I piccoli gesti di gentilezza di qualcuno possono involontariamente modificare in meglio il modo di vivere di un’altra persona? Secondo Raffaele Grasso, sì, anzi è una possibilità concreta che allieta per quanto è facile da raggiungere.
La Carezza racconta proprio di questo, di un uomo che muta il suo modo di vedere le cose in seguito all’aver assistito a un gesto di grandissimo amore, un gesto intimo che non voleva in nessun modo avere questo scopo. È la storia di Cesare (Gabriel Montesi), da poco assunto come guardiano di un cimitero. Incontra Mario, anziano uomo ben vestito, che intende entrare nel cimitero nonostante sia chiuso.
Solo un atto di gentilezza
Mario convince Cesare tramite un’umile corruzione, si reca ad una tomba e inizia a suonare il clarinetto.La sua è un’attività quotidiana, un appuntamento a cui non può mancare. Cesare lo spia e capisce qualcosa: che sia l’amore perduto di Mario, che sia la bellezza del gesto, che sia la gentilezza dell’anziano nel suo gesto, Cesare verrà scosso dall’avvenimento.
Non sappiamo molto altro di questi personaggi, se non che il ripensamento di Cesare gli permetterà di avere una carezza in più. Le loro vite continueranno, lo spettatore ha avuto il permesso di vedere un piccolissimo momento delle esistenze di queste persone. Tuttavia, il momento dà origine a qualcosa che non vediamo sbocciare ma solo esser seminato, è un cambiamento in procinto, a malapena in atto.
Gabriel Montesi in La Carezza
Gabriel Montesi, che recita nella parte di Cesare, usa molto il suo volto: un viso da bonario e grezzo ragazzo di periferia dona vita al personaggio; sfrutta sottili espressioni facciali per mostrarci i cambiamenti piccoli e silenziosi dentro all’animo di Cesare. Un attore, Montesi, dalle spiccate abilità, capace di navigare nelle sfumature di grigio. Lo dimostra qui in La Carezza ancora una volta, anche se non avrebbe nessun bisogno di dimostrarlo, soprattutto dopo film del calibro di Il Primo Re, Favolacce, Esterno Notte, e in generale, una filmografia che lo rende uno degli attori più interessanti del panorama italiano degli ultimi 10 anni.
Il regista, Raffaele Grasso, lavora con consapevolezza. In La Carezza, nulla è lasciato a sé, nulla rimane isolato, tutto torna. Le inquadrature, per esempio, sono meticolose nella loro naturalezza, pulite e chiare, capaci di spiegarsi da sole. L’immagine racconta, non le parole (che anzi sono assai poche nel cortometraggio). Musica e silenzio sono il motore del cambiamento, un motore alimentato dall’osservare e dallo spiare.
Lo sguardo e il suo potere al cinema
Si legge spesso che ogni volta che in un film c’è una scena in cui lo sguardo è centrale, soprattutto se si parla di spiare, lo spettatore deve stare particolarmente attento. Si legge spesso, e si è scritto ancor più spesso, che il metacinematografico sia presente in ogni film, involontariamente o meno. Ebbene, La Carezza una lettura di questo tipo pare non essere azzardata. Un osservatore guarda la vita di un altro, senza interagire con lui. Ciò che vedrà darà inizio a un mutamento profondo. La scena richiede allo spettatore un grandissimo atto di fiducia, verso la forza del gesto del solo guardare, verso la potenza del cinema.
Se Cesare ha avuto un cambiamento così intimo semplicemente osservando uno spiraglio della vita di un uomo, allora un mezzo come il cinema, che permette di poter guardare di tutto, può fare tantissimo. Per queste interessanti suggestioni Raffaele Grasso si dimostra un regista da tenere ben sott’occhio, come già il suo curriculum dimostra: ha lavorato come assistente di regia per Esterno Notte e M – Il figlio del secolo, e attualmente opera sul set di Here Now di Muccino.
Con La Carezza, si rivela un autore molto interessante, con prospettive artistiche stimolanti. Riflette con grande chiarezza sul suo mezzo; saper spiegare in modo così semplice, ma non semplicistico o banale, delle riflessioni di questo tipo è una dimostrazione di grande consapevolezza e capacità.
Cortometraggio recensito in collaborazione con Milan Shorts Film Festival.
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