Dopo 4 anni dall’uscita di La Forma dell’Acqua (The Shape of Water), il regista messicano Guillermo Del Toro torna al cinema con il suo nuovo film La Fiera delle Illusioni – Nightmare Alley. Il film è il secondo adattamento del romanzo omonimo di William Lindsay Gresham, già trasposto al cinema nel 1947 da Edmund Goulding. Anche se Del Toro apporta alcuni cambiamenti alla trama originale, per rendere il prodotto più appetibile ad un pubblico moderno, il film non convince del tutto, nonostante sia visivamente impressionante e coinvolgente dal punto di vista della fotografia e della messa in scena, di cui Del Toro è da sempre maestro.
Il film ha ottenuto quattro candidature ai Premi Oscar 2022, tra le quali Miglior film e Migliori costumi.
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Un’illusione che non convince
Quella di La fiera delle Illusioni – Nightmare Alley è una classica storia americana di avidità e slealtà, che dipinge un mondo cupo fatto di crudeltà e arrivismo, di personaggi cattivi ed egoisti, che non lascia molto spazio alla speranza o all’umanità. Il protagonista Stanton Carlisle (Bradley Cooper) è artefice del suo stesso destino, che non può che finire in disgrazia e tragedia a causa delle sue azioni, destino che gli è stato anche predetto molte volte dai tarocchi della sua mentore Zeena (Toni Collette). Carlisle infatti usa le bugie e gli inganni per creare prima la sua carriera di mentalista insieme all’ingenua moglie Molly (Rooney Mara), unica figura umana in tutto il film, poi quella di medium insieme alla psicologa Lilith (la femme fatale per eccellenza Cate Blanchett), tanto manipolatrice quanto Carlisle, con cui inevitabilmente inizierà una tresca.
Proprio per i temi trattati dal libro originale, La fiera delle Illusioni – Nightmare Alley di Del Toro non può fare a meno di suonare estremamente familiare e datata ad uno spettatore odierno, che ha già visto una storia molto simile in innumerevoli film e racconti. Proprio a causa di questi temi umani e universali, La fiera delle Illusioni – Nightmare Alley non riesce a coinvolgere totalmente la sua audience, che continua ad aspettare un colpo di scena o un elemento sovrannaturale, visto lo stile immancabilmente grottesco del regista, o qualsiasi altro tipo di sorpresa.
Invece tutto questo non arriva, per il meglio e per il peggio: la storia di La fiera delle Illusioni – Nightmare Alley non si può stravolgere con del fantasy o dell’horror becero, poiché l’horror è insito nell’animo cupo e crudele degli esseri umani, gli unici veri mostri del film. Anche questo ovviamente è un messaggio scontato e banale, già rivisitato in quasi tutte le opere di Del Toro, e La fiera delle Illusioni – Nightmare Alley non è da meno.
In più, la recitazione sopra le righe e straniante di Cate Blanchett stona non poco con quelle di Bradley Cooper e di Rooney Mara, decisamente sottotono. La fiera delle Illusioni – Nightmare Alley è certo un omaggio al noir, ma sembra che solo Lilith faccia parte di questa ambientazione filmica, mentre tutti gli altri sembrano quasi appartenere ad un altro film.
La fiera delle Illusioni – Nightmare Alley è uno spettacolo per gli occhi
Al di là di tutte queste imperfezioni però La fiera delle Illusioni – Nightmare Alleyare Alley ha un grande merito: quello di riuscire a stupire e lasciare a bocca aperta. Non certo per la trama, ma per la perfetta messa in scena della fotografia e delle scenografie, specialmente nella parte iniziale ambientata nel circo. La fotografia è diretta da Dan Laustsen in stato di grazia, già collaboratore di Del Toro in Crimson Peak e La Forma dell’Acqua, per cui ha vinto diversi premi. Inoltre il film ci regala un sapiente uso di luci e ombre, sicuramente in omaggio all’eredità noir della storia, dovuta al film del 1947. Infatti Del Toro ha realizzato anche una versione in bianco e nero di La fiera delle Illusioni – Nightmare Alley, sottotitolata Vision in Darkness and Light, che al momento sta facendo il giro delle sale in America.
Se Del Toro non è riuscito a raggiungere l’abilità di stupire attraverso la storia e i personaggi, ci riesce invece con i giochi di luci e ombre, di colori e oscurità, attraverso un senso di grandezza ed epicità, raggiunto grazie al formato widescreen, che regala un ampio respiro alle inquadrature e quel senso di grandezza che fa sentire piccolo lo spettatore, e che gli permette di essere totalmente immerso nel mondo di La fiera delle Illusioni – Nightmare Alley.
Anche le scenografie contribuiscono a creare questo senso di stupore e grandiosità: sicuramente nelle scene ambientate nel circo, in cui Del Toro può sbizzarrirsi creando enormi facce meccaniche di demoni, o inquietanti feti collezionati in vasi sottolio, come Enoch, che ha in fronte un terzo occhio che osserva tutto, una sorta di testimone delle colpe di Carlisle, che però non viene mai approfondito e non sembra avere poi così importanza nel resto della trama.
Del Toro riporta nei cinema la grandiosa spettacolarità che sembra ormai dimenticata da Hollywood, che anche nei suoi blockbuster più ambiziosi e fantasiosi non riesce mai a raggiungere il livello di stupore che realizza invece Del Toro con una storia assolutamente umana, senza alcun elemento fantascientifico o effetti speciali. Si può dire che Del Toro abbia riportato la magia originale del cinema nel nuovo decennio.
Un confronto con Nightmare Alley del 1947
Come già detto, non è la prima volta che il libro di Gresham viene trasposto al cinema: il romanzo del 1946 venne adattato solo un anno dopo in un film noir con Tyrone Power, Joan Blondell, Coleen Gray e Helen Walker. Il film di Goulding è senza dubbio molto più fedele al romanzo, attenendosi alla psicologia dei personaggi e allo svolgimento della trama, a parte nel finale, che opta per un happy ending decisamente forzato e stonato, probabilmente voluto dal regista per rendere il film più commerciale.
In effetti il finale non subisce cambiamenti nel film di Del Toro, che vuole invece lasciare l’amaro in bocca allo spettatore, testimone del destino tragico e senza speranza di Stanton. Del Toro però, insieme alla sceneggiatrice Kim Morgan, fa delle aggiunte al passato di Carlisle che non figurano nel film originale: la primissima inquadratura del film ci mostra Stanton che trascina un cadavere in una fossa in casa sua, per poi dargli fuoco, bruciando anche la casa. È chiaro sin da subito che si tratta di un personaggio tormentato e dalla coscienza sporca, che porta con sé una certa oscurità.
In aggiunta a questo i due sceneggiatori aggiungono anche un rapporto con il padre complicato, che andrebbe a suggerire una psiche danneggiata e un trauma irrisolto, che vanno (in teoria) ad arricchire l’introspezione psicologica del protagonista. Peccato però che questo gioco di rapporti tormentati con i genitori viene applicato anche a Lilith, rendendo questa operazione di caratterizzazione superflua e inutile, poiché non aggiunge assolutamente niente di nuovo ai due personaggi che non si potesse già cogliere prima.
Del Toro voleva forse aggiungere questi dettagli per rendere più moderni e appetibili i personaggi di Nightmare Alley, che sono però degli archetipi che sono già stati riproposti in mille salse in tantissime altre opere. Arricchire un archetipo non è quasi mai un’operazione facile, e la maggior parte delle volte risulta superflua.
Ma nonostante i suoi numerosi difetti, La fiera delle Illusioni – Nightmare Alley di Guillermo Del Toro vale la pena di essere visto, sicuramente al cinema, per rivivere quel senso di meraviglia e stupore che il cinema di adesso sembra avere irrecuperabilmente perso.
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