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L’Esorcista del Papa, il male è duro a morire

6 minuti di lettura

Russel Crowe è Gabriele Amorth ne L’esorcista del Papa, il nuovo film del regista Julius Avery uscito al cinema il 13 Aprile.

La controversa figura di Padre Amorth è nota per aver compiuto più di 70.000 esorcismi nel periodo tra il 1987 e il 2006. Egli era infatti l’esorcista della diocesi di Roma e lo vediamo qui rappresentato come un uomo ironico, con la battuta pronta e molto sicuro di sé, ma con un oscuro passato che tornerà a galla a metà pellicola.

È affiancato dal giovane attore costaricano Daniel Zovatto (It Follows), che interpreta Padre Esquibel, un prete spagnolo dal cuore d’oro che dovrà fare i conti con i propri mostri. Padre Amorth risiede a Città del Vaticano ed è strettamente legato alla vita ecclesiastica, nonostante detesti le ipocrisie di questa istituzione, che trovano personificazione nella figura del Cardinale.

L’esorcista del Papa, tra Roma e la Castiglia

L'esorcista del Papa

L’esorcista del Papa si apre con un esorcismo praticato a Tropea, in Calabria, anni prima rispetto al periodo di ambientazione. È qui che viene introdotta la figura di Padre Amorth e si viene trascinati immediatamente dentro al film senza tanti giri di parole o narrazioni superflue. Parallelamente, una famiglia americana che ha ereditato una abbazia sconsacrata in Castiglia, a seguito della morte del padre, vede il figlio minore Henry (Peter Desouza-Feighoney) che inizia a comportarsi in modo anomalo a causa di un demone che si impossessa della sua carne.

La Chiesa si interessa immediatamente al caso e sarà Padre Emmanuel Milingo a invitare Padre Amorth a seguirlo da vicino. Qui l’esorcista troverà una situazione inimmaginabile e si convincerà in breve tempo che il demone con cui dovrà combattere altri non è che Satana, l’angelo caduto dal Regno dei Cieli.

Satana conosce le nostre paure più recondite e si ciba di tutti i nostri dubbi, ha un piano ingegnoso da perseguire e non si fermerà di certo di fronte all’esorcista del Papa. È proprio di lui che ha bisogno se vuole arrivare a compiere la più grande di tutte le opere immaginabili: dominare il mondo e farne la propria fissa dimora.

L’esorcista del Papa, un horror che strappa un sorriso

L'esorcista del papa

L’esorcista del Papa è un horror, sì, ma anche un po’ thriller. La pellicola attinge ai cliché di entrambi i generi: il trasferimento in una “casa” sperduta nel nulla, l’adolescente arrabbiata con sua madre, il figlio minore col mutismo selettivo, i tipici tempi da horror movie, il sangue, la chiave e la mappa, le verità oscure dei personaggi principali che non sono mai perfetti come vogliono apparire… c’è un po’ di tutto insomma.

C’è anche spazio per qualche risata, a volte scatenata dalle simpatiche battute di Padre Amorth, a volte da scene al limite del caricaturale che hanno fatto sì che la sala ridesse in uno dei momenti clou (e se un horror fa ridere in quello che dovrebbe essere l’apice della tensione, forse un piccolo problema c’è). Il film riesce più che bene nel suo principale compito: intrattenere. Non è particolarmente originale né innovativo, non verrà ricordato negli anni e non aggiunge niente al panorama del cinema mondiale, ma intrattiene e non annoia e questo non è per niente scontato, anzi.

Degna di lode è sicuramente la fotografia, in grado di rappresentare appieno la maestosità della Città Eterna, coi suoi intrighi e le sue vie colme di storia e di significato, il bianco fa da padrone nelle scene girate all’interno del Vaticano ed è in netto il contrasto con le scene cupe girate all’interno dell’abbazia, in cui (come dice Henry più volte) “non c’è nessun Dio”.

L’esorcista del papa, la redenzione di padre Amorth

L'esorcista del Papa

A Padre Amorth spetterà il compito di portare a galla alcuni dei più oscuri segreti celati dalla Chiesa per secoli nei seminterrati dell’abbazia spagnola, troverà una spiegazione a tutte le sofferenze che la religione ha perpetrato fin dalla sua esistenza e si farà martire e fenice, è esorcista ma viene a sua volta esorcizzato e liberato dai suoi tormenti.

Gabriele Amorth è padrone di una nuova conoscenza che gli farà vedere il mondo con uno sguardo diverso, è custode di un passato che non avrà più futuro.


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Classe 2000, nato nel primo pomeriggio di una pigra domenica romana. Sogno una vita con lo zaino in spalla diretto verso orizzonti lontani e se “andare” è l’anagramma del mio nome, mi basta andare, ci penserò poi alla destinazione.

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