Les Parapluies de Cherbourg spegne 60 candeline: il 19 gennaio 1964 usciva il capolavoro di Jacques Demy. Vincitore della Palma d’Oro al Festival di Cannes e cinque nomination agli Oscar, con Catherine Deneuve e Nino Castelnuovo nel ruolo dei protagonisti, Les Parapluies de Cherbourg canta una storia classica: due giovani innamorati che devono affrontare numerosi ostacoli per coronare il loro amore. La loro storia finisce, ma l’amore trionfa: questa è la contraddizione che rende il film di Demy un capolavoro che merita ancora di essere guardato e celebrato, insieme al suo modo innovativo di recuperare alcuni generi cinematografici storici e ridargli linfa vitale attraverso nuove e impreviste combinazioni.
L’arte imita la vita e viceversa: colori e suoni de Les Parapluies de Cherbourg
L’amore tra Genevieve e Guy è la materia che permea la scenografia e i costumi di Les Parapluies de Cherbourg: dominato da forti toni pastello che contribuiscono a creare una sensazione di irrealtà, il film di Demy, attraverso il cromatismo e la scelta di far cantare tutti i dialoghi, istituisce un nuovo paradigma antinaturalista, che celebra l’artificiosità del cinema e la concretezza essenziale delle storie che racconta.
Il cinema non è reale, ma racconta storie reali: è l’assunto alla base di tutta l’opera del regista francese, e in Les Parapluies de Cherbourg raggiunge la sua forma più alta e compiuta di espressione. Il cinema non è reale e non ha nemmeno bisogno di fingersi tale: inutile mascherare i suoi trucchetti illusionistici dietro altri trucchi che vogliono mimare la realtà come si presenta fuori dall’obiettivo della macchina da presa.
Colori sgargianti, dialoghi che si trasformano in canti struggenti, amori che si consumano nel confine tra realtà e fantasia: Demy usa i mezzi propri del cinema per mostrare l’ambiguità della vita e del cinema stesso, in un gioco di specchi che ci costringe a guardare in faccia le sue illusioni. Su questo confine tra ciò che è vero è ciò che è scena esiste la storia tra Genevieve e Guy, un amore giovanile fatto di promesse e di giuramenti, degno di Romeo e Giulietta.
Solo che a differenza dei due sopracitati eroi shakespeariani, i due giovani francesi di Demy non sono né osteggiati da potenti famiglie nobili né vanno incontro a destini tragici. Il dramma di Genevieve e Guy si consuma in una dimensione più umile e raccolta, tra le strade di una cittadina che si affaccia sulla Manica, in piena guerra d’Algeria. Sicuramente una storia che riconosciamo e a cui diamo la nostra adesione emotiva con più facilità, anche se ci viene raccontata nella cornice artificiosa e sopra le righe di un musical.
L’insostenibile leggerezza dell’amore
Genevieve e Guy si incontrano, si amano, vogliono sposarsi: la madre di Genevieve, madame Emery, è contraria: ha bisogno dell’aiuto della figlia in negozio. Guy parte per la guerra d’Algeria: prima della sua partenza, i due trascorrono insieme una notte d’amore, dalla quale nasce una figlia. Durante l’assenza di Guy, Genevieve sarà costretta a sposare il facoltoso Roland. Il tempo passa: Guy ritorna, è molto cambiato. Non trova Genevieve ad aspettarlo. Il tempo continua a passare: entrambi hanno formato una famiglia. Si rincontrano: in quell’incontro, all’improvviso, si percepisce il peso specifico di tutto quel tempo passato.
Les Parapluies de Cherbourg ha la struttura e l’aspetto della fiaba, con i suoi toni incantati e i suoi stilemi fuori dal tempo: ma se i mondi fiabeschi esistono al di fuori del flusso del tempo umano in uno spazio e in una dimensione indeterminati, l’universo dei personaggi di Demy è completamente calato nel tempo e nello spazio, e dice qualcosa su quel tempo e su quello spazio, sugli anni Cinquanta e sulla Francia degli anni Cinquanta. Les Parapluies de Cherbourg canta di quei sentimenti tanto antichi e indomiti che si ritrovano paralizzati nel ritmo convulso di un mondo che cambia troppo in fretta.
L’amore tra Genevieve e Guy ha la purezza dei corpi che si sfiorano senza paura e reclamano il diritto a farlo, di chi si è amato senza aspettare il giorno dopo. C’è una sensualità di fondo nella dolcezza struggente di Les Parapluies de Cherbourg, una pulsione libera e ingenua che smuove la tenerezza che intesse il racconto di Jacquot de Nantes: una sensualità sussurata e plateale al tempo stesso, che scorre sotterranea nelle immagini sulla pellicola ed emerge in superficie tra gli sguardi dei due giovani protagonisti. Les Parapluies de Cherbourg a distanza di 60 anni rimane impresso nei ricordi di chi lo guarda, con i suoi colori, la sua malinconia, la sua vitalità.
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