Kiseiju – La zona grigia, serie spinoff del manga di Hitoshi Iwaaki, è disponibile su Netflix dal 5 aprile ed è composta da sei episodi dalla durata piuttosto breve: tutti scritti e diretti da Yeon Sang-ho, noto per aver diretto nel 2016 Train to Busan e nel 2020 Peninsula, il suo prosieguo.
La sua trama lasciava pensare a un prodotto vicino all’horror, prima impressione che anche il trailer sembrava confermare: si tratta, in realtà, di una serie action che mette i brividi in pochi isolati passaggi, da cui i fan dell’horror resteranno probabilmente delusi pur riuscendo ad apprezzarne le chicche stilistiche. Più entusiasta potrebbe essere la reazione dei non amanti nello scoprire che una serie True crime spaventa di più.
Kiseiju – La zona grigia, un’altra invasione aliena con stile
La trama di Kiseiju – La zona grigia è trita e ritrita, non per questo meno interessante di quella di molti altri prodotti simili; meno incisiva però sì, per forza di cose. Gli alieni vogliono invadere la Terra ancora una volta e impossessarsi dei corpi degli esseri umani dall’interno: stavolta non si tratta dei soliti extraterrestri ma di parassiti caduti dal cielo in forma di larve, capaci di penetrare nel cervello dell’ospite e divorarne in pochi secondi ogni briciola di umanità.
Al termine del processo il corpo umano rimane intatto; la sua testa può invece passare, al bisogno, dalla sua forma canonica a quella di un essere indefinito, le cui capacità sorprendenti variano a seconda dello specifico parassita. Tratto comune per tutti è l’impiego di una sottospecie di tentacoli come armi, e di una sorprendente razionalità per tessere le più intricate delle trame velocizzando così la colonizzazione delle metropoli.
I parassiti di Kiseiju – La zona grigia non brillano più di tanti altri mostri del teleschermo, ma compiono un passo dopo l’altro pazientemente e con intelligenza: ciò le rende creature che vale la pena esplorare e la serie una di quelle per cui si è disposti ad andare in fondo, vista anche la brevità della stagione in sé. E a dir poco affascinante è la capacità degli invasori di giocare con le debolezze delle loro prede, a cominciare da chi, in mezzo a loro, detiene il potere e che costituisce, in un ipotetico domino, la prima di milioni di tessere pronte a cadere.
Anche la cara vecchia dinamica Dr Jekyll e Mr Hyde non si può negare abbia un che di interessante, soprattutto perchè in Kiseiju – La zona grigia la si può vedere in un’inedita versione al femminile non troppo distante, almeno in teoria, dal Venom con protagonista Tom Hardy. Nella serie di Yeon Sang-ho è un po’ più drammatica, senza tutto quel nero, senza comicità forzata né teatrali conflitti per decidere chi dei due esseri debba prevaricare. Quello tra Heidi e Jeong Su-in è un rapporto decisamente più bilanciato, costruito sui concetti di solitudine e compensazione.
Kiseiju – La zona grigia, i motivi del disappunto
Come al solito non è tutto oro quel che luccica; nel caso di Kiseiju – La zona grigia effetti speciali a tratti visibili ma piuttosto appealing, ambientazioni tetre e ombre di apocalissi: ciò che di solito risalta, insomma, nei prodotti che accennano all’arrivo sospetto di extraterrestri. Ma il problema diventa cristallino leggendo il copione.
La serie fa ciò che deve fare per diventare un prodotto mainstream, senza sforzarsi per dividere pareri o incitare al dibattito: questo in quanto buon prodotto dai contenuti passepartout, in cui muore chi deve morire, si redime chi deve redimersi; sopravvive il minimo necessario del cast per garantire una seconda stagione con le stesse vibes, preannunciata da un palese riferimento al manga che dovrebbe portare il pubblico allo stupore.
Anche la tendenza al pietismo in Kiseiju – La zona grigia è evidente, e per giunta utile solo a riempire il copione. Come se non macchiasse abbastanza uno spiegone ogni venti minuti, la serie vanta una protagonista piuttosto passiva la cui triste storia dovrebbe unicamente far dispiacere: peccato che il pubblico ne abbia viste già tante in TV come Jeong Su-in, e che sia alla ricerca di personaggi con alle spalle un accenno di unicità, invece della backstory di un personaggio sudcoreano su tre.
Kiseiju – La zona grigia non è certo un prodotto da buttare via, ma neanche da inserire di corsa nella watchlist. Causa di questa generale insoddisfazione una sceneggiatura mal strutturata ed eccessivamente convenzionale, e l’incapacità di scorgervi la minima traccia di innovazione se non nell’estetica, valevole ma scontata oggigiorno per le serie Netflix. Magari la prossima invasione aliena saprà spaventare come si deve, per lo meno inquietare quanto basta a tenerci svegli.
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