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Cos’è la Manic pixie dream girl e perché è uno stereotipo ingombrante

16 minuti di lettura

Manic pixie dream girl è un termine comunemente usato per identificare uno stereotipo femminile nel cinema e nelle serie tv. Coniato nel 2005 dal critico Nathan Rabin nella sua recensione al film di Cameron Crowe Elizabethtown per descrivere il personaggio interpretato da Kirsten Dunst.

“Dunst embodies a character type I like to call The Manic Pixie Dream Girl (see Natalie Portman in Garden State for another prime example). The Manic Pixie Dream Girl exists solely in the fevered imaginations of sensitive writer-directors to teach broodingly soulful young men to embrace life and its infinite mysteries and adventures. The Manic Pixie Dream Girl is an all-or-nothing-proposition. Audiences either want to marry her instantly (despite The Manic Pixie Dream Girl being, you know, a fictional character) or they want to commit grievous bodily harm against them and their immediate family.”

Elizabeth town

Dall’articolo di Rabin il termine è entrato nell’uso comune e da allora impiegato per riferirsi a molti altri personaggi. Nella maggioranza dei casi la manic pixie dream girl compare in commedie romantiche dove rappresenta l’interesse amoroso del protagonista, quasi sempre un uomo qualunque che si trova in un momento infelice o difficile della sua vita.

La manic pixie dream girl ci viene presentata come una donna affascinante, alternativa, con un look eccentrico, gusti musicali interessanti, spensierata, impulsiva, un po’ pazza, che spesso si tinge i capelli e non vuole fare programmi per il futuro.

Il protagonista ne è ovviamente affascinato, molto spesso se ne innamora, travolto da questa ondata di vitalità e spera che lei lo possa riscattare dalla sua esistenza piatta. Il ruolo di queste donne all’interno della storia è sempre e solo quello di aiutare il protagonista a migliorarsi, a compiere un passo importante, a dare una svolta alla propria vita.

La manic pixie dream girl è sempre un personaggio secondario che agisce in funzione del protagonista maschile. È lui al centro del film e la storia ci viene raccontata dal suo punto di vista. È attraverso di lui che assistiamo lo svolgersi degli avvenimenti e facciamo la conoscenza dei personaggi.

Le rappresentazioni di questo genere sono incapaci di un’oggettività che le renda affidabili, per questo risultano in un certo senso manchevoli di completezza fornendo informazioni viziate dalla soggettività di un solo personaggio. Così la percezione che possiamo avere della manic pixie dream girl è sempre insufficiente a delineare un personaggio a tutto tondo; la sua personalità non è indagata, il protagonista si limita a essere attratto dalla sua bellezza e gli basta sapere quanto sia meravigliosa, incantevole, diversa da tutte le altre.

A una manic pixie dream girl non è concessa nessuna interiorità e in fondo al protagonista non interessa conoscerla.

Male gaze e rappresentazione

Scott Pilgrim vs The World

Lo stereotipo della manic pixie dream girl così come è stato descritto è figlio principalmente di due fattori: una cattiva scrittura e quello che viene definito male gaze. É stata la critica cinematografica Laura Mulvay a usare per prima il termine in riferimento alla centralità dello sguardo maschile nel cinema.

Male gaze indica la rappresentazione del mondo, della realtà, da una prospettiva maschile eterosessuale da cui deriva molto spesso un’immagine del femminile oggettificata alla soddisfazione del protagonista maschile. In prodotti di questo tipo si presuppone inoltre che il pubblico abbia acquisito e introiettato tale sguardo.

Da questo modo di agire e intendere la creazione cinematografica sono nati nel tempo tutta una serie di stereotipi sessisti, figli di una scrittura maschile egoriferita che può permettersi di non preoccuparsi di riservare una scrittura adeguata anche ad altri personaggi.

La cultura maschilista occidentale è talmente pervasiva da governare anche le dinamiche interne alla costruzione filmica. Dare spazio a un solo punto di vista fa si che questo diventi l’unico possibile, in cui si debba riconoscere chiunque al di la di genere, razza, provenienza sociale.

Stereotipi e riconoscimento

manic pixie dream girl

Soffermarsi su questa questione è importante, perchè la rappresentazione è legittimazione, sentirsi rappresentate, riconoscersi, è fondamentale. Perpetuare stereotipi sessisti è offrire alle spettatrici un modello di riconoscimento nocivo. La manic pixie dream girl veicola ben due stereotipi femminili tossici: quello dell’unica donna e quello del ruolo della donna assoggettato alla cura.

Il primo perpetua l’idea che tutte le donne siano uguali tranne una che possiede delle caratteristiche che la rendono unica. Il fatto che queste caratteristiche siano puramente estetiche e superficiali, come tingersi i capelli con colori strani e indossare abiti eccentrici, sottolinea ulteriormente come il ruolo delle donne sia relegato solo all’atto di essere ammirate e d’altro canto sminuisce la profondità e la stratificazione a cui potrebbero e dovrebbero aspirare.

L’altro stereotipo risulta ancora più problematico perché perpetua la credenza che il ruolo della donna sia relegato esclusivamente alla cura, in questo caso del suo uomo. Il lavoro è stato svolto alla perfezione e non ci si accorge di quanto sessista e svalutante sia. Si è riusciti a rendere affascinante e adorabile anche agli occhi delle donne un ruolo che è quello secondario puramente funzionale all’uomo, unico protagonista del film e della vita.

Da Colazione da Tiffany a 500 giorni insieme

manic pixie dream girl

Da quando Nathan Rabin ha coniato il termine si sono voluti riconoscere sempre più ruoli rispondenti a questo stereotipo, anche in maniera retroattiva. Le manic pixie dream girl sono sempre esistite, solo che prima non avevano un nome.

Spesso, però, si è arrivati anche a un eccesso, volendo identificare con questo termine tutti quei personaggi che ne mostrano le caratteristiche senza possederne il significato.

La manic pixie dream girl non è qualsiasi personaggio femminile che mostri stranezze comportamentali ed eccentricità estetiche. La sua scrittura la vuole veicolata al viaggio del protagonista, la sua rappresentazione la vede come un oggetto da osservare e non da indagare. Come detto in precedenza, la differenza nel modo in cui questi personaggi vengono percepiti e possono essere interpretati sta nello sguardo e nella scrittura che si decide di adottare.

Possono essere fatti risalire a questo stereotipo personaggi come quello di Kirsten Dunst in Elizabethtown, di Natalie Portman in Garden States, di Mary Elizabeth Winstead in Scott Pilgrim vs. The World, di Charlize Theron in Dolce novembre, di Rachel Bilson in L’ultimo bacio. Alcuni hanno voluto inserire in questa lista i personaggi interpretati da Audrey Hepburn per esempio in Colazione da Tiffany. Ci sono poi dei personaggi che stanno sul limite di questa interpretazione per esempio Kate Hudson in Almost Famous, Zooey Deschanel in 500 giorni insieme e in New Girl o Zoe Kazan in Ruby Sparks. Questi ultimi sono personaggi ambigui perché in qualche modo rientrano nell’identificazione, ma riescono a uscirne e a svincolarsi dell’etichetta.

New Girl smonta la Manic Pixie Dream Girl dall’interno

manic pixie dream girl

Jessica Day, il personaggio di Zooey Deschanel in New Girl possiede tutte le caratteristiche di una manic pixie dream girl, come tutti i ruoli interpretati dall’attrice dopotutto, ma dimostra, lungo l’intera serie, che è possibile ironizzare su quello stereotipo smontandolo dall’interno.

Jess non ci è presentata come la ragazza di cui tutti si innamorano, al contrario, per la sua stravaganza ed eccentricità è descritta come una persona buffa e imbarazzante, a tratti insopportabile.

Stando all’interno delle dinamiche e dei limiti propri della sitcom Jess riesce ad acquisire spessore ad ogni puntata, non solo perché è la protagonista, ma per la caratterizzazione che le si vuole dare, mostra indipendenza, dichiara uno scopo lavorativo, esprime pensieri, emozioni, riflessioni che superano la riduzione allo stereotipo.

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Zoe Kazan in Ruby Sparks è letteralmente la rappresentazione della manic pixie dream girl in un intento metariflessivo e metacinematografico neanche troppo velato.

Il suo personaggio è la fantasia di Paul Dano-scrittore che prende vita, il sogno segreto di qualsiasi uomo. Il problema comincia a sorgere quando la fantasia inizia a comportarsi e a pensare come una persona reale e quindi a non vivere esclusivamente in funzione del suo compagno-creatore. Dichiarando la propria indipendenza e la propria autonomia Ruby Sparks perde il fascino di manic pixie dream girl per diventare una donna reale.

Eternal Sunshine of the spotless mind e l’anti manic pixie dream girl

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Ci sono poi esempi di personaggi femminili che pur possedendo le caratteristiche di una manic pixie dream girl non è possibile collocare all’interno di questo stereotipo perché godono di una scrittura attenta e adeguata o di una visione completamente nuova.

Clementine (Kate Winslet) in Eternal Sunshine of the Spotless Mind è forse uno dei più famosi. Il merito è sicuramente della sceneggiatura del premio Oscar Charlie Kaufman. Il protagonista della storia è Joel (Jim Carrey), ragazzo anonimo e apatico e Clementine ci viene presentata come una ragazza strana e un po’ pazza che per qualche assurda ragione si innamora di lui.

Il film ci porta letteralmente all’interno della mente di Joel, riviviamo momenti della sua storia con Clementine, ricordi della sua infanzia, facciamo conoscenza della sua solitudine, delle sue ipocondrie e delle sue sofferenze. Il personaggio di Joel tocca molti aspetti solitamente legati alle storie con manic pixie dream girl, l’iniziale idealizzazione della persona amata, non vedere i suoi difetti e poi invece odiarli, arrivare ad ammettere di non conoscerla veramente, oltre alla convinzione che sarebbe stata la donna amata a salvarlo dalla sua vita monotona con la propria follia e imprevedibilità.

Ma il personaggio di Clementine mostra tutta una serie di lati del suo carattere che l’allontanano da questo stereotipo. Non è scritta per vivere e decidere in funzione del suo compagno, non è lei la persona che lo salverà perché è già impegnata a salvare se stessa.

Ogni azione che compie il personaggio sembra fatta per smarcarsi sempre più da questo ruolo relazionale e riuscire ad ottenere lei stessa un’autonomia. La sua eccentricità, la sua impulsività non sono oggettificate, sono prese per delle caratteristiche come le altre.

Eternal Sunshine of the Spotless Mindsupera le dinamiche tipiche del genere cinematografico per mostrare un amore tra due persone che prima di tutto stanno cercando di salvarsi da sole e poi decidono di amarsi correndo il rischio di farsi del male a vicenda.

Euphoria rifiuta lo stereotipo

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Per fare un esempio più recente si potrebbe citare il personaggio di Jules (Hunter Schafer) della serie televisiva Euphoria scritta da Sam Levinson. La protagonista è Rue (Zendaya) tossicodipendente appena tornata da un ricovero per disintossicarsi. Sembra non trovare un valido motivo per mantenersi sobria fino all’arrivo di Jules, ragazza transgender che la serie riesce a non identificare unicamente in questa caratterizzazione.

La differenza di Euphoria rispetto a molti altri prodotti è proprio nella scrittura dei personaggi. Rue è una ragazza che non riesce a dare un senso alla propria vita e Jules poteva facilmente assolvere al ruolo di salvatrice, di guida, uno spirito libero giunto per mostrare all’altra la bellezza di vivere. Ma come rifiuta l’unicità di identificazione nel genere rifiuta anche la riduzione a manic pixie dream girl.

Jules ci è presentata come una moderna Sailor Moon, che spicca per eccentricità in mezzo a tutti gli altri, ma poi scopriamo anche quanto il personaggio sia ricco di sfumature e contraddizioni, di una profondità che purtroppo non possiamo considerare scontata, soprattutto in prodotti di questo genere. È possibile infatti far rientrare la serie nella categoria dei teen drama, spicca però per come riesce ad affrontare argomenti attuali con onestà e ad abbattere tutta una serie di clichè e stereotipizzazioni sulla rappresentazione e percezione dei corpi.

Soprattutto nell’episodio speciale dedicato a Jules è evidente quanto l’esperienza reale dell’attrice sia fondamentale per rendere l’episodio autentico e molto importante. È un episodio prezioso per l’intera serialità televisiva, creare personaggi che diano voce alla pluralità, che distruggano gli stereotipi o che per lo meno non veicolino messaggi tossici è quello che ci si dovrebbe augurare dai prodotti cinematografici e seriali.


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Chiara Cazzaniga, amante dell'arte in ogni sua forma, cinema, libri, musica, fotografia e di tutto ciò che racconta qualcosa e regala emozioni.
È in perenne conflitto con la provincia in cui vive, nel frattempo sogna il rumore della città e ferma immagini accompagnandole a parole confuse.
Ha difficoltà a parlare chiaramente di sé e nelle foto non sorride mai.

2 Comments

  1. Sarei curioso di leggere una tua recensione di cinquanta sfumature di grigio o 365 giorni, giusto per vedere se utilizzi un doppio standard o no.

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