La sezione Fuori Concorso di Venezia 78 ha accolto anche La Scuola Cattolica di Stefano Mordini, nelle sale italiane dal 7 ottobre. Il regista toscano, dopo aver portato alla 69esima edizione del Festival il suo Acciaio, trasposizione dell’omonimo romanzo di Silvia Avallone, torna con un’altra rielaborazione letteraria. Questa volta la penna appartiene a Edoardo Albinati, autore di un romanzo intimo e biografico che racconta trasversalmente una delle pagine più cupe della storia italiana: il Massacro del Circeo. Siamo a Roma, nel 1975 dove, tra il 29 e il 30 settembre, due ragazze di periferia vengono rapite da tre ragazzi dei Parioli e sottoposte a impronunciabili sevizie.
I carnefici, Angelo Izzo, Gianni Guido e Andrea Ghira, avevano frequentato la stessa scuola di Albinati, dal cui libro, vincitore del Premio Strega nel 2016, Mordini trae un film corale, dove la colpevolezza non appartiene a un singolo aguzzino, ma si dirama tra le case di tutti i ragazzi della scuola cattolica. Un simbolo di una precisa attitudine sociale, attorniata dall’ipocrisia del perbenismo e da famiglie annoiate e assenti, cieche testimoni di una mostruosità intrinseca e silente. Volubile, inafferrabile e distruttiva, questa si consolida su leggi non scritte, dove la prima regola è fare tutto il possibile per essere accettati.
La scuola Cattolica trama: Per diventare uomini bisogna passare dalla violenza
È lo stesso Albinati, interpretato da Emanuele Maria di Stefano, a raccontare il tessuto di anime della sua scuola, cattolica tutta al maschile. La scelta è affidata al voice over di Edoardo, che traspone la sceneggiatura dello stesso Mordini, accanto a Massimo Gaudioso e Luca Infascelli. In un proseguo altalenante tra le ore che separano la carneficina, La Scuola Cattolica costruisce un puzzle umano tra le storie accennate, ma chiaramente identificabili, dei protagonisti. Un racconto di formazione, di scoperta, di trauma che incede crescentemente su una violenza deformata dalla follia.
E se in molti scrittori e sceneggiatori si sono chiesti come raccontare il Massacro del Circeo, la chiave di volta sta nella ricca storia di Albinati, a cui Mordini ha saputo dare uno sviluppo chiaro e lineare.
Sono quindi i personaggi de La Scuola Cattolica a trasporre, attraverso i gesti e le azioni, un crescendo tensivo dove però gli aguzzini sono anche vittime, perché chi fa del male agli altri, fa prima male a sé stesso. Il culmine è quella tragica parentesi di cronaca nera che vede Rosaria Lopez (Federica Torchetti) e Donatella Colasanti (Benedetta Porcaroli), seviziate con crudeltà animale da Izzo (Luca Vergoni), Guido (Francesco Cavallo) e Ghira, interpretato dal giovane attore che ha conquistato Gabriele Salvatores, Giulio Pranno.
La Scuola Cattolica, Albinati e le sfumature di un battesimo rituale
Il trio attoriale in La Scuola Cattolica guida un’interpretazione forte, cruda, spietata che, anche quando lascia solo intendere, evocando un’aggressività famelica, turba lo spettatore. Per le generazioni che hanno conosciuto meglio il delitto, rendendolo parte della propria memoria storica, il tema ha una portata ancora più delicata ed emotivamente coinvolgente.
Lo stesso Mordini, classe 1968, parte da una domanda per La Scuola Cattolica: “Quella società di cui facevano parte i colpevoli ha fatto veramente i conti con sé stessa?”. La risposta si scava tra le pareti di un dibattito generazionale, dove la mentalità distorta dei figli si nutre dell’indifferenza genitoriale. La loro apatia si riflette nel permesso di dare libero sfogo a tutte le proprie pulsioni.
Ma il romanzo di Albinati è ancora più sottile, in quanto incanala nella violenza un rituale di affermazione. Lo osserviamo nel labirinto di dogmi virili della scuola e nella dichiarazione del protagonista: “Nascere uomo è un male incurabile, devi sempre dimostrare di essere all’altezza”.
Ecco come il gioco in La Scuola Cattolica diventa una sfida, che a sua volta si trasforma in una fame di resistenza, finché non esplode nel delirio di mostrare qualcosa, diventando qualcuno. E Mordini sceglie di raccontarlo mostrando già gli accenni deviati della violenza che sarà, soprattutto con una spinta su Angelo Izzo.
Dal racconto immenso del romanzo all’appeal espressivo di Scuola cattolica
Tale osservazione trova terreno fertile in un contesto storico di crisi valoriale e di violenza politica e sociale, affiancata da un’eredità storica ancora macchiata dalla mascolinità fascista.
La Scuola Cattolica è un’opera che trova sconfinato terreno narrativo nel romanzo di Albinati, di 1294 pagine, ma che deve necessariamente comprimersi in un lungometraggio di due ore. Il risultato è un film convincente, con una cornice di promettenti attori – accanto ai big come Valeria Golino, Riccardo Scamarcio, Jasmine Trinca, Valentina Cervi e Fabrizio Gifuni – che sanno offrire un’interpretazione febbrile di un trauma nazionale.
L’asse narrativo attorno a cui ruota la storia è proprio la scuola cattolica, culla coercitiva di una realtà sociale frustrata dalla propria ricchezza. Ecco dunque che il team di Mordini si impegna a canalizzare attorno a quel centro focale un racconto immenso e difficilmente arginabile.
È quindi inevitabile che la complessità del romanzo rimanga sotto la superficie, stuzzicando le storie particolari dei personaggi per affondare il colpo nel drammatico evento finale, la cui storia è già conosciuta dai più. Forse sarebbe stato più intrigante conoscere e non conoscere i protagonisti, lasciando il Massacro solo evocato alla Tarantino in C’era una volta ad Hollywood.
Tuttavia, La Scuola Cattolica ha comunque un suo particolare appeal espressivo ed è in sala dal 7 ottobre.
L’ingiustizia di un divieto che non permette di conoscere
Ed è proprio nei giorni successivi alla sua uscita che il film di Mordini ha attirato voci catalizzate contro una scelta controversa. La Scuola Cattolica, infatti, vietata ai minori di 14 nella prima proiezione a Venezia, ha subito l’innalzamento del divieto agli Under 18 una volta trasposta nelle sale italiane. Una scelta difficilmente condivisibile laddove le vittime dell’atroce Massacro del 1975, Rosaria Lopez e Donatella Colasanti, avevano all’incirca la stessa età dei ragazzi e delle ragazze a cui la proiezione viene vietata.
Sin da subito, dunque, l’imposizione della Commissione per la classificazione delle opere cinematografiche si pone in un terreno d’azione anacronistico e moralista. Impedisce così che un fatto di cronaca poco conosciuto dalle giovani generazioni venga tramandato a tutti nella sua cruda integrità storica, come ritratto di una tragica verità da conoscere, e simbolica, trattando un tema, come lo stupro, dagli anni Sessanta finalmente riconosciuto come crimine contro la persona.
La Commissione ha risposto che la scelta si pone contro “la sostanziale equiparazione della vittima e del carnefice” rappresentata nel film. Tuttavia l’intento de regista, e in primo luogo dell’autore del romanzo, è raccontare proprio l’immersione in una realtà apparentemente patinata e perfetta dove si annida la mostruosità. Dove i ragazzi proiettano l’inconscia algidità delle loro ombre più nascoste in un idillio quotidiano. Ma il terremoto si annida sotto la superficie e i residui di violenza sopita sono più contemporanei che mai e servili a una narrazione efficace come quella filmica.
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