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La caduta della casa degli Usher, il successo è un mostro ineluttabile

La caduta della casa degli Usher, il successo è un mostro ineluttabile

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7 minuti di lettura

Dopo The Haunting of Hill House e The Haunting of Bly Manor, Midnight Mass e Midnight Club, la duratura e fruttuosa collaborazione tra Mike Flanagan e Netflix si conclude con La caduta della casa degli Usher, disponibile sulla piattaforma streaming dal 12 Ottobre. Un cast ricchissimo, composto su tutti da Carla Gugino, Bruce Greenwood, Mary McDonnell, Carl Lumbly e Mark Hamill, dà vita a un adattamento dell’omonimo racconto del terrore di Edgar Allan Poe, rivisitato liberamente da Flanagan nel suo intreccio ma estremamente fedele alle atmosfere gotiche dello scrittore e citazionistico nei confronti della sua letteratura. 

La caduta della casa degli Usher si sviluppa in otto episodi, sette dei quali tratti a loro volta da altrettanti racconti di Poe: La maschera della morte rossa, I delitti della Rue Morgue, Il gatto nero, Il cuore rivelatore, Lo scarabeo d’oro, Il pozzo e il pendolo e Il corvo. Mai come in questo caso Mike Flanagan affonda le radici del proprio racconto nella realtà, tra temi di attualità e un’ossessione per il successo che instilla all’interno di una tragedia familiare, in una perfetta chiusura di un cerchio lungo sei anni. 

La caduta della casa degli Usher, il crollo di un impero

Roderick Uusher e Auguste Dupin ne La caduta della casa degli Usher

Quella degli Usher è una famiglia che ha fatto il proprio successo grazie a un vero e proprio impero farmacologico, costruito sulla bianca polvere del Licodone, un (fittizio) antidolorifico oppioide, creato con la promessa di non dare assuefazione – uno spunto di trama che ricorda quello di Dopesick – ma La caduta della casa degli Usher non è tratto ispirato a una storia vera. Roderick Usher è il patriarca della famiglia, l’inventore del Licodone e il CEO della Fortunato Pharmaceuticals, e sono già alcuni decenni che il procuratore Auguste Dupin cerca di fare giustizia per tutte quelle vittime che pesano sulla coscienza dell’uomo e della sorella Madeline

La famiglia Usher sta affrontando quindi l’ennesimo processo. Dupin questa volta è riuscito a mettere i figli di Roderick, ormai anziano e allucinato dalla demenza vascolare, uno contro l’altro, svelando di poter contare su un ignoto informatore interno, quando improvvisamente, quest’ultimi iniziano a morire uno dopo l’altro in circostanze misteriose e brutali. Roderick, perseguitato dagli spiriti dei propri figli, decide quindi di svelare a Dupin le circostanze in cui sono stati uccisi. Per farlo sarà costretto a fare un tuffo nel suo passato, ricordando un inquietante accordo preso molti anni prima con Verna, una misteriosa donna la cui scure sembra abbattersi adesso sulla famiglia.

La caduta della casa degli Usher, tra passato e presente

Un'immagine di Verna ne La caduta della casa degli Usher

Mike Flanagan costruisce l’intreccio de La caduta della casa degli Usher su tre livelli narrativi. Nel presente Roderick Usher si trova nella fatiscente casa in cui è cresciuto insieme alla sorella e alla madre, tormentato dai sensi di colpa dopo la morte dei figli e dalle allucinazioni che annebbiano la sua mente. 

Con lui c’è appunto Auguste Dupin, e tutto ciò che vediamo sullo schermo è il racconto del passato di Roderick, un vero e proprio puzzle che pezzo dopo pezzo delinea i lineamenti di quella caduta che dà il titolo alla Serie TV. Quello più recente, in cui vengono chiarite le efferate dinamiche in cui i sei figli sono stati uccisi, ma soprattutto quello più remoto, in cui ci viene mostrata la scalata al successo di Roderick e Madeline, i crimini di cui si sono macchiati e l’incontro con Verna, chiave di volta nella loro esistenza. 

È lei che ha saziato la loro sete di potere. Lei che è un essere proteiforme. È la Morte, mascherata e vestita di rosso, ineluttabile, con la falce insanguinata. È il fato e l’opportunità, una diade mefistofelica. Fin dove si è disposti a spingersi per il successo? Ogni promessa è debito, è gli Usher la dovranno pagare col sangue.

L’orrore è dentro di noi

Bruce Greenwood è Roderick Usher ne La caduta della casa degli Usher

Dopo The Haunting of Hill House e The Haunting of Bly Manor, Mike Flanagan torna con La caduta della casa degli Usher a mettere la famiglia al centro della propria narrazione. Quella degli Usher è chiaramente disfunzionale, prostrata ai piedi di Roderick nella speranza di compiacerlo, devota al dio denaro. Il regista contrappone così la straordinaria ricchezza della famiglia, l’opulenza delle loro vite, con la povertà interiore e la condotta immorale. Roderick rappresenta così l’accentramento dei vizi e di quei peccati di cui gli Usher si sono macchiati, subendo per contrappasso quell’atroce sofferenza causata a migliaia di persone.

Come abbiamo accennato precedentemente, Flanagan relega il soprannaturale alle allucinate visioni dell’uomo, ancorando il proprio racconto alla realtà. Gli unici scheletri sono quelli nell’armadio. I fantasmi, invece, quelli del passato. L’orrore è reale, e si insinua tra le pieghe degli straordinari dialoghi, messi in scena con una potenza disarmante, che rivelano i subdoli giochi di potere, le lordure della famiglia Usher e la loro malata ossessione per il successo. L’oscurità è quella dell’animo umano, e non la si può nascondere, sotto qualche metro di terra o un muro di mattoni, perché il passato tornerà sempre a tormentarci, come un mostro ineluttabile.


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Sono Filippo, ho 22 anni e la mia passione per il cinema inizia in tenera età, quando divorando le videocassette de Il Re Leone, Jurassic Park e Spider-Man 2, ho compreso quanto quelle immagini che scorrevano sullo schermo, sapessero scaldarmi il cuore, donandomi, in termini di emozioni, qualcosa che pensavo fosse irraggiungibile. Si dice che le prime volte siano indimenticabili. La mia al Festival di Venezia lo è stata sicuramente, perché è da quel momento che, finalmente, mi sento vivo.

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