Alzi la mano chi ama alla follia almeno uno dei tanti film di Steven Spielberg. In un’ipotetica stanza in cui siamo tutti presenti sarebbero poche le mani abbassate, e al massimo si tratterebbe di qualcuno che è distratto o addormentato. Spielberg è infatti, con molta probabilità, il cineasta che piace a tutti: grandi, piccini, donne, uomini, occidentali e non; la forza cinematografica pop e mainstream di Spielberg ha infatti riscritto molte pagine del cinema, inventandone altre.
Jurassic Park come sinonimo di Cinema
Se parliamo poi di Jurassic Park, entriamo a capofitto nell’analizzare uno dei suoi più grandi film, il quale, per antonomasia, è sinonimo di cinema stesso. Jurassic Park ha fatto nascere correnti nuove, tecniche rivoluzionare, ha portato sullo schermo i dinosauri in maniera realistica come se fossero animali di tutti i giorni (e in fondo era anche quello lo scopo del parco ideato dal mecenate John Hammond), in breve ha riconcepito l’intrattenimento del grande schermo; questo in un’era cinematografica, gli anni ’90, ormai influenzata dalle spettacolari messe in scene sci-fi di George Lucas con Star Wars.
Il destino volle che lo stesso Lucas lavorasse al film con la sua Lucasfilm, ma in realtà la lista di collaboratori è lunga. Per Jurassic Park a Hollywood si respirava infatti un’aria di frenesia: tutti volevano lavorare al film. La pellicola, scritta inizialmente in forma di romanzo da Michael Crichton, autore che poi sarà molto attivo nel genere fantascientifico, era litigata dalle major: Columbia Pictures, la Fox, la Warner Bros. – che tra le altre cose si presentò con Tim Burton – e ovviamente la Universal che propose proprio il nome di Spielberg.
Quest’ultimo, per ironia della sorte, stava finendo di registrare Hook, e allo stesso tempo aveva già adocchiato la sceneggiatura di Schindler’s list scritta dal futuro premio Oscar Steven Zaillian. In un qualche modo lo si convinse a rimandare le riprese di quest’ultimo, e dall’agosto 1992 le riprese di Jurassic Park iniziarono.
Perché Jurassic Park è un capolavoro anche nel 2022
Spielberg, come in ogni suo progetto, fu ambizioso ma allo stesso tempo si dimostrò un abile artigiano capace di giostrarsi sia sul set che al di fuori di esso, sfruttando le sue conoscenze nell’ambiente produttivo e permettendo così a Jurassic Park un’attenzione peculiare.
Riuscì a trovare molti artisti interessanti: il già citato George Lucas, che curò gli aspetti più importanti in postproduzione al posto dello stesso Spielberg, impegnato in Polonia sul set di Schindler’s list; chiamò John Williams per comporre la famosissima e ormai iconica colonna sonora (già famoso per Star Wars, Lo squalo, E.T., Mamma ho perso l’aereo, e poi sul finire degli anni ’90 ovviamente per Harry Potter); e poi la stessa Industrial Light & Magic risolse l’annosa questione dell’animazioni dei dinosauri.
Quest’ultimi sono uno dei punti più importanti di Jurassic Park, la loro realizzazione fu molto dibattuta. Si trovò il modo animandoli sia in CGI – decretando Jurassic Park come il primo film a utilizzare un così massiccio uso di computer grafica, ancora ai suoi albori – sia utilizzando degli animatronic, specialmente per i T-rex. Ciò rende il film esteticamente intrigante, da una parte ingannevole per la realisticità degli animatronic giganti e dall’altra per la incredibile accuratezza della CGI che, anche ai giorni nostri, nonostante un leggero invecchiamento della pellicola, regge bene il confronto con opere contemporanee completamente eseguite in computer grafica (si vedano proprio i nuovi capitoli della saga Jurassic World, o i blockbuster del MCU).
La scelta di usare la tecnica mista è praticamente obbligata, questo perché Jurassic Park si trova in un’epoca di mezzo: giustappunto tra gli anni ’90 e gli inizi degli anni 2000 si segna il confine tra l’era del cinema artigianale, fatto con gli animatronic e gli effetti diegetici, e il cinema contemporaneo digitale, dove la CGI ha sostituito quasi interamente la tecnica classica. Come in ogni film di mezzo, la magia del cinema si accende con quell’artigianalità tipica alla quale l’occhio dello spettatore del 2022 non è più abituato; se poi unita al futuristico digitale, si raggiunge quell’effetto che letteralmente riporta in vita animali estinti milioni di anni fa.
La minaccia incombente del Jurassic Park: oggi come ieri
Jurassic Park è infatti un sogno ad occhi aperti: è tecnicismo ben calibrato, sperimentale e classico allo stesso tempo, è incanto e magia del cinema; ma è anche scienza, e riflessione intrinseca sulle moralità con cui si svolge la stessa: quanto può spingersi l’essere umano nella clonazione? Quanto può far paura saper controllare la vita e la morte, cioè il ciclo esistenziale e biologico che l’Universo ci ha donato? Proprio Jurassic Park, con la sua aura di adrenalina perenne che aleggia nel parco e nelle emozioni dei personaggi, dialoga sulle milioni capacità che l’umanità possiede in campo scientifico e che, proprio nel periodo post-Cernobyl, venivano messe in discussione fino ad arrivare a oggi, quando non hanno avuto ancora una piena risposta pacificatoria.
L’essenza del Jurassic Park sta proprio in questo: i tonfi cadenzati che segnalano l’avvicinamento del Tirannosauro fanno paura non di per sé, ma perché sono una minaccia incombente e inevitabile, sono l’avviso concreto che il parco segna l’ultima spiaggia della ragione umana prima dell’inevitabile disastro.
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