Si potrebbe dire che L’uomo che uccise Hitler e poi il Bigfoot di Robert D. Krzykowski, uscito in America nel 2019, non delude le aspettative. È effettivamente un film in cui un uomo uccide Hitler e poi il Bigfoot. Nient’altro succede, o così potrebbe sembrare.
Da una premessa così altisonante ci si potrebbe aspettare un film pieno di intrighi e azione, ma lo spettatore sarà sorpreso, o deluso, dal risultato. La premessa è solo una scusa per raccontare la storia sorprendentemente toccante e nostalgica di un eroe, ormai vecchio e stanco del mondo.
Calvin uccide Hitler. E poi il Bigfoot.
La trama de L’uomo che uccise Hitler e poi il Bigfoot si riduce all’essenziale, e racconta la vita odierna di Calvin Barr, interpretato da un nostalgico Sam Elliott, l’uomo che illo tempore uccise Hitler. Ormai anziano, fa una vita tranquilla e monotona nella sua piccola città natale. Le sue giornate trascorrono tra la noia e i ricordi, riempite solo dalle passeggiate col suo cane, e da occasionali visite al fratello minore (Larry Miller).
Calvin è un uomo pieno di rimorsi, che vive più nel passato che nel presente, immerso nei ricordi delle sue missioni segrete e del suo grande amore perduto, Maxine (Caitlin FitzGerald). Mentre conosciamo il vecchio e il giovane Calvin (nei flashback è interpretato da Aidan Turner, il Kíli dei film de Lo Hobbit), ecco che arriva il Governo degli Stati Uniti a chiedere aiuto.
Un terribile virus sta uccidendo persone e animali in tutto il Canada, e il portatore di questo virus è il Bigfoot. Calvin è l’ultima speranza dell’umanità: la missione è uccidere la creatura prima che la minaccia diventi troppo grande e il virus attacchi tutto il mondo. Potete immaginare come andrà a finire. Tuttavia Calvin è molto riluttante, poiché non ha ancora messo la coscienza a posto dopo l’uccisione di Hitler, un uomo ormai miserabile e debole, il cui pericolo si era già estinto da tempo. Nonostante tutto, tornerà in azione per un’ultima missione.
Sam Elliott, l’eroe disilluso moderno
Malgrado il titolo, L’uomo che uccise Hitler e poi il Bigfoot non è affatto quello che sembra. È un film molto contenuto, con un piccolo cast e locations essenziali, e che si affida molto alle interpretazioni di ogni singolo attore, Sam Elliott in primis. Ogni personaggio è essenziale, ed ha il proprio piccolo momento di spicco. Il personaggio invecchiato di Calvin è pieno di profondità e amarezza, di sensibilità e rimpianti.
È un uomo stanco del mondo, che aspetta solamente il giorno della sua morte, ma è anche una sorta di classico eroe americano, che fa il suo dovere per la patria, ma ha anche risentimenti per le scelte fatte dal Governo per cui ha combattuto. Anche se alla fine trionfa sempre, pur mantenendo una costante modestia e umiltà, le sue azioni sono tormentate da dubbi e rimorsi, ed eseguite con grande riluttanza. Sam Elliott ci regala una delle sue interpretazioni più memorabili.
La storia d’amore con Maxine è una delle sotto trame più prevalenti, e anche quella più toccante. Sebbene la loro storia non sia niente di nuovo, è pervasa da una struggente nostalgia, ed è interpretata da Turner e FitzGerald con grande affetto, sia per i propri personaggi che per il racconto. Alla fine può sembrare scontata e derivativa, ma colpisce nel segno, oltre ad essere ovviamente funzionale alla storia de L’uomo che uccise Hitler e poi il Bigfoot e soprattutto al percorso del personaggio di Elliott.
L’uomo che uccise Hitler e poi il Bigfoot come ballata americana
Il ritmo è molto pacato, anche nelle scene d’azione, come quelle del confronto con il Bigfoot, e la toccante musica di Joe Kraemer ricorda le note malinconiche di alcune colonne sonore di Carter Burwell, frequente collaboratore dei fratelli Coen. Il film si potrebbe facilmente definire uno studio sul personaggio, poiché gli manca quella cifra stilistica tipica di un genere ben preciso.
Non è un film d’azione, non è un film di guerra, non è un film romantico, non è un film di fantascienza. È tutto questo, e allo stesso tempo niente di ciò. L’uomo che uccise Hitler e poi il Bigfoot vuole solo raccontare una storia, e la racconta con uno stile prettamente americano. A tratti sembra essere tratto da una ballata tradizionale, o da una graphic novel molto di nicchia, eppure è tutto frutto del regista, qui anche sceneggiatore e produttore.
Nel complesso L’uomo che uccise Hitler e poi il Bigfoot è un film genuino, che mantiene la promessa data dal titolo (anche se forse non nel modo spettacolare che si potrebbe anticipare), ma che regala anche inaspettati momenti di profondità e lirismo, calato nella mitologia e nello spirito dell’America.
Interessante notare tra i nomi dei titoli di coda quello di Douglas Trumbull, responsabile degli iconici e rivoluzionari effetti speciali di film di fantascienza come 2001: Odissea nello Spazio, Incontri ravvicinati del terzo tipo e Blade Runner. In L’uomo che uccise Hitler e poi il Bigfoot veste il ruolo di produttore esecutivo, ma si è occupato anche del costume del Bigfoot.
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