Luc Besson è uno dei registi più indecifrabili della sua epoca; un funambolo che sceglie cosa dirigere in base alla necessità di raccontare, senza legarsi per forza a un filone narrativo. Le sue pellicole vanno dal fantasy alla fantascienza, dal thriller al film per ragazzi. Nessun genere è precluso al regista francese. La sua filmografia ammalia e incanta ogni tipo di pubblico, partendo dalle basi solide di sceneggiature vivaci e intriganti.
Critica crudele, successo immediato: Grand Bleu e l’amore del pubblico
Nel 1988 un giovane regista di appena 29 anni si presenta come partecipante al Festival di Cannes. Nonostante si tratti di un esordiente il suo film viene scelto per aprire la rassegna cinematografica più importante di Francia. Le Grand Bleu è un successo enorme di pubblico, ma viene stroncato dalla critica per una regia considerata eccessivamente patinata, troppo simile a quella di videoclip e pubblicità.
Il film racconta il mondo di Besson e le sue origini: i genitori erano infatti istruttori di sub e il sogno del giovane Luc era diventare biologo marino specializzato nella cura dei delfini. Questo animale è uno dei totem del film, una guida onirica per i protagonisti, gli apneisti Jacques ed Enzo, interpretati rispettivamente da Jean-Marc Barr e da un giovanissimo Jean Reno.
Una piccola parentesi va aperta per il destino del film in Italia. Enzo Maiorca, celebre apneista italiano, vide nel personaggio di Enzo una sua caricatura estremamente offensiva, tanto da fare causa al regista per diffamazione. La pellicola uscì nel nostro paese solo nel 2002, decurtata di 15 minuti per ottenere il consenso di Maiorca.
Il grande successo di pubblico in Francia permise a Luc Besson di essere lanciato nel panorama dei grandi registi emergenti, dandogli la possibilità di realizzare due capisaldi della sua filmografia: Nikita nel 1990 e Léon nel 1994.
Léon e lo sbarco a Hollywood
Il successo incredibile di pubblico per il film Léon aprì le porte di Hollywood al regista francese, facendo interessare di nuovo gli americani al cinema europeo, dopo diversi anni di monopolio mondiale dei grandi blockbuster statunitensi.
La storia del sicario Léon (Jean Reno) e del suo legame con la piccola Mathilda (Natalie Portman) rappresenta ancora oggi una delle storie più amate del cinema, come dimostra il 29° posto della classifica mondiale di IMDb per i film più apprezzati dagli utenti.
La scelta di collocare il film a New York e scritturare attori americani, tra cui uno spietato Gary Oldman fece sì che Léon fosse più accessibile al pubblico statunitense, intuizione che si dimostrò corretta.
Léon fu uno spartiacque per proporre un’altra pellicola, che strizzasse l’occhio ai grandi capolavori di fantascienza e dimostrasse alle major americane che anche gli europei sanno fare film ad alto budget. Stiamo parlando de Il quinto elemento.
Film commerciali e pellicole impegnate: il nuovo Besson
Il quinto elemento, grande film di fantascienza con Mila Jovovich, Bruce Willis e Gary Oldman, diventerà la punta di diamante della filmografia di Luc Besson, con un successo straordinario di pubblico e critica (nonostante non manchino delle accuse alla sceneggiatura “troppo semplice”). La cura nella gestione degli scenari, della fotografia e l’ottima prestazione attoriale dei protagonisti hanno reso Il quinto elemento un cult alla pari di Léon.
Forte di questo grandioso successo commerciale, Besson inizia a produrre con la sua nuova società, la EuropaCorp, film deboli e poco ragionati, che fanno perdere alla critica quel poco interesse guadagnato. Nonostante ciò il riscontro del pubblico è sempre altissimo, anche con i film più impegnati girati nei primi anni del Duemila, come Giovanna d’Arco e Angel-A, uno struggente omaggio alla sua città natale, Parigi.
Besson sceneggiatore e romanziere
Luc Besson non si è limitato lungo la sua carriera a fare solamente il regista e il produttore. La sua inesauribile vena creativa gli ha permesso di imporsi come sceneggiatore a Hollywood e in Europa, firmando i copioni di tutti i suoi film e di altri progetti come Io vi troverò, From Paris with love e Revolver.
Nonostante fino alla metà degli anni Duemila la filmografia di Luc Besson sia incentrata unicamente su generi “adulti”, con violenza e situazioni estreme, il regista diventa un apprezzato scrittore per ragazzi con la saga di Arthur e il popolo dei Minimei, una collana di romanzi incentrati su un giovane che scopre l’incredibile mondo nascosto tra i fili d’erba del giardino di sua nonna.
Tra il 2006 e il 2010 Arthur e i microscopici abitanti del mondo dei Minimei prendono forma su pellicola, dimostrando come Besson riesca a padroneggiare anche il genere fantasy più scanzonato e dedicato al pubblico più giovane.
Il ritorno al cinema d’azione
Nell’ultimo decennio Besson ha scelto di tornare a dirigere film più vicini ai suoi esordi, con pellicole d’azione alternate a scenari più fantascientifici, come nell’apprezzato Lucy del 2014 e il meno fortunato Valerian e la città dei mille pianeti del 2017.
Non mancano anche salti nella commedia nera, come il divertente Cose nostre – Malavita, la storia di un pentito di mafia, interpretato da Robert De Niro, che insieme alla sua famiglia vive sotto un programma di protezione testimoni. Le abitudini sono dure a morire però e la famiglia deve continuamente trasferirsi a causa dei comportamenti piuttosto violenti che assumono per farsi rispettare dal vicinato.
Luc Besson a 62 anni è un regista che non si riesce a incasellare in un vero genere, né a mantenere un andamento costante nel successo delle sue pellicole, spesso stroncate dalla critica (e dal pubblico). Il suo lavoro non si può riassumere se non con il termine “spericolato”, perfetto per un creativo che segue le sue regole, scrivendo e girando film per la vera e reale necessità di farlo, ignorando totalmente le richieste del sistema cinematografico.
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