Gli esordi cinematografici hanno spesso una loro energia, se così si può chiamare. Una sensazione di nuovo ma molto legato ad altro, in cui si vuole sperimentare ma con un certo timore di osare troppo. In sala dal 5 ottobre, La fortuna è in un altro biscotto si inserisce proprio in questo filone, nel suo essere una narrazione interessante sotto forma di commedia grottesca, con una critica sociale dichiarata.
La fortuna è in un altro biscotto, un’opera nuova dalle modalità chiare
La fortuna è in un altro biscotto è infatti il primo lungometraggio di Marco Placanica – prodotto e distribuito da Ahora! Film -, regista ligure che dona al pubblico un inizio interessante e sicuramente intrigante, anche se non molto affilato. Una commedia grottesca appunto, con vari personaggi che si intrecciano in una fittizia città marina. Leo (Manuel Zicarelli) è il protagonista, porta avanti l’attività paterna gestendo un negozio di antiquariato. Ma è invischiato in traffici illegali con il boss Tonino Paffone (Enzo Paci). A sua volta questo deve gestire altri problemi: la figlia Virginia è rimasta incinta del figlio di Manfredo Collini (Fabrizio Contri), un ricco magnate che controlla il porto.
Le vicende di tutti questi personaggi si legano in un contesto molto alla Guy Ritchie, tra pianificazioni esagerate e colpi di scena, tutto con un continuo passaggio dal comico, al dramma e al noir e con un gusto poetico assolutamente non mascherato.
Forse proprio nella delineazione dei personaggi, più che nella loro caratterizzazione, La fortuna è in un altro biscotto rivela le sue mancanze, sebbene alcuni di loro siano molto interessanti. Leo su tutti, il quale regge e porta avanti il film dando prova di grande capacità. Ma altri personaggi risultano solo un’accozzaglia di battute, in particolare i due ragazzi giovani e nello specifico Virginia, che per buona parte dell’opera afferma solo battute piene di frasi fatte, insulti e esclamazioni, accomunate solo dall’uso di un gran numero di parolacce. Tutto questo impedisce alla narrazione di decollare in modo ottimale, continuando a seguire un andamento tra picchi e cadute.
Ma i picchi de La fortuna è in un altro biscotto sono sicuramente entusiasmanti. Marco Placanica ha una mano molto capace e interessante, con intuizioni che sorprendono. Soprattutto nella messa in scena e nel posizionamento della macchina da presa, che concedono momenti che stupiscono, sia nei campi lunghi che nei primi piani. Esempi sono le numerose inquadrature dall’alto, fra cui una che fa da attacco al film, indubbiamente degna di nota.
Tra buoni spunti e sbavature
La fortuna è in un altro biscotto non è un’opera non riuscita però, nel suo essere una narrazione che cerca continuamente qualcosa, che sia il riso, l’intrigo o la critica sociale. Infatti la critica c’è. Sia in maniera implicita, con le storie di personaggi che sono gli ultimi di quella società, ognuno con qualcosa che li costringe a compiere atti illeciti. Sia in modi più espliciti, come attraverso il personaggio del magnate del porto, il quale viene rappresentato come una sorta di mini Berlusconi in salsa noir, con una certa forma macchiettistica del ricco imprenditore che controlla tutto: dall’economico, al politico fino alla sua famiglia.
Ma forse il suo essere macchiettistico non funziona bene, mostrando il difetto più grande di questa narrazione. Molti dei personaggi de La fortuna è in un altro biscotto incarnano troppo lo stereotipo, la maschera che sono. Come la figlia di Paffone sopra descritta, ma anche Paffone stesso, che ha sicuramente una caratterizzazione interessante ma che poteva essere approfondito di più.
Questo però rende altri personaggi, che non ricadono nella maniera di loro stessi, molto più interessanti. Leo e sua sorella sono esemplificativi di ciò: sfaccettati e legati tra di loro da un legame di odio e amore, basato sul non fidarsi ma sul volersi bene comunque, in qualche modo. Leo è un giovane adulto che si scopre pian piano, che cresce pian piano, che cambia e che è pronto a provarci fino alla fine, ogni volta, pur di non rinunciare a ciò che tiene.
La fortuna è in un altro biscotto è un esordio che sa di esordio
La fortuna è in un altro biscotto non è quel film d’esordio che avrà grande successo di pubblico, ma sicuramente è un successo di un autore che inizia con qualcosa di audace e che pecca perché non si vuole sedere su qualcosa di facile. È da riconoscere questo coraggio, se non con un grande successo almeno con l’affetto che quest’opera non riesce a non dare, ovvero una certa voglia di cinema, di fare cinema e di raccontare la propria storia.
Poi nulla è deciso fin dall’inizio. Bisogna sperare che il desiderio di questo regista di raccontare aumenti e venga finanziato, con nuove storie che permettano di affinare una capacità già elevata, ma che se migliorata può regalare grandissimi film.
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