Pietro Marcello decide di materializzarsi così, dopo il gigantesco Martin Eden. Le Vele Scarlatte, film d’essai nella sua forma, opera innovativa nel suo contenuto, completamente prodotto in Francia, da una troupe e da un cast francese. Meno stratosferico del film con Luca Marinelli, ma sicuramente più concentrato e intimo, per così dire.
Presentato all’edizione del 2022 Quinzaine des Réalisateurs nell’ambito del Festival di Cannes 75, è uscito in sala da noi il 12 gennaio 2023 grazie a 01 distribution, Le Vele Scarlatte all’apparenza è quel classico filmetto indipendente che tratta di morte, scelte difficili e realtà al di fuori del nostro mondo. In realtà Le Vele Scarlatte è il classico libro che non si deve giudicare dalla copertina: Marcello porta sul grande schermo una storia di salvezza, provincialismo frugale, famiglia allargata, femminismo e romanticismo contemporaneo.
Le Vele Scarlatte: la trama
Dalla novella originale dello scrittore russo Aleksandr Grin, Le Vele Scarlatte vengono in realtà completamente dilaniate e attualizzate da Pietro Marcello, che ne trae una storia originalissima ma in grado di mantenere gli stessi tratti del libretto di Grin. Juliette (Juliette Jouan, al suo esordio) è la figlia di Raphaël (Raphaël Thiéry), falegname reduce della Prima guerra mondiale che al ritorno alla sua semplice vita trova un mondo, tuttavia, radicalmente cambiato.
Juliette cresce così all’interno di una vera e propria famiglia allargata, all’interno di un borgo della campagna francese – pressappoco nel Nord Est –, è appassionata di canto e musica, ma l’amore per il nido famigliare la mantiene fermamente attaccata alle sue origini. Un giorno una maga (Yolande Moreau) le predice il futuro, dicendole che delle vele scarlatte la verranno a prendere e la porteranno via dal villaggio.
Chi crede ancora nella fiaba del principe azzurro?
Le Vele Scarlatte, dal neoromanticismo russo di Grin, diventa in tal modo un film sul ventunesimo secolo, e l’ambientazione, nonostante sembri fuori contesto, risulta invece azzeccata nella sua scelta: Pietro Marcello d’altronde ama svezzare le opere dai suoi creatori originali, lo ha già dimostrato con Martin Eden. A sorprendere, in questo senso, è la maturità assunta da Le Vele Scarlatte, che si tramuta nella parabola di autoaffermazione di Juliette.
In un incontro con il regista aperto al pubblico, dove il film è stato presentato, gli verrà da dire che “al principe azzurro non ci crede più nessuno, nemmeno mia figlia”, da qui la radicale scelta di eliminarlo completamente dalla storia; un personaggio che invece nella novella originale è il fondamentale salvatore di Juliette.
Nel film di Marcello non ci sarà nessun “principe azzurro” a salvare Juliette, ma un principe (Louis Garrel, sempre in forma) c’è comunque, e in effetti sembra che sia la sua dolce metà a trarlo in salvo, non viceversa. Proprio per questo Le Vele Scarlatte non vuole essere moralista – o peggio, paternalista – al contrario è una radicale trasposizione di una storia molto femminista.
Sempre in un’intervista, è proprio Marcello che azzarda definendo la sua opera un “film profondamente femmina”. Juliette mette sempre la famiglia al primo posto, ma Raphaël non è per questo dipinto come un padre-padrone: durante l’arco narrativo, infatti, Juliette cresce (la storia copre un arco temporale di vent’anni), si emancipa ma non scappa mai, anche perché la sceneggiatura non gli dà mai un valido motivo per farlo.
Pietro Marcello sembra prenderci in giro, quando vuole usare Le sue Vele Scarlatte per farne una trama famigliare molto classica; oppure, nella realtà, è il più attento di tutti e comprende l’autentico veritiero significato del concetto di emancipazione.
Le Vele Scarlatte, un film chiave per Pietro Marcello
Ovviamente lasciamo allo spettatore la sua libera interpretazione, anche perché Le vele scarlatte è un film piccolo, fatto di pochi effetti speciali ma allo stesso tempo con tanta empatia. Paradossalmente sta proprio in questa sua microscopica presenza tutto l’intrattenimento scorrevole del film: i filmati d’archivio, un marchio ormai distintivo di Pietro Marcello, sono ridotti all’osso ma contestualizzati e amalgamati (grazie anche alle riprese in pellicola 16mm). Nella regia c’è ancora molta camera a mano, un’eredità dal periodo documentarista di Marcello, ma si lasciano guardare anche le intromissioni di stilemi tipici della finzione, un segno lasciato invece da Martin Eden e Futura.
Pietro Marcello sta crescendo, Le Vele Scarlatte non può essere considerato un grande film né tanto meno arriva ai livelli hollywoodiani di Martin Eden; ma un po’ come Juliette, il regista nostrano ha di fronte a sé molte strade: i principi azzurri si sono scansati, tocca a lui scegliere da che parte stare. O verso un cinema nazional-popolare più estroverso e conformista, o verso un cinema, per ora la sua via maestra, intimo e favolosamente innovativo.
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