenziale e acuta ironia, con cui prende di mira i diversi generi cinematografici dal western all’horror, dal thriller al film muto. Brooks ricorre all’assurdo, alle gag comiche, alla comicità slapstick, all’ironia e ai giochi di parole, non tralascia nessuno degli aspetti del comico perché ciò che più gli interessa, e che gli è sempre interessato, è solo far ridere.
Ma quella operata da Brooks non è soltanto una presa in giro, un attacco seppur comico al genere, è un vero e proprio omaggio: realizzando Mezzogiorno e mezzo di fuoco, Frankenstein Junior o Balle spaziali compie uno studio dei diversi generi fino ad arrivare ad avere una più che dignitosa padronanza di tutti gli stilemi specifici, ognuno dei film realizzati, infatti, possiede un’attenzione al dettaglio che attesta una profonda conoscenza e un rispetto per il materiale originale.
Il ricorso al comico non si limita solo a far ridere, ma è utile per mostrare e ridicolizzandoli i cliché dei generi parodiati, offrendo al pubblico un’esperienza su più livelli: il primo e più immediato è sicuramente quello più divertente della commedia. In secondo luogo la riflessione non solo sul genere cinematografico, ma anche sulla società a cui appartiene e che mette in scena, svelandone gli angoli più assurdi, ingiusti e deplorevoli; per ultimo una riflessione sul cinema stesso realizzata con continui riferimenti metacinematografici al genere in sé ma anche alla macchina cinema in generale, nota è, infatti, la sua tendenza a rompere la quarta parete, utile a coinvolgere maggiormente il pubblico al gioco comico del film.
Il cinema di Mel Brooks, giocando con il linguaggio cinematografico, ci induce a riflettere su temi anche scomodi come il nazismo, la disuguaglianza, il razzismo sempre con una risata, che non banalizza ma ha il merito di rendere la riflessione più agevole e immediata.
Da dove iniziare: Mezzogiorno e mezzo di fuoco
Mezzogiorno e mezzo di fuoco, titolo originale Blazing Saddles, è il terzo lungometraggio di Mel Brooks (dopo Per favore, non toccate le vecchiette e Le dodici sedie) esce nel 1974, l’anno d’oro del regista che realizza due dei suoi film migliori, oltre a quello qui trattato Frankenstein Junior. I film precedenti non erano stati grandi successi di pubblico e per Mezzogiorno e mezzo di fuoco si sente libero di lavorare senza freni o paletti imposti, la scelta premia perché da vita a quella che ancora oggi è considerata una delle commedie più intelligenti e divertenti.
Il film è un ottimo punto da cui partire per avvicinarsi alla filmografia di Brooks perché è la prima vera parodia da lui realizzata, sceglie di prendere di mira il genere western, forse il genere più emblematico degli Stati Uniti. Mezzogiorno e mezzo di fuoco, però, non è una semplice parodia dei film più iconici del genere, tra tutti Mezzogiorno di fuoco di Fred Zinnemann, ma è una riflessione sul genere stesso e sulla società che riflette e rappresenta.
Per la costruzione della ferrovia la cittadina di Rock Ridge deve essere svuotata dai suoi abitanti e distrutta, per farlo il governatore (Mel Brooks) si fa convincere dal procuratore a nominare come nuovo sceriffo Bart, un uomo afroamericano condannato alla ghigliottina (Cleavon Little), allo scopo di scatenare l’indignazione della cittadina profondamente razzista e spingerla ad abbandonare Rock Ridge. Arrivato in città il nuovo sceriffo conosce subito quello che sarà il suo fido aiutante, il pistolero alcolizzato Jim “Waco Kid” (Gene Wilder); i due riusciranno a difendere la città e Bart sarà amato e accettato sconfiggendo il profondo razzismo di cui la popolazione era fortemente caratterizzata.
Mezzogiorno e mezzo di fuoco è il film attraverso cui Mel Brooks opera una revisione sul genere western scardinandone tutte le regole, ed è anche il film attraverso cui propone una riflessione, anche amara, sul razzismo insito nella società americana, lo fa ricorrendo alla satira, alla parodia, alla comicità demenziale e alla volgarità, dimostrando quanto la risata sia uno dei modi più efficaci per evidenziare e denunciare le parti più oscure della società.
Come continuare: Per favore, non toccate le vecchiette e Alta tensione
Dopo Mezzogiorno e mezzo di fuoco, perfetto primo capitolo di questo viaggio alla scoperta di Mel Brooks, si potrebbe proseguire in due modi: continuando sulla strada delle parodie o affacciandosi all’altra parte del lavoro di Brooks, pure commedie che non parodizzano nessun genere o autore specifico ma che sono caratterizzate dallo stesso humor demenziale, volgare, assurdo. In questo caso il miglior film per proseguire è la sua opera di esordio: Per favore, non toccate le vecchiette. Uscito nel 1968, Mel Brooks in realtà avrebbe voluto intitolarlo Springtime for Hitler, titolo quanto mai eloquente di quello che avrebbe trattato il film ma sconsigliato in favore di un più sobrio The producers.
Il film è una grande satira nazista che prende di mira anche l’ambiente teatrale di Broadway schernendone i protagonisti, le dinamiche, le regole. Max Bialystock (Zero Mostel) è un produttore teatrale fallito, che sfrutta delle povere vecchiette per farsi finanziare i suoi spettacoli in cambio di favori sessuali; dall’incontro col suo timido e maldestro contabile Leo Bloom (Gene Wilder) nasce una grande idea: un produttore potrebbe guadagnare di più da un insuccesso che da un successo, decidono quindi di realizzare il più grande fiasco mai visto.
Scelgono la sceneggiatura peggiore, scritta dell’autore più infimo, Springtime for Hitler, una vera e propria apologia di Hitler e affidano il progetto al regista teatrale più scarso che conoscono. Il fallimento è assicurato! O forse no…
Per favore, non toccate le vecchiette è un grande esordio per Brooks, non fu subito un successo, ma gli valse un Oscar per la sceneggiatura e oggi è considerato uno dei suoi film migliori. Oltre a schernire l’ideologia e la nostalgia nazista il film attacca prima di tutto la società con il suo sogno americano mostrandone le piccolezze, i vizi e le mancanze, e in secondo luogo il mondo dello spettacolo non risparmiando nessuno dei suoi protagonisti, dal produttore, al regista fino al pubblico.
Da una parte abbiamo l’arte (produttore, sceneggiatore, regista e attori) che si svende per il profitto, dall’altra abbiamo il pubblico beffeggiato per i suoi gusti mediocri e deplorevoli. Mel Brooks porta The producers a teatro nel 2001 vincendo ben 12 Tony Award e la regista di questo spettacolo, Susan Stroman, realizza un remake del film nel 2005, The Producers – Una gaia commedia neonazista.
Se invece vogliamo continuare sulla strada delle parodie, da nominare è sicuramente Alta tensione (High Anxiety) del 1977, è tra le migliori parodie realizzate da Mel Brooks che, invece, mostra un po’ di altalenanza e un po’ meno acume, in altre. Brooks aveva già realizzato la parodia del western, dell’horror e del cinema muto, ora attacca un autore che però ha creato un genere, Alfred Hitchcock.
Nel film sono presenti riferimenti a diverse opere di Hitchcock, tra cui: La donna che visse due volte, Intrigo internazionale, Gli uccelli e Psycho, ma Mel Brooks non si limita a parodiare il maestro della suspense ne fa un vero e proprio omaggio, emulandone lo stile e l’aspetto, a partire dalla fotografia fino alle location stesse.
Alta tensione è una delle parodie migliori realizzate da Mel Brooks proprio per questo livello di ricerca e messa in scena che non è mai modesto ma opera sempre su più livelli. Hitchcock viene ripreso anche per quanto riguarda i personaggi: abbiamo un protagonista, il professor Richard H. Thorndyke (Mel Brooks), dei cattivi resi ovviamente macchiettistici, il Dr. Montague (Harvey Korman) e l’infermiera Fratella Diesel (Cloris Leachman), la versione grottesca dell’infermiera Ratched di Qualcuno volò sul nido del cuculo, e per ultimo la bionda onnipresente qui interpretata da Madeline Kahn.
Per innamorarsi: Frankenstein Junior
Vero e proprio capolavoro di Mel Brooks, Frankenstein Junior non ha bisogno di presentazioni essendo a tutti gli effetti una delle migliori commedie di sempre. Con la sceneggiatura scritta da Gene Wilder (ormai fedele compagno) e Mel Brooks, il film esce nel 1974, lo stesso anno di Mezzogiorno e mezzo di fuoco, un grande anno per Brooks che realizza due tra i suoi più grandi successi.
Frankenstein Junior è la parodia del genere horror in generale, più nello specifico delle opere dedicate a Frankenstein al cinema e in letteratura: Frankenstein di James Whale del 1931 e il romanzo di Mary Shelley del 1818. Al centro la storia di Frederick Frankenstein (Gene Wilder), nipote del famoso dottor Victor von Frankenstein, che rifiuta ogni legame con il lavoro del nonno fino a che eredita la sua casa e il suo laboratorio in Transilvania e vi si reca scoprendo che i suoi esperimenti erano fondati su possibilità reali e si cimenta anch’egli nel dare vita a una creatura.
Tutto questo avviene con il supporto di meravigliosi comprimari, da Igor, un incredibile Marty Feldman, aiutante del nonno dalla gobba che si sposta misteriosamente, l’affascinante assistente Inga (Teri Garr) e l’oscura Frau Blücher (Cloris Leachman) che solo a nominarla suscita il nitrire spaventato dei cavalli. Tante sono le citazioni derivate da Frankenstein Junior, ormai entrato a far parte della cultura popolare, ma la grandezza del film si ritrova in una sceneggiatura divertente e che funziona a livello narrativo, una straordinaria caratterizzazione dei personaggi, una ricostruzione scenica perfetta e una fotografia che ricalca quella tipica del bianco e nero degli anni ’30.
La parodia viene qui applicata a tutti i livelli in una maniera intelligente, così che il comico può andare a toccare le zone più impreviste e assurde. Rispetto a Mezzogiorno e mezzo di fuoco Mel Brooks è più controllato, che non vuol dire frenato, ma consapevole della narrazione e della rivisitazione e riesce così a sferrare un altro attacco al potere e al moralismo borghese con maggior cognizione, in maniera più sottile e arguta.
Da riscoprire: L’ultima follia di Mel Brooks
Il titolo originale, Silent movie, è estremamente eloquente trattandosi sul serio di un film muto, ma Brooks come al solito da prova del suo grande genio, realizza un film muto ma fa anche una delle più grandi operazioni metacinematografche della sua carriera. Quello che vediamo in L’ultima follia di Mel Brooks è la realizzazione di un film muto, ma il film è già di per sé muto, giochi di incastri e rimandi basati sulla comicità tipica degli anni del muto, lo slapstick. Il film dura poco meno di un’ora e mezza e potrebbe spaventare oggi la completa assenza di dialogo, ma Mel Brooks non teme il fallimento e realizza il film nel 1976, dopo alcuni dei suoi grandi successi.
Mel Brooks compare per la prima volta nel ruolo di protagonista (prima aveva recitato solo delle piccole parti), un regista sul lastrico che vuole realizzare un film muto per rilanciare la sua carriera, per farlo deve arruolare una serie di star. Tutto qui, nient’altro, una serie di siparietti che si aprono e si chiudono e che coinvolgono tra gli altri, Paul Newman, Liza Minnelli, Anne Bancroft, Burt Reynolds e il mimo Marcel Marceau, proprio a lui il compito di pronunciare l’unica parola del film, dando vita a una delle gag più divertenti e geniali del film.
Ma come sempre in Mel Brooks abbiamo anche un secondo livello di lettura e questa volta la sua critica, non poi così celata, è indirizzata all’industria cinematografica, al suo strapotere, alla sua immobilità e alla sua avidità.
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