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Love in the Villa NPC Magazine

Love in the villa – innamorarsi a Verona, una commedia romantica senza chimica

Tra uno stereotipo e uno sbadiglio, Netflix ci propone l'ennesimo love drama in salsa italoamericana

6 minuti di lettura

Su Netflix dal primo di settembre, Love in the Villa è l‘ennesima commedia romantica che la piattaforma streaming firma con grande orgoglio, ma che lascia gli spettatori a porsi un solo quesito: ancora?

Scritta e diretta da Mark Steven Johnson, vede come protagonisti Tom Hopper e Kat Graham. Sullo sfondo di una storia vista, ri-vista e stra-vista si staglia però, anche se a tratti, un’incantevole Verona.

La banale trama di Love in the villa

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Julie, insegnante di scuola elementare che ama Shakespeare, riesce finalmente a coronare il suo sogno: prenotare una settimana di vacanze a Verona. Spera che una volta arrivati il suo fidanzato Brandon approfitterà dello sfondo romantico per dichiararle amore eterno, ma Brandon ha altri piani: la lascia a un giorno dalla partenza. Così Julie arriva a Verona da sola, ma non lo resterà a lungo. La casa, infatti, è stata prenotata contemporaneamente da Charlie, in città per il Vinitaly.

I due, tra un litigio e l’altro, costretti a condividere la villa che affaccia sulla Casa di Giulietta, scopriranno di essere in realtà molto affini. La città dell’amore compirà il suo miracolo. Del resto, da Netflix, per la categoria Teen Drama, non potevamo aspettarci nulla di più.

Love in the villa, un altro teen drama fatto male

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Perché si continuino a inventare storie dalla trama prevedibile e iper-romantica come Love in the villa lo abbiamo già detto qui: a volte, guardare qualcosa di già conosciuto permette allo spettatore di rilassarsi, di distendere la sua mente, libera di seguire senza troppo impegno una trama che si articola quel tanto che basta per non essere una semplice linea retta tra l’inizio e la fine.

Il problema di Love in the Villa è che gli elementi per creare l’ennesimo love drama c’erano tutti, a partire, ovviamente, dall’ambientazione – si sa che Verona è conosciuta a livello internazionale come la Città dell’Amore – ma sono stati usati malissimo. Di Verona in primis si parla e si vede ben poco, se non qualche ripresa aerea che serve da raccordo tra le scene e il cortile della Casa di Giulietta che è il luogo chiave dell’intera vicenda.

I due protagonisti, che da copione inizialmente non si possono sopportare, si fanno una serie di dispetti crudi e senza senso che non riescono affatto a creare la, si suppone, ricercata atmosfera dell’enemies to lovers, che è tanto di moda al giorno d’oggi.

Non c’è chimica tra Julie e Charlie. Non ci sono scintille, non c’è pathos. E certo, non si chiedono colpi di scena stravolgenti, del resto è di un teen drama che stiamo parlando, ma un minimo di feeling e di “realismo magico” è d’obbligo. In che universo a un dispetto che porta a passare una notte in prigione e quindi a sporcarsi la fedina penale e, di conseguenza, a perdere un gigantesco lavoro internazionale, si risponde con una scrollata di spalle?

Cliché italiani e dove trovarli

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Di per sé il film sembra uno spot per invogliare i turisti a scoprire i dintorni di Verona, in un itinerario che comprende il Lago di Garda e i vigneti di Bardolino e della Valpolicella. Della città, però, non si mostra quasi niente al di fuori del balcone di Giulietta e del muro che un tempo era ricoperto di scritte e post-it d’amore (spoiler: non lo è più da qualche anno). Per celebrare la città c’è molto di più della casa di Shakespeare. Basti pensare che l’Arena viene scarsamente inquadrata soltanto in una scena in cui Julie corre per andare a prendere l’on and off tour bus.

Questa mancanza deriva dal fatto che il regista statunitense coglie perfettamente, al centro del mirino della cinepresa, quella tipica visione americana che falsa un po’ i contorni delle cose. All’estero, di Verona si conosce solo la vicenda Shakespeariana, mentre l’Arena viene già considerata turismo elitario, forse troppo culturale. E insieme a questa impronta, ovviamente, troviamo gran parte degli stereotipi classici di un italiano medio: chiassoso, bonaccione, che guida come uno spericolato urlando a caso; per non parlare dell’host della Villa, Emilio, che rivela senza difficoltà di avere moglie e amante e che porta in dono agli ospiti un cesto contenente prosciutto, Parmigiano e verdure in gran quantità.

Insomma Love in the villa si rivela un grande no, anche per un teen drama senza pretese.


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2 Comments

  1. Visto questo film, diretto da un regista che a Verona non c’è mai stato. Tra stereotipi e inesattezze è un film inguardabile.
    Uber a Verona non c’è, saremo anche guidatori indisciplinati ma no delinquenti. L’efficenza ricettiva di Verona è seconda in Italia , dopo la riviera romagnola e non esiste struttura che non sia in grado di rispondere a problemi come un condizionatore rotto.
    La solita Italia pizza e mandolino, che non è più nemmeno propria di Napoli al giorno d’oggi.
    Senza trama senza senso, un film idiota e offensivo, dell’Italia e di Verona.

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