Il 15 febbraio è uscita su Netflix la serie La legge di Lidia Poët, che vede come protagonista una bravissima Matilda de Angelis nei panni della prima avvocatessa italiana. È ambientata nella Torino del 1883 e oltre a raccontare la storia personale di Lidia Poët, la serie presenta anche un caso giudiziario in ciascun episodio che lei sarà chiamata a risolvere.
La legge di Lidia Poët: la ricetta di Netflix per parlare al pubblico italiano
Molte domande sorgono guardando questa serie: si usava davvero così tanto la parola ca**o nel linguaggio comune, soprattutto dell’alta borghesia? Qualcuno ha contato quanti vestiti si cambia Matilda de Angelis? In Italia nel 2023 è possibile che una serie tv abbia successo anche se non tratta temi come la parità di genere, la criminalità e l’emancipazione femminile? A quest’ultima domanda è difficile rispondere, ma è certo che sia parte dell’attuale ricetta per la via del successo. E quest’ultimo non tarda ad arrivare, dato che in un paio di giorni La legge di Lidia Poët è già al secondo posto nella Top 10 Italia di Netflix (e comunque se non fosse uscito Mare Fuori la settimana precedente, la nostra Lidia Poët sarebbe stata in pole position).
La Legge di Lidia Poët innova il genere crime
Il duetto Matteo Rovere e Groenlandia Film, già in collaborazione per la serie Romulus, si riconferma efficace per creare serie period con ricostruzioni storiche incantevoli, fedeli per quanto riguarda l’ambientazione e i temi di discussione dell’epoca, in questo caso i diritti delle donne, l’anarchia e anche lo spiritismo, che si inserisce perfettamente nella venatura esoterica di Torino. Per l’atmosfera ben riuscita, sembra di stare in un collage di quadri dell’Ottocento, a partire da una messa in scena alla maniera di Degas nel primo episodio.
Un po’ stanca, invece, la componente procedural, ovvero quella dei casi da risolvere in ogni puntata: infatti [spoiler alert] a lungo andare è abbastanza scontato che il colpevole sia in realtà innocente, togliendo suspense e coinvolgimento nella narrazione. La serie è comunque frizzante e ha un buon ritmo, è leggera ma fa riflettere e la trama è scorrevole. Seguendo la scia tracciata da Circeo, La legge di Lidia Poët ha portato un tocco innovativo nel genere crime italiano, ovvero l’essere ambientata in un periodo storico del passato, che in questo caso è abbastanza lontano da essere diverso, ma abbastanza recente da avere punti di contatto con la nostra epoca.
Lidia Poët: una donna contemporanea a tutti gli effetti
Ci si affeziona subito al personaggio di Lidia e il motivo risiede nella sua spiccata modernità, talvolta forse eccessiva, immersa in un contesto che rende evidente la sua “diversità”, cioè la sua indole visionaria e l’anticipazione degli ideali contemporanei, rispetto ai canoni di comportamento della donna ottocentesca.
È interessante che i principali tre uomini che le gravitano intorno, cioè il fratello Enrico (Pier Luigi Pasino), Jacopo (Edoardo Scarpetta) e Andrea (Dario Aita) siano in linea con il suo pensiero (nonostante il fratello sia inizialmente titubante), ma stupisce il fatto che gli ultimi due citati, cioè i suoi amanti, non cerchino minimamente di inquadrare Lidia nelle norme della donna dell’epoca nell’ambito delle relazioni.
L’Italia è un paese moderno, ma non troppo
Questa liaison di ideali del passato e contemporanei risulta molto efficace a livello di godibilità della serie, perché avvicina i personaggi, tra l’altro tutti ben caratterizzati e sfumati in modo tale da essere riconoscibili, alla nostra sensibilità del ventunesimo secolo. Inoltre, mette in luce come il dibattito che si agitava un secolo e mezzo fa ha certamente fatto progressi, ma sia ancora più che mai attuale: una parte della nostra società, infatti, come ben sappiamo si fa ancora portatrice inconsciamente di concezioni sulla parità di genere e sulla libertà femminile che ad oggi sono certamente scorrette e aumentano la disparità fra uomini e donne. Si tratta tuttavia di ideali, comportamenti e ansie spesso inconsci e interiorizzati, difficili in primis da notare e conseguentemente scardinare.
Purtroppo la vera Lidia Poët è diventata avvocatessa solo all’età di 65 anni, ma il suo contributo alla storia contemporanea è stato di fondamentale importanza. La legge di Lidia Poët è quindi un prodotto riuscito, una serie che fa parlare di sé per la qualità che non si vede spesso nel panorama seriale italiano, ed è in grado di parlare agli spettatori con chiarezza per far luce su problematiche attuali che purtroppo sono ancora in ombra.
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