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«Locke and Key», il nuovo cupo fantasy di Netflix

5 minuti di lettura

Su Netflix arriva Locke and Key, serie creata da Joe Hill (figlio di Stephen King) e tratta dalla sua omonima serie a fumetti.
Una storia fantastica, dai tratti cupi e inquietanti, capace di coinvolgere lo spettatore tenendolo incollato episodio dopo episodio, con geniali espedienti narrativi.
Tutti gli ingredienti per cominciare il binge watching.

Locke and key

Le chiavi magiche di Key House

La storia è ambientata ai giorni nostri. La famiglia Locke è composta dalla madre Nina (Darby Stanchfield) e dai figli Tyler (Connor Jessup), Kinsey (Emilia Jones) e Bode (Jackson Robert Scott). Assieme tornano nel Massachusetts, nella casa di famiglia del padre Rendel (Bill Heck), morto per mano di uno degli studenti della scuola in cui lavorava come consulente.

Locke and key

Nell’enorme Key House, Bode, il più piccolo, comincia a percepirne la magia e a sentire il richiamo delle chiavi magiche. Ognuna di queste si nasconde nella proprietà dei Locke e ognuna ha un potere magico diverso. Apparentemente sono oggetti divertenti, ma presto i tre ragazzi scoprono che quei poteri possono avere risvolti pericolosi. C’è qualcuno che vuole impossessarsi delle chiavi e non si pone nessuno scrupolo per raggiungere il suo obiettivo: Dodge (Laysla De Oliveira). Entità misteriosa e potente, inizialmente si spaccia per l’eco di Bode, per raggirarlo e liberarsi dal pozzo in cui è imprigionata. Una volta fuori cercherà in tutti i modi di accumulare quante più chiavi per raggiungere il suo scopo.

Locke and Key, non è roba da ragazzini

Anche se i protagonisti sono dei ragazzi, la serie non è focalizzata su un pubblico teen. L’ambientazione scolastica, legata alle problematiche di inserimento dei nuovi arrivati in città, può trarre in inganno. Le tematiche trattate hanno risvolti esoterici, cupi, fino ad arrivare alla morte di alcuni personaggi secondari.

Locke and key

Gli adulti di questa storia dimenticano l’esistenza delle chiavi, anche se ne vengono a contatto, e purtroppo ne subiscono gli effetti, venendo coinvolti indirettamente nella guerra per il possesso.
Se alcune delle chiavi possono sembrare divertenti e innocue, come quella dell’Ognidove, che permette di postarsi in un altro luogo di cui si ricorda la porta, o la Chiave Riparatrice, che aggiusta gli oggetti anche se distrutti, altre detengono poteri che suggeriscono epiloghi drastici, come la Chiave Testa, che permette di entrare nella mente delle persone, o la Chiave Fantasma, che separa l’anima dal corpo di chi la usa e attraversa la porta, rendendolo di fatto uno spettro.

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Gli effetti speciali rendono questa magia tangibile e credibile, supportando la sospensione della realtà che guida la storia. La sequenza degli eventi è chiara e lineare, non è difficile da seguire. Si serve talvolta di flashback come espediente per spiegare gli antefatti, evitando lunghi dialoghi dei personaggi, che dovrebbero altrimenti spiegare a voce le motivazioni delle loro azioni di fronte alla nuova vita che stanno affrontando.
La storia tiene in equilibrio perfetto ciò che si viene a sapere delle chiavi man mano che si va avanti con le puntate. Il mistero sulla loro natura non è troppo fitto da annoiare, ma nemmeno risolto troppo rapidamente da far perdere l’interesse dello spettatore. È così che si arriva a un finale sincopato, con buoni colpi di scena, anche se non totalmente imprevedibili, aperto verso una eventuale seconda stagione.

Locke and key

Dai comic book a Netflix, un’ottima trasposizione

Locke and Key colpisce fin da subito per il gioco di parole del titolo (lock in inglese è il lucchetto, la serratura). Ha una narrazione coerente, ottimi interpreti, una storia dalle tinte fosche, anche se non arriva all’horror, e questo lo rende godibile a un pubblico più ampio. Ci regala mistero, suspance e qualche spunto di riflessione. Stavolta la produzione Netflix ha colto nel segno.

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Vivo in Brianza da dieci anni, viaggio per imparare cose nuove e per raggiungere luoghi e persone che amo. Odio i bottoni. Non resisto alle mie due gatte e al mio bassotto Gino. Raccontare cose belle è uno stile di vita.