Le avventure della piccola Lilo e del malvagio alieno Stitch compiono vent’anni. Ebbene sì, era il 21 giugno 2002 quando la pellicola arrivò nelle sale americane, raccogliendo recensioni entusiaste e un grande successo di pubblico che spianò la strada a un franchise gigantesco tra sequel, spin-off e persino un anime giapponese. Eppure Lilo & Stitch non era stato pensato dalla Disney come un prodotto di punta, ma come un film a basso costo dopo le produzioni ad alto budget degli anni Novanta, in un periodo di forte sperimentazione per gli studi di Burbank.
Lilo & Stitch e gli anni Duemila in casa Disney
Il terzo millennio si apriva per la casa di Topolino come un periodo stimolante, pronto a regalare nuove storie e osare con ambientazioni e sceneggiature lontane dal canone proposto durante gli anni Novanta, nel cosiddetto “Rinascimento Disney”.
La realtà interna agli studi era piuttosto traballante però, con la recente rottura con Jeffrey Katzenberg, produttore esecutivo durante l’uscita di capolavori come Il Re Leone, La Sirenetta, La Bella e la Bestia e molti altri lungometraggi che contribuirono a sollevare il settore cinematografico della Walt Disney Company dal tracollo finanziario. Katzenberg aveva lasciato la Disney in aperta polemica con gli studi, fondando nel 1994 la DreamWorks SKG insieme a Steven Spielberg e David Geffen.
L’arrivo degli anni Duemila segnò un punto di svolta importantissimo per l’animazione: l‘uscita nel 2001 di Shrek, un film che sovvertiva completamente gli schemi dei classici film a cartoni animati: era irriverente, pop, maleducato e soprattutto si prendeva apertamente gioco dell’immaginario creato da Disney nel corso della sua storia come monopolio dell’animazione occidentale. Per il film venne addiruttura creata ad hoc la categoria di Miglior Film d’animazione agli Oscar, proprio per premiare il capolavoro targato DreamWorks SKG.
Shrek parlava agli adulti e agli adolescenti, un target totalmente ignorato dalle produzioni Disney, concentrate a conquistare i bambini con storie edificanti, colorate e con protagonisti moralmente impeccabili. Il film diretto da Andrew Adamson e Vicky Jenson ha segnato un punto di non ritorno per l’animazione, e Disney doveva rispondere.
Le storie dovevano cambiare, diventare più sperimentali e pensate per un pubblico più maturo. Nascono così film come Atlantis – L’impero perduto, Il pianeta del tesoro, Le follie dell’imperatore e, appunto, Lilo & Stitch.
Lilo & Stitch: un film diverso
Il fatto che Lilo & Stitch non sia propriamente un film canonico in casa Disney ci viene rivelato già dai trailer con cui venne annunciato: dopo l’uscita di Shrek era chiaro che non ci si poteva più prendere troppo sul serio, così il buffo alieno blu iniziò ad apparire nelle scene più celebri dei classici Disney, come Aladdin e Il Re Leone, creando scompiglio e innervosendo i protagonisti della scena, in una esilarante quanto intelligente parodia di sé stessi.
L’uscita del film era quindi accompagnata da grande curiosità, che non venne disattesa. L’ambientazione scelta erano le isole Hawaii, una location mai utilizzata prima in una produzione Disney, che era rimasta su suolo americano unicamente con Oliver & Company, del 1988.
I fondali delle scene sono dipinti ad acquerello anziché a guazzo come nelle altre produzioni. Questo dona al film un’atmosfera autoriale molto marcata, in linea con l’esotismo dell’ambientazione. La cura nel disegno, basato sullo stile di Chris Sanders capo artista degli storyboard alla Disney Feature Animation, il design del mondo fantascientifico in contrasto con la bellezza dei paesaggi hawaiiani fa di Lilo & Stitch una vera gioia per gli occhi, prima ancora che per l’intrattenimento.
La sceneggiatura è stata scritta dallo stesso Sanders insieme a Dean DeBlois, con il quale aveva già lavorato per Mulan (1998). La storia prende una piega differente rispetto al classico Disney: i personaggi non cantano e le canzoni presenti sono classici tradizionali hawaiiani, come la struggente Aloha Oe, o grandi successi di Elvis Presley, amatissimo dalla piccola Lilo. Stitch non è un’adorabile spalla comica, ma un alieno distruttivo, una vera e propria macchina creata per radere al suolo le città e creare caos, tanto pericoloso da dover essere eliminato.
Non ci sono principi o principesse, e nessuna storia d’amore. Le protagoniste della storia sono Lilo e sua sorella Nani, che lotta in una quotidianità frenetica per non perdere la custodia della pestifera sorellina. Prima di Anna ed Elsa, sono state Lilo e Nani a raccontarci il legame indissolubile tra sorelle e il significato di famiglia, perno intorno a cui ruota tutto il film.
Ohana è un concetto tutto hawaiiano, in cui la famiglia allargata è la base della società. Nel film la famiglia delle sorelle è stata spezzata dalla morte dei genitori, ma arricchita dall’arrivo di una creatura aliena disgustosa e potenzialmente letale, con un messaggio fortissimo rivolto ai bambini: nessuno deve essere lasciato indietro, per quanto strano o minaccioso possa apparire inizialmente. Qui la discriminazione non è relativa all’aspetto esteriore, come per Quasimodo o per la Bestia: Lilo è una bambina estrosa e difficile da comprendere per le sue coetanee, nonostante il suo aspetto sia normalissimo.
Nonostante momenti estremamente toccanti, Lilo & Stitch non si prende mai troppo sul serio, facendo forte autoironia sugli stessi protagonisti, ben consapevoli di essere “bizzarri” e fieri di esserlo. Ad arricchire la narrazione non si possono non citare Jumba e Pleakley, il creatore di Stitch e il colonnello incaricato di vigilare lo scienziato. La coppia mantiene alto il ritmo della storia, con momenti comici di alto livello e una favolosa caratterizzazione queer, così spontanea e ben integrata nel ritmo delle vicende da fare scuola.
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