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La luna in sala: l’allunaggio nella storia del cinema

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20 minuti di lettura

Da quel primo sorprendente passo sul suolo lunare ci siamo abituati a immagini con risoluzioni sempre più alte del satellite terrestre. Tecnologie all’avanguardia ci hanno permesso di godere di visioni maggiormente dettagliate, a tal punto che la fantasia che per secoli aveva tentato di avvicinare la luna ha fatto spazio ad uno sguardo più oggettivo.

Cinema luna

Ma nei sessant’anni che hanno preceduto l’allunaggio, il cinema, e ancora prima la letteratura, si presero carico di farcelo sognare, mostrando le forme possibili e gli orizzonti immaginabili di un luogo che sembrava quasi possibile toccare. Ecco la storia della luna, prima e dopo l’Apollo, dentro e fuori lo schermo.

Premesse e promesse letterarie

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Padri della romanzo scientifico, precursore della fantascienza, furono Jules Verne e H.G Wells. Esponenti di due imperi, Francese e Inglese, la cui sfera d’influenza a cavallo tra diciannovesimo e ventesimo secolo raggiungeva l’intero globo. La potenza delle due nazioni era tale da permettere innovazioni culturali e tecnologiche, dando inizio al contatto tra le due così come ora siamo abituati ad immaginarlo. La cultura iniziava ad osservare la tecnologia e le scoperte scientifiche, interrogandosi, come mai prima di allora, sul futuro. Da qui la nascita di un genere letterario incentrato proprio su quesiti rivolti verso il domani, tanto apocalittici, come ne La Guerra dei Mondi di H.G Wells, quanto ottimisti, come il dittico composto da Intorno alla Luna e Dalla terra alla luna di Jules Verne.

Quest’ultima opera, pubblicata nel 1865 e subito divenuta un successo editoriale, fu il vero inizio di un immaginario lunare che da lì in poi non cessò di evolvere ed espandersi. Leggenda vuole che prima di morire Verne consegnò il suo manoscritto al nipote raccomandandosi di conservarlo con cura per valutare l’esattezza delle sue previsioni. Per lui la distanza non era altro che «una parola relativa destinata ad essere ridotta a zero».

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Il satellite terrestre fu dunque oggetto di interesse per i due scrittori, i quali non solo sognavano l’allunaggio, ma lo progettavano con finezza di dettagli. Accadde però che proprio nel 1895, quando H.G Wells giungeva al successo con la pubblicazione dei tre volumi contenenti, tra i vari, anche La macchina del tempo, una tecnologia imprevista e misteriosa sconvolse l’immaginario umano, facendosi carico dei sogni dell’epoca come nessun mezzo precedente aveva mai potuto. Il Cinema.

Prima del razzo, la sala

Cinema luna

Ebbene sì, l’uomo avrebbe dovuto progettare un’astronave capace di portarlo sulla luna, ma la tecnologia fornì ben altri strumenti. Un nuovo mezzo per la fantasia. Non un razzo, bensì l’immagine in movimento di questo. Nel 1895 il cinema si presentò come possibilità tecnica di riproduzione, ma ben presto la sua natura tecnologica entrò in contatto con gli stimoli culturali dell’epoca, facendo propria la narrazione del nuovo secolo. Nel 1902 l’essere umano osservò per la prima volta quello che sessantasette anni dopo avrebbe chiamato allunaggio, e poté osservarlo grazie alle magie del “montaggio trucco” di un connazionale di Jules VerneGeorge Méliès.

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Nel giro di sei inquadrature osserviamo l’atterraggio, per mezzo di un razzo simile a quello immaginato da Verne e riproposto da Wells. Siamo lontani dalla grazia che caratterizzerà decenni dopo il cinema fantascientifico, quando Kubrick farà convolare a nozze il Danubio Blu di Strauss e il vuoto siderale dello spazio, ma già questa primordiale forma di visione sarà apparsa allo spettatore al limite del sogno. Dopotutto sono trascorsi solo sette anni dalla proiezione che, mostrando un treno scorrere su schermo, ha spaventato decine di adulti (tra cui Méliès), impreparati a questa magia. 

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Nota è la sesta inquadratura di questo splendido viaggio. La luna, così come siamo abituati a vederla, si staglia su un fondo nero. Lentamente si avvicina a noi e proprio nell’attimo in cui viene colpita dal razzo inviato dall’uomo rivela una sorta di antropomorfismo. Il contatto sembra rivelare, o concedere, un volto umano. Un carattere inaspettato. Méliès in un certo senso è il primo e l’unico a porsi nei panni di quella che per molti è solo una meta, chiedendosi quale reazione potrebbe avere la luna al nostro arrivo. Al di là degli alieni, i Seleniti, e degli eventi comici che riempiono il secondo atto di questo capolavoro, la risposta di Méliès non appare tra le più positive. Colei che per secoli ha guidato poeti e briganti illuminando notti insonni ora volta infatti lo sguardo, colpita all’occhio dalla bramosia umana.

1929, la prima donna nello spazio

Viaggio nella luna fu il primo vero successo cinematografico, ma anche il primo film a essere vittima della pirateria. Per mano del rivale Thomas Edison il film giunse dall’altro lato dell’Atlantico, causando problemi al regista francese, ma permettendo la visione agli spettatori americani. Se il gesto di Edison non aveva certo obiettivi filantropici e divulgativi, il risultato fu di introdurre gli Stati Uniti a questo grande, nuovo, sogno collettivo.

Fu però in Europa che la riflessione che unisce cinema e scienza continuò a svilupparsi con profitto, in particolare grazie a figure come Fritz Lang. Il regista tedesco, conclusasi l’odissea produttiva di Metropolis (1927), cult ispirazione di opere come Blade Runner, decide di dedicarsi alla complessa messa in scena di un testo scritto dalla moglie: Una donna nella luna. È il 1929 e soli trentadue anni dopo Jurij Gagarin guadagnerà il titolo di primo uomo nello spazio.

La storia di una donna, un bambino e quattro uomini in cerca di miniere d’oro presenti sul satellite è sicuramente il carattere meno interessante di quest’opera ingiustamente dimenticata. L’attenzione di Fritz Lang fu infatti tutta sull’aspetto tecnico, a tal punto da coinvolgere in fase di progettazione due massimi esperti in campo di razzi: Hermann Oberth e Willy Ley. Ciò che film come Interstellar avanzano a motivo d’orgoglio, ossia la collaborazione con premi nobel come Kip Thorne, appariva già agli occhi di Lang come indispensabile. Il film è infatti un crogiolo di idee, alcune rivoluzionarie e difatti poi divenute realtà (nasce qui il countdown!), altre più bizzarre, ma non per questo meno interessanti. Come le maniglie a cui aggrapparsi con piedi e mani durante il volo per combattere la mancanza di gravità.

La resa dell’allunaggio anticipa di poco quel 21 luglio 1969. La silhouette lunare che si staglia dall’oblò del razzo disegna una sfera rotante ed inospitale, il cui paesaggio e orizzonte si rivela poi ammaliante. Il montaggio rende giustizia al momento e concede uno sguardo al futuro.

Lang qui opta per lo sfondo dipinto, ma cosparge lo studio di una sabbia fine su cui si posano le impronte degli attori. La memoria dello spettatore moderno non può che unire quelle scomposte tracce umane aderite su un suolo lunare immaginato e proiettato alle suole di Neil Armstrong, testimonianza muta di un passaggio condotto fuori dallo schermo.

Sulla luna con una bandiera

Se l’utilizzo del cinema come mezzo di proiezione di fantasie si era ormai consolidato, molti, tra politici e intellettuali, progettavano l’utilizzo di questo strumento per fini propagandistici. Noti sono gli esteticamente ineccepibili risultati di Leni Riefenstahl per il Nazismo, così come i lavori di Sergej Ejzenstein. Pochi sono però a conoscenza di un cinema che si impegnò nelle battaglie di un non ben definito futuro, immaginando talmente oltre se stesso da portare ancora una volta l’uomo sulla luna. Ma questa volta con una bandiera.

È il caso di Cosmic Journey, film sovietico diretto da Vasilij Zuravlev nel 1936 e costruito attorno all’applicazione delle massime aspettative future sovietiche. L’ultimo film muto dell’unione, e così giustamente ambientato nel più silenzioso dei luoghi. La storia è ancora una volta quella di un viaggio sul suolo lunare, progettato dal regista assieme a Konstantin Tsiolkovsky, uno dei padri del primo razzo.

La collaborazione, così come fu per Lang, diede frutti di cui possiamo ancora meravigliarci.

A sorprendere in Cosmic Journey è la messa in scena della forza di gravità lunare. Questa, assieme alle forze G mostrate nel viaggio verso la luna, rappresentano le più calme e le più accelerate sequenze del film. Tuttora uno dei più divertenti viaggi spaziali sperimentati dall’uomo nell’epoca del muto. 

Sempre che si sia disposti a cogliere con un sorriso gli astronauti vestiti con uno scafandro rigido e considerato talmente irrealistico e sgargiante da valere al film l’azione dei censori sovietici.

Dal sogno all’obiettivo: destinazione luna!

Con la fine della seconda guerra mondiale e l’inizio della guerra fredda, la corsa allo spazio, così come formalmente definita da storici e analisti, ha inizio. Nel frattempo il cinema che prima si era occupato di sognare l’impossibile ora inizia a sperare di migrare dal fantasy al documentario. Sono gli anni in cui gli Stati Uniti si augurano che la bandiera sovietica mostrata in Cosmic Journey non tocchi mai il suolo lunare e in cui il cinema statunitense si fa contenitore di effetti speciali sdoganati ufficialmente da uno degli sci-fi di maggior successo: Destination moon.

Distribuito nel 1950 e prodotto dal visionario George Pal è la storia di un allunaggio all’ombra di u’imminente guerra. Certamente sono le prime manifestazioni di terrore in forma di cellulosa verso l’avversario sovietico, il quale inizia a sostituire i Seleniti lunari di Méliès come nemico all’interno di queste narrazioni, nonostante tutto contemporanee. Oltre all’uso massiccio di effetti speciali, che valsero il plauso del pubblico e l’Oscar alla pellicola, Destination Moon merita attenzione per la sua inaspettata pragmaticità nel trattare le problematiche organizzative di un viaggio dalla Terra alla Luna. 

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Se difatti sino ad ora il viaggio era l’aspetto più preoccupante, qui, così come nella realtà, la sua progettazione si fa ancor più incerta e dubbiosa. Il valore del film è dunque rinvenibile nel suo carattere divulgativo. Ragione di meraviglia per i critici e iniziazione del genere ad uno stadio maggiormente adulto. È noto infatti che Pal, produttore ungherese, coinvolse personalità di spicco del mondo scientifico per convalidare e perfezionare la sceneggiatura, sperando di creare una narrazione adeguata alle scoperte dell’epoca.

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È in un certo senso qui che la poesia alla luna, introdotta in sala da Méliès e da lì in poi sviluppata, viene messa da parte per dar spazio ad una propaganda della possibilità, invitando lo spettatore (americano) a pretendere la realizzazione di quanto osservato. I finanziatori del film decidono di occuparsi del progetto proprio dopo aver scoperto la sua natura fortemente nazionalista, apprezzando come nella pellicola venga più volte ribadita la natura agonistica e politica dell’allunaggio.

Stanley Kubrick, dal cinema alla luna (e oltre)

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La particolare attenzione alle storie spaziali frammentò inevitabilmente la qualità della ricerca scientifica che George Pal aveva provato ad imporre in Destination Moon. È negli anni ’50 infatti che si diffondono serie e film dedicati all’esplorazione extraterrestre, ma mentre questi entrano nell’immaginario collettivo grazie alle prime televisioni e ai sempre più diffusi drive-in, quel carattere adulto e ricercato che si era appena affacciato al genere sci-fi inizia a venir meno. Il mondo della narrazione cinematografica torna all’infantile sogno di esseri senzienti verdi su sfondi sciatti e privi di personalità. 

Bisognerà attendere un innovatore per tornare a ragionare un cinema fantascientifico serio e adulto, un uomo deciso a dare risposta artistica alla volontà di viaggiare sulla luna. Un uomo come Stanley Kubrick, l’unico capace di fondare il proprio film sull’insoddisfazione di ciò che prima di lui era stato mostrato riguardo i viaggi spaziali.

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“Nasa East”così un ufficiale della Nasa chiamò lo studio in cui Kubrick diresse parte di 2001: Odissea nello spazio. La visita sul set stregò gli esperti, i quali videro nella realizzazione del regista la versione più credibile del suolo lunare. Il discorso di John F. Kennedy, avvenuto nel 1962, aveva di fatto dato inizio a un conto alla rovescia per l’allunaggio, il quale doveva essere portato a termine entro il decennio successivo. Ma ecco che ad un anno dall’incredibile raggiungimento della prima vera meta spaziale, il cinema anticipò quella meraviglia, portando se stesso e i propri spettatori in un futuro scandito dalla musica classica e dalle danze di navicelle spaziali.

È di fatto con 2001: Odissea nello spazio che il cinema cessa per davvero di sognare l’allunaggio. I passi di Armstrong sconvolsero la cultura popolare, obbligando le varie manifestazioni artistiche a rispondere con dovuta attenzione. Certo è che l’ingenuo atterraggio di un gruppo di scienziati francesi non poteva più essere proposto ad un pubblico che dalle proprie piccole televisioni aveva visto un essere umano lasciare traccia della propria impronta sul tanto agognato suolo lunare.

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Se dunque l’allunaggio decreta la fine di uno sogno divenuto realtà, inaugura anche un nuovo modo di vedere lo spazio. Perché se l’uomo è stato sulla luna, il cinema può andare oltre. Ed è così che velocemente il cinema di fantascienza si è imposto come il genere più proficuo dell’industria cinematografica. Permettendo a milioni di spettatori di non cessare mai di sognare una nuova meta, ma ricordando anche la serietà di una speranza che un tempo migrò dall’idea di qualche folle autore al successo di altrettanto folli scienziati.

È ironico pensare che gli spettatori dell’epoca erano talmente abituati a credere che la luna e l’uomo potessero essere mediati solo da uno schermo cinematografico che quando quel primo piccolo passo fu mosso per davvero molti chiesero chi fosse il regista. E se centinaia di prove dimostrarono che né Kubrick né altri diressero ciò che seicento milioni di persone guardarono in diretta televisiva il 20 luglio 1969, certo è che fu forse proprio il cinema a permettere loro di provare un certo déjà-vu in quella meraviglia.


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Studente di Media e Giornalismo presso La Sapienza. Innamorato del Cinema, di Bologna (ma sto provando a dare il cuore anche a Roma)e di qualunque cosa ben narrata. Infiammato da passioni passeggere e idee irrealizzabili. Mai passatista, ma sempre malinconico al pensiero di Venezia75. Perché il primo Festival non si scorda mai.

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