Il 1900 è stato il secolo di enormi sconvolgimenti sociali, progressi tecnologici e indiscriminati spargimenti di sangue. Uno dei periodi più complessi dell’intera storia dell’umanità, uno dei più studiati e raccontati. In pochi sono riusciti a farne un resoconto veramente degno di nota: uno di questi è Costa-Gavras celeberrimo regista greco, fuggito in Francia negli anni ’60 per evitare le persecuzioni politiche che avrebbe dovuto affrontare nel suo paese.
Il suo sguardo, per quanto ideologicamente schierato, ha sempre catturato con fermezza le immagini di alcuni degli eventi più storicamente rilevanti del secolo scorso, tramite un cinema feroce e dai ritmi serrati, meno investigativo del lavoro di Francesco Rosi, meno intellettuale di quello di Elio Petri, meno conturbante di quello di Marco Bellocchio, ma decisamente più emotivo e coinvolgente di tutti questi altri registi etichettati come “politici”.
La definizione di “cinema politico” è stata ampiamente abusata nel corso degli anni, specialmente in virtù del fatto che non esiste prodotto artistico che non sia per natura politico: la definizione più utile per ben identificare il tipo di cinema fatto da Costa-Gavras indica i film politici come capaci di trattare tematiche politiche o sociali, senza temere reali ripercussioni politiche. Ripercussioni politiche che hanno perseguitato tutti i registi citati per le loro intere carriere.
Il miglior modo per celebrare il lavoro di Costa-Gavras, ormai novantunenne, è quello di dedicare un’intera serie di mini-documentari ai suoi film: il progetto Le Siècle de Costa-Gavras è stato presentato in forma embrionale al Cinema Ritrovato, dove è stato possibile assistere al primo e terzo episodio della serie, rispettivamente dedicati a Z- l’Orgia del Potere (1969) e La Confessione (1970).
L’idea dietro Le Siècle de Costa-Gavras
Credit: Festival de Cannes
Progetto promosso soprattutto dalla moglie del regista, Michèle Ray-Gavras, e pensato dal critico francese Edwy Plenel, la serie vorrebbe rivisitare tutto il 900 attraverso il cineocchio del regista greco: con episodi dedicati singolarmente ad un film, la serie potrebbe essere anche ampliata in futuro, raggiungendo le dieci puntate. L’obiettivo per i creatori, sarebbe riuscire a portare la serie sulle televisioni francesi per ripercorrere il ventesimo secolo e la storia del cinema popolare, impegnato a formare una coscienza politica ben definita.
Il coinvolgimento diretto del regista è stato minimo, come lui stesso ha testimoniato durante l’evento: si è voluto fidare del lavoro di critica e ricerca svolto da Plenel, senza opporsi a decisioni creative e prestandosi al gioco per essere intervistato in ogni episodio sul film in questione. Durante la presentazione sono stati mostrati appunto il primo e terzo episodio, documentari dal taglio chiaramente televisivo, ma di buona fattura.
Episodio 1: Tous les Films sont Politiques – Z
Iniziare un lavoro del genere parlando di Z più che scontato era doveroso: il film lanciò la carriera di Costa-Gavras e portò attenzione sul colpo di stato militare che sconvolse la Grecia nel 1967 e che instaurò per 7 lunghi anni la cosiddetta Dittatura dei Colonnelli, di ispirazione fascista. Il film parla dell’uccisione di un politico di sinistra simbolo dell’opposizione e del pacifismo anti-NATO, Grigoris Lambrakis. L’uomo fu aggredito poco dopo un comizio da militanti di estrema destra e la polizia cercò di insabbiare il fatto sminuendo l’ipotesi della pista politica.
Eroe della storia è Christos Sartzetakis, investigatore e pubblico ministero incaricato di risolvere il caso, che si rifiutò di coprire il coinvolgimento delle forze dell’ordine nell’assassinio e pagò con anni di carcere e torture. L’episodio esplora sia la preparazione produttiva del film (la ricerca per una location e per un produttore, trovati entrambi nella neonata Algeria decolonizzata, da cui passarono anche Sarah Maldoror e Ousmane Sembène) che le reali circostanze che portarono alla realizzazione di Z.
Il film, contraddistinto da un montaggio frenetico e furibondo, carico di indignazione e voglia di rivalsa, prende il suo titolo dal simbolo della Gioventù Lambrakis, movimento di sinistra sorto dopo l’omicidio del deputato: la Z stava per ZEI, che in Greco antico vuole dire “lui vive.” In questo caso Costa-Gavras decise di puntare tutta l’emotività del film sull’inizio e sul finale: il film apre con “Tutti i riferimenti a persone, morte o vie, o fatti realmente esistiti non sono casuali. Sono volontari“. Chiude invece col cinismo dell’attivista che in tanti anni di lotta ha conosciuto solo la sconfitta, ma continua a combattere, carico di rabbia come lo era il primo giorno, o all’inizio del film.
Episodio 2. La Vèritè est rèvolutionnaire – La Confessione
Il film successivo a Z dimostrò a tutti i detrattori di Costa-Gavras che il suo coinvolgimento politico e personale non gli avrebbero impedito di essere obbiettivo e impietoso anche con i suoi “alleati.” La Confessione racconta infatti del processo farsa a cui fu sottoposto Artur London, viceministro degli esteri in Cecoslovacchia durante gli anni dello Stalinismo. La forza del film qui sta piuttosto nell’onestà intellettuale che aprì la strada per un processo di rivalutazione del comunismo sovietico e dello Stalinismo.
Anche per La Confessione il processo di realizzazione non fu semplice: attaccato da destra e da sinistra, il film non poté essere realizzato in Cecoslovacchia come il regista aveva richiesto di fare perché dopo la Primavera di Praga del 1968, con la quale il comunismo ceco si distanziava dagli orrori di quello russo, il paese fu invaso dalle truppe sovietiche, rendendo impossibile l’accesso ai luoghi del film. Costa-Gavras fu quindi costretto a girare in Francia, con l’aiuto dei grandi nomi con cui aveva già collaborato in precedenza per Z, Yves Montand e Simone Signoret.
Proprio come con Z però, fu di particolare interesse per Costa-Gavras sottolineare il bisogno di continuare a lottare nonostante lo sconforto, la repressione e i fallimenti: punto cardine del film è che il suo protagonista – sia nella finzione che nella vita reale -, accusato di essere una spia americana e torturato per anni fino a estorcerne la confessione, rimase comunista anche dopo aver assistito a questi orrori. Riflettendo sul percorso distributivo del film, Costa-Gavras fa notare che probabilmente il successo inferiore rispetto a Z è dovuto anche a questo.
Eppure, il filo rosso che collega tutti i lavori presentati in Le Siècle de Costa-Gavras è proprio questo: rifiutare di piegarsi al corso della storia, che ricordiamolo, è sempre scritta dai vincitori, significa insistere col preservare i propri valori, anche quando sono traditi dalle istituzioni che avrebbero dovuto rappresentarli. Il cinema di Costa-Gavras è questo, rabbia e speranza, l’una necessaria all’altra per impedire che si fagocitino a vicenda e che da sole annichiliscano i sogni di tante persone di riuscire a cambiare il mondo per il meglio.
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