Alla sua seconda opera da regista, Bradley Cooper è in concorso per il Leone d’Oro con Maestro, storia d’amore che ripercorre la relazione complice e turbolenta del celebre compositore Leonard Bernstein con la moglie Felicia Montealegre, interpretata da un’impressionante Carey Mulligan.
“Quando ero piccolo in casa ascoltavamo spesso l’opera e la musica classica. Ho passato molte ore a condurre un’orchestra immaginaria con le capacità limitate di un bambino di otto anni” – ha dichiarato Bradley Cooper in un’intervista. La fiamma per la vita del compositore si era già accesa dunque già nell’infanzia, molto prima che Cooper decidesse di realizzare il progetto. Dalle ricerche condotte sulla figura controversa di Bernstein, a interessare il regista è stato il rapporto duraturo con sua moglie, decisamente inusuale se contestualizzato nelle consuetudini del tempo eppure capace di resistergli senza ipocrisie. Cooper e Mulligan restituiscono un’interpretazione perfetta e centrata dei coniugi Bernstein, una prova equilibrata ed elegante che vale la visione.
Maestro arriva su Netflix dal 20 dicembre.
Bradley Cooper e Carey Mulligan interpreti perfetti
A soli 25 anni Leonard Bernstein (Bradley Cooper) debutta, per un caso fortuito, alla Carnegie Hall di New York e la sua fama arriva a precederlo in breve tempo. Personalità magnetica, uomo affascinante spesso vizioso nei piaceri della vita, durante una festa Leonard conosce Felicia (Carey Mulligan), una pianista fenomenale la cui carriera ascende di pari passo con quella del compagno. Per un artista che rifugge la staticità, la famiglia – nel suo senso più convenzionale – di fatto non è che una gabbia senza soluzione di movimento. L’apparente inconciliabilità dei loro bisogni sembra allontanarli finché l’empatia di Felicia e il profondo amore per il compagno la portano ad accettare la necessità di Leonard di essere e sperimentare ogni cosa.
Maestro, un film elegante, ma senza mordente
“Volevo che al centro del film ci fossero loro due, così da mostrare la verità sul matrimonio senza allontanare i riflettori dalla coppia” dice Bradley Cooper sul nucleo narrativo di Maestro. La pellicola, seppur con un titolo fuorviante che sembra isolare il solo punto di vista di Bernstein, distende e racconta l’intimità di un legame lungo una vita, la difficoltà di Bernstein di essere diverso da com’è e la tenace resistenza emotiva di Felicia, molto diversa dall’uomo che ha sposato eppure disposta a difenderlo e sostenerlo nelle situazioni più avvilenti.
È stato Steven Spielberg a inviare a Cooper una bozza del copione perché credeva che sarebbe stato perfetto nel ruolo del compositore e che avrebbe restituito un’interpretazione credibile di una figura affascinante e irresistibile sullo schermo come Leonard. L’amore di Cooper per il lavoro teatrale di Carey Mulligan l’ha spinto a coinvolgerla nel progetto. Il personaggio di Felicia offre momenti di forte, ma placida, intensità che i due hanno costruito nelle settimane precedenti le riprese attraverso sessioni di “dream work” che consistono nel rivelare all’altro segreti della propria anima: la scena iconica di Leonard e Felicia seduti schiena a schiena sul prato è una delle risultanti di questo splendido percorso.
Fondamentale e insostituibile in Maestro è la colonna sonora, interamente composta dai brani diretti da Bernstein. Bradley Cooper è irriconoscibile, specie nelle sequenze in cui lo vediamo dirigere l’orchestra con un fervore quasi animalesco. Per catturarne l’essenza il regista ha preso parte alle prove di numerose orchestre, immergendosi totalmente nei movimenti e nelle dinamiche tipiche di un ensemble così rigoroso.
È incredibile il ruolo giocato da ogni figura nei diversi team della produzione. A fare di Maestro un’opera elegante e credibile è la preparazione che ha preceduto il progetto, la volontà – sotto la direzione di Cooper – di ottenere, assimilare e ricreare quante più informazioni possibili sulla vita di Bernstein e sul rapporto con sua moglie, vissuto in un fortunato alternarsi di registri e soluzioni visive (si alternano sequenze a colori e in bianco e nero per i diversi momenti della storia). La pellicola, come molti altri titoli della rassegna, sembra mancare di mordente. Forse, per il rapido passaggio dall’esaltante apertura del prologo alla linearità (troppo dilatata) del secondo atto.
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