Il cinema e la letteratura italiana sono accomunati dalla stessa voglia di raccontare la storia del nostro paese. A livello cinematografico pensiamo, per esempio, a Novecento di Bernardo Bertolucci (1976) o a Rocco e i suoi fratelli di Luchino Visconti (1960), mentre a livello letterario vale la pena ricordare romanzi recenti come Prima di noi di Giorgio Fontana (2020) o Randagi di Marco Amerighi (2021).
Queste sono tutte opere che, o per un semplice moto di nostalgia o per cercare di capire il proprio tempo, arrivano a indagare la storia del nostro paese dagli inizi del XX secolo fino ai giorni nostri. Un tentativo del genere l’ha compiuto nel 2003 anche Marco Tullio Giordana con La meglio gioventù, vincitore al 56esimo Festival di Cannes del premio Un Certain Regard e proiettato al cinema in due atti per poi esser stato trasmesso su Rai 1 in quattro puntate.
Cosa narra La meglio gioventù
La meglio gioventù copre un arco temporale di trentasette anni – fra il 1966 e il 2003 – raccontando, fra l’Italia e la Norvegia, la storia della famiglia Carati e dei suoi componenti: i genitori Angelo e Adriana (Andrea Tidona e Adriana Asti) e i figli Matteo (Alessio Boni), Nicola (Luigi Lo Cascio), Francesca (Valentina Carnelutti) e Giovanna (Lidia Vitale).
Le vicende dei protagonisti scorrono parallele, s’intrecciano per poi perdersi e rincontrarsi con lo scorrere della Storia sullo sfondo, dall’alluvione di Firenze del 1966 fino alla strage di Capaci del 1992, passando per il Sessantotto, gli Anni di Piombo e la legge Basaglia. In tutto questo il regista mostra l’evoluzione sociale e politica del nostro paese, ma allo stesso tempo la capacità dei protagonisti di restare saldi ai propri legami familiari e ai propri ricordi senza mai tradire se stessi.
La meglio gioventù: un film che si fa letteratura
Come gli esempi di film citati prima, anche La meglio gioventù risulta essere un film che si fa letteratura. L’intento letterario del film è preannunciato, ad esempio, nel titolo del film, un chiaro omaggio a una raccolta di poesie omonima di Pier Paolo Pasolini del 1954 – e l’omaggio a quest’ultimo si fa più evidente con la presenza di Adriana Asti, già attrice nel film Accattone – che è anche una canzone degli alpini.
È proprio da Pasolini che sarebbe meglio partire per comprendere al meglio l’intento del film di Giordana, in particolare da questo passo tratto dalle Lettere luterane (1976):
Siamo stanchi di diventare giovani seri, o contenti per forza, o criminali, o nevrotici: vogliamo ridere, essere innocenti, aspettare qualcosa dalla vita, chiedere, ignorare. Non vogliamo essere subito già così sicuri. Non vogliamo essere subito già così senza sogni.
L’intento di Marco Tullio Giordana in La meglio gioventù non è tanto concentrarsi sulla storia dell’Italia in sé – al punto che, ad esempio, eventi ai tempi del film recenti come il G8 di Genova non vengono nemmeno trattati – quanto focalizzarsi sugli sforzi dei Carati di restare a galla e uniti nonostante il dolore e il cambiamento.
In questo senso il regista milanese si dimostra essere più scrittore che regista, e il suo film è più letteratura che cinema. Si pensi, ad esempio, alla cinepresa, sempre focalizzata sugli spazi interni e sui primi piani sui personaggi e che prende da lontano gli avvenimenti esterni, come dimostra la scena di Capodanno in cui i fuochi d’artificio sono mostrati in lontananza alle spalle di Matteo.
Un altro aspetto fondamentale di La meglio gioventù è anche la presenza dei libri: titoli come L’età della ragione di Sartre, Winesburgh, Ohio di Sherwood Anderson o anche le poesie americane – viene citata, ad esempio, l’Antologia di Spoon River di Edgar Lee Masters con il suo verso “se non riuscite in settant’anni non riuscite mai più” – o una fotografia di Hemingway nel cassetto sono simbolo dei sogni utopici di cambiamento e libertà che animano la famiglia Carati, ma che poi tramutano in illusioni e nostalgia del passato che i protagonisti continueranno a coltivare.
La sopravvivenza della bellezza delle piccole cose e della famiglia
Ne La meglio gioventù è da notare anche la presenza del personaggio di Giorgia Esposti (Jasmine Trinca), una figura negli intenti molto letteraria. Affetta da problemi psichici, vittima di vessazioni in manicomio e salvata da Nicola e Matteo, la ragazza, con il suo essere eternamente innocente, sospesa nel tempo perché “per lei sembra che il tempo non sia passato”, si fa simbolo della nostalgia verso il passato dei Carati e, dunque, il loro attaccamento verso i propri legami affettivi e i sogni disillusi dai cambiamenti.
Questa nostalgia, però, è da interpretarsi nel senso junghiano del termine: non come retromania, quindi, ma come modo per guardare al futuro. I Carati, dunque, restano saldi ai valori del passato e al tentativo di preservarlo passando questa idea di generazione in generazione. La torcia, infatti, passa ad Andrea (Riccardo Scamarcio), con cui si chiude il film. A lui spetta il compito di coltivare la memoria del passato ma allo stesso tempo la conservazione di valori come il rispetto per la famiglia e l’amore per le piccole cose, perché solo così si può tenere lo sguardo al futuro.
Le pagine di un cinema da sfogliare
Se c’è un film che riesce a coniugare cinema e letteratura, in particolare lo sguardo ampio del primo e la sensibilità e l’introspezione del secondo, quello è sicuramente La meglio gioventù. Marco Tullio Giordana riesce a raccontare la storia privata di una famiglia che si fa rappresentante di tutto un paese coinvolto da grandi cambiamenti sociali e politici, che si è visto frantumare i sogni utopici di cambiamento e rivoluzione, ma che è riuscito tuttavia a preservare l’amore per gli altri e per i propri affetti, un amore spesso nostalgico, ma da cui partire per vivere il futuro.
– Lei promette bene, le dicevo, e probabilmente sbaglio, comunque voglio darle un consiglio, lei ha una qualche ambizione?
Dialogo fra Nicola e il Professore ne La meglio gioventù
– Ma… non…
– E allora vada via… Se ne vada dall’Italia. Lasci l’Italia finché è in tempo. Cosa vuol fare, il chirurgo?
– Non lo so, non… non ho ancora deciso…
– Qualsiasi cosa decida, vada a studiare a Londra, a Parigi, vada in America, se ha le possibilità, ma lasci questo Paese. L’Italia è un Paese da distruggere: un posto bello e inutile, destinato a morire.
– Cioè, secondo lei tra un poco ci sarà un’apocalisse?
– E magari ci fosse, almeno saremmo tutti costretti a ricostruire… Invece qui rimane tutto immobile, uguale, in mano ai dinosauri. Dia retta, vada via…
– E lei, allora, professore, perché rimane?
– Come perché?! Mio caro, io sono uno dei dinosauri da distruggere.
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