Interstellar, film del celebre e machiavellico regista anglo-americano Christopher Nolan, torna a far parlare di sé in vista dell’uscita di Oppenheimer. Il lungometraggio, approdato in sala ormai ben nove anni fa, è figlio dalla labirintica mente del cineasta di Inception (2010), The Prestige (2006), Dunkirk (2017), la trilogia del Cavaliere Oscuro e dell’ultimo ampiamente discusso Tenet (2020).
Interstellar è ormai a tutti gli effetti entrato nell’immaginario collettivo. Volenti o nolenti si è insediato nelle menti di noi cinefili, tanto che ormai è difficile rimuoverlo, come fosse un tarlo, come lo stesso Cobb (Leonardo DiCaprio) in Inception (2010) ci ricorda:
Qual è il parassita più resistente? […] Un’idea. Resistente, altamente contagiosa. Una volta che un’idea si è impossessata del cervello è quasi impossibile sradicarla. Un’idea pienamente formata, pienamente compresa, si avvinghia […]
Il cinema e i film fanno la medesima cosa: s’insidiano nelle nostre menti, popolano i nostri pensieri, forgiano e influenzano il nostro modo di vivere e di pensare. Chi non vorrebbe vivere dentro il proprio film preferito? Forse il danno maggiore sarebbe il perdersi, come se si entrasse in un buco nero, proprio come accade a Cooper (Matthew McConaughey) in Interstellar. Eppure, dentro a questo cult fantascientifico noi ancora continuiamo a volerci perdere. Perchè?
Interstellar, un’esperienza visiva (da grande schermo)
Thriller, azione, esistenzialismo sono solo alcuni aspetti che possono sollecitare la nostra attenzione ad una prima esperienza di fronte a Interstellar. Usciamo dalla visione interdetti da quanto appena visto, ma allo stesso tempo meravigliati dall’incredibile capacità di rendere maestoso il panorama, gli ambienti, lo spazio stesso. Il tutto accompagnato da quella che per alcuni rimane tutt’ora la migliore colonna sonora del maestro Hans Zimmer, orchestrata su toni profondi, semplici ma al contempo complessi, che conferiscono organicità al tutto. Insomma, sì, non abbiamo paura di dirlo: Interstellar è un’esperienza visiva, che va vissuta sul grande schermo quando possibile.
L’eterno ritorno dell’uguale
Sì, Interstellar è un film di fantascienza. Ma se si ha in mente la filmografia e il modus operandi del regista di Insomnia (2002) si è anche ben preparati alla necessità di scavare in profondità nei suoi film. Interstellar racchiude in sé il tema del viaggio dell’Eroe vogleriano portato su altri mondi, su altre galassie, dove la claustrofobia dello spazio, l’angoscia e la paura di non riuscire a completare la missione affidatagli dal mentore, il Dr. Brand (uno splendido Michael Caine), prendono man mano il sopravvento. La scelta tra il completare la missione e la volontà di tornare a casa dai propri figli diventerà un bivio sempre più dilaniante per l’astronauta Cooper.
Una tematica che da sempre è stata portata sullo schermo da Christopher Nolan è quella del ritorno. Nelle pellicole del regista sembra esserci sempre nei suoi personaggi un desiderio, quasi morboso per molti di loro, di voler ritornare dai propri cari. Tale ritorno fichtiano assume valenze differenti a seconda dell’opera che si sceglie di prendere in esame.
Ad esempio: in Interstellar vediamo Cooper compiere un viaggio interstellare per salvare i propri figli dal destino e da una sorte più crudele e tragica; in The Prestige Alfred Borden (Christian Bale) sarà disposto a qualsiasi cosa pur di evitare la forca e ritornare a riabbracciare la propria unica figlia; in Inception Cobb (Leonardo DiCaprio) si troverà ad organizzare un viaggio nel subconscio di un ricco imprenditore, con la promessa e la ricompensa che quest’ultimo farà in modo che egli possa tornare dai propri figli.
Tutti i personaggi sopracitati vogliono sì ambire alla catarsi finale, ma al contempo cercano di sfuggire al loro nemico più grande: il Tempo. Vero assoluto protagonista indiscusso della filmografia di Christopher Nolan. I vari personaggi scritti e ideati da Christopher Nolan, talvolta con l’aiuto del fratello sceneggiatore Jonathan Nolan, cercano di aggirare il tempo, di tornare indietro, di addentrarsi al suo interno, di controllarlo. Soltanto alla fine arrivano alla presa di consapevolezza che il loro essere passivi ad esso li rende più fragili, più umani, più vicini allo spettatore, capaci così di creare un ponte tra cinema e realtà.
In Interstellar il concetto di tempo agli sgoccioli è assillante, un monito non solo insito nella mente del suo protagonista, ma dell’intero genere umano. Sempre il personaggio interpretato da Michael Caine pone agli occhi di Cooper la fatidica verità, ossia che il destino dell’umanità non è quello di salvare la Terra, ma di abbandonarla. Questa condizione imminente mette il protagonista nella condizione di voler accettare la missione e d’imbarcarsi nella nave che lo porterà ai confini della galassia. Cooper e il suo equipaggio, tra cui non possiamo non nominare la figlia del Dr. Brand, Amelia (Anne Hathaway), vengono invitati non arrendersi mai, così come recita loro la celebre poesia di Dylan Thomas:
Non andartene docile in quella buona notte. I vecchi dovrebbero bruciare e delirare al serrarsi del giorno. Infuria. Infuriati contro il morire della luce. Benché i saggi sanno che alla fine la tenebra è giusta, perché dalle loro parole non diramarono fulmini, non se ne vanno docili in quella buona notte. Infuriati, Infuriati contro il morire della luce
L’inganno secondo Nolan
Christopher Nolan nei suoi film pone sempre alla fine delle proprie opere una sequenza volta a destare stupore, frustrazione, interrogativi nelle menti di noi spettatori. Così come i suoi personaggi vengono ingannati nel corso narrativo delle varie pellicole, anche noi diventiamo protagonisti destinati a perdersi in quei labirinti, apparentemente complessi, dove il filo d’Arianna che porta all’uscita passa per molteplici vie ingannevoli.
L’inganno finale che il regista sottopone al proprio pubblico serve a ricordarci che la storia appena narrata non si limita al tempo fisico trascorso sullo schermo, ma va oltre: ci accompagna mentre ci allontaniamo dal cinema, abita le più animate discussioni di tutti i critici e cinefili, quasi come fosse un gioco che il regista sceglie di fare con il suo pubblico.
Uno degli avvertimenti che racchiudono l’intera filosofia del regista risiede non tanto in Interstellar ma più in The Prestige. Il suo monologo iniziale invita lo spettatore a prestare maggiore attenzione, a guardare da vicino, anche se allo stesso tempo egli desidererà di essere ingannato.
In Interstellar siamo come Cooper: vere e proprie vittime degli eventi, per tutto il film abbiamo l’impressione di non avere un peso sull’andamento della trama, ma solo alla fine prendiamo consapevolezza che eravamo essenziali al suo svolgimento, pedine fondamentali del puzzle di cui, inconsapevolmente, facevamo parte. Come un orologio, dove anche il più piccolo degli ingranaggi riveste un ruolo fondamentale.
Così Cooper, che poco prima di scoprire l’anomalia gravitazionale che lo avrebbe condotto alla base segreta della NASA e successivamente ad affacciarsi alla realtà del viaggio interstellare, altro non era che un ex pilota-ingegnere ridotto a fare l’agricoltore. Poiché il mondo non ha più bisogno di piloti, ma di cibo: fonte primaria ormai destinata ad esaurirsi, come vogliono ricordarci all’inizio della pellicola.
Interstellar, la missione di Cooper
Una volta accettata da Cooper e da tutto l’equipaggio, la missione prevede un piano A e un piano B. Il piano A ha come obiettivo quello di trovare un pianeta abitabile attraversando un wormhole (un cunicolo spazio-temporale), comparso all’improvviso ai confini di Saturno – come se qualcuno volutamente l’avesse voluto piazzare lì -. Una volta attraversato il wormhole, i protagonisti dovranno andare ad indagare su tre pianeti precedentemente esplorati dalle antecedenti squadre di esplorazione, le quali hanno fornito dati promettenti sull’abitabilità del pianeta.
Qualora il piano A dovesse fallire, il piano B prevede di cercare un ulteriore pianeta ancor più distante, in anni luce, dalla Terra e formare una nuova colonia di essere umani. Quello che però l’equipaggio e Cooper non sanno è che il Dr. Brand li ha ingannati, facendo loro credere che esistesse un piano A. Questo è solo uno degli inganni con i quali sia Cooper che lo spettatore dovranno interfacciarsi. Di volta in volta Cooper avrà modo di scontrarsi con la natura più vera dell’essere umano, chiedendosi cosa sia disposto realmente ad affrontare pur di tornare a casa ed essere salvato.
Padre e figlia, l’amore che attraversa il tempo e lo spazio
Ciò a cui Cooper tiene di più sono i suoi figli, in particolar modo la sua figlia più piccola: Murphy, interpretata da MacKenzie Foy, Jessica Chastain e Ellen Burstyn. Cooper arriverà a comprendere che l’amore che prova per la figlia è tangibile, è tracciabile. Perché come ci ricorda Amelia, «l’amore è l’unica cosa che trascende tempo e spazio».
Interstellar, centralizzando la trama sul viaggio interstellare, basato sulle teorie del fisico teorico premio Nobel Kip Thorne, affronta e applica la teoria della relatività, esplicitandoci come il tempo possa rallentare in un punto e velocizzarsi in un altro. Per Cooper gli anni non sembrano passare, proprio perché egli viaggia sfruttando il tempo, mentre invece sulla Terra gli anni passano, eccome.
Non possiamo non citare la celebre sequenza in cui vediamo Cooper (in una splendida performance attoriale di Matthew McConaughey), reagire ai messaggi inviatogli dai figli sulla Endurance, la navicella spaziale che lo porterà ai confini della galassia. Lì egli si rende consapevole di quanto abbia dovuto rinunciare accettando la missione. Ha rinunciato al tempo con i propri figli, che ormai sono invecchiati e hanno messo su famiglia: il figlio Tom (Timothée Chalamet, Casey Affleck) è diventato un agricoltore, mentre Murphy ha intrapreso la strada della fisica teorica.
Cosa rimane di Interstellar?
Interstellar, ormai diventato un vero e proprio cult, è destinato a restare un nuovo punto di riferimento per il genere fantascientifico per tutti gli anni a venire, per intere nuove generazioni di registi e registe che vorranno intraprendere il loro personale viaggio interstellare nel mondo della Settima Arte.
Il film di Christopher Nolan assume la valenza di vero e proprio capolavoro, per la sua spettacolarità e per il modo in cui si è riusciti a conciliare autorialità e intrattenimento. Questa è forse la vera raffinatezza del regista di Memento (2000): aver saputo negli anni unire questi due aspetti, visti per alcuni come due linee parallele destinate a non incontrarsi mai.
Ciò che Interstellar pone allo spettatore è un interrogativo, più che un messaggio, una riflessione su ciò che saremmo disposti a fare pur di salvare chi amiamo veramente. Se «[…] un tempo per la meraviglia alzavamo al cielo lo sguardo sentendoci parte del firmamento, ora invece lo abbassiamo preoccupati di far parte del mare di fango».
Dobbiamo trovare quella forza per continuare a guardare davanti a noi, con fiducia e speranza, perché sebbene il tempo continui a scorrere, Interstellar ci continua a ricordare di dargli il giusto valore.
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Sapete in che cinema nei dintorni di Ravenna o Ferrara trasmetto interstellar?
Ciao Angelica, purtroppo c’è stato un cambiamento e il film non verrà ridato in sala. Tuttavia, dal 7 agosto dovrebbe tornare al cinema Dunkirk, mentre – per la prima volta in Italia – il 23 agosto arriverà al cinema Following, diretto anch’esso che Nolan. Perdona l’inconveniente. Buona giornata!
Ma non date informazioni inesatte, verificatele e correggetele, che “Interstellar” torna al cinema dal 31 luglio al 2 agosto non è vero, perché a Roma non è in programmazione in nessuna sala!
Ciao Paolo, solitamente non diamo informazioni inesatte, ma stavolta non ci hanno aggiornati del cambiamento. I film che verranno dati in sala dovrebbero essere – stando a quanto dichiarato finora – Following (23 agosto) e Dunkirk (7 agosto). Procediamo ad aggiornare il pezzo. Grazie per la segnalazione.
Interstellar è il mio film preferito, sulla scena dell’anomalia gravitazionale ci potrei scrivere un libro, ho fatto diversi post sulla mia pagina Instagram…per come si offra da modello a concetti fondamentali multidisciplinari. Inoltre in quella scena, strano ma in un certo senso vero, tra Cooper davanti e contemporaneamente dietro la libreria, c’è una dilatazione temporale associabile a quella nascosta nello sdoppiamento dell’uomo vitruviano nel disegno di Leonardo, in cui la distanza che separa i centri di quadrato e cerchio, rappresenta appunto, la dilatazione temporale tra l’uomo vitruviano e l’uomo panvitruviano…insomma nel disegno come lo conosciamo, il genio universale ha rappresentato la dilatazione temporale dell’immagine in cui l’uomo fa coincidere i centri di cielo e terra, in un unico centro gravitazionale. Immagine in cui l’uomo vitruviano, dopo 500 anni, si ritrova nella quarta dimensione di Einstein. Etc etc ..
Ci ho lavorato molto profondamente su tutto questo. Ma c’è ben altro in Interstellar…un qualcosa che è il prodotto della sovrapposizione con Inception…e la garanzia è data da un’impronta cosmica presente, in modo subliminale nel film.
Prima di renderla pubblica però dovrei parlare con Nolan…