Tre anni dopo il suo ultimo film Sundown, il regista Michel Franco torna al cinema per raccontare una storia estremamente umana, che tocca temi noti ai conoscitori dell’autore. Memory racconta la delicata storia d’amore tra due persone molto diverse, ma entrambe spezzate, unite dal peso della memoria e del ricordo, o dall’assenza di essi. Jessica Chastain e Peter Sarsgaard interpretano i due protagonisti, Sylvia e Saul, un’accoppiata vincente che regala forte empatia a una storia già ricca di sensibilità.
Memory, una storia d’amore improbabile
Una festa di ritrovo del liceo porta al complicato incontro tra Sylvia e Saul: lei è introversa e condizionata da un trauma d’infanzia che la perseguita ancora nella vita adulta; lui è affetto da una demenza precoce ai primi stadi. Dopo varie incomprensioni e chiarimenti, si instaura un rapporto di aiuto reciproco, che piano piano diventa qualcosa di più forte, di cui entrambi sentono fortemente il desiderio e il bisogno, forse anche per colmare l’incomprensione delle rispettive famiglie: quella di Sylvia è segnata dalla repressione del trauma, mentre quella di Saul non riesce a gestire la sua condizione mentale.
I ruoli tra i due si invertono e si alternano, fino a raggiungere un equilibrio perfetto. Ma la natura del rapporto tra Sylvia e Saul rimane la stessa sin dall’inizio di Memory: in principio è lei a prendersi cura di Saul, a fargli compagnia, a essere una presenza costante nella sua quotidianità, un’ancora che lo tenga saldo nel presente, al sicuro dalle maree del passato. Poi diventa il turno di Saul di supportare Sylvia, prigioniera di un passato ancora troppo doloroso.
In Memory, Sylvia e Saul sono diversi e uguali allo stesso tempo: per tutti e due il passato incombe nel presente, come un fantasma che li perseguita e si aggira nella psiche di entrambi, uno spettro da cui loro si vogliono separare. Lei vuole dimenticare il passato per liberarsi di un demone, lui vuole distaccarsi dal passato per riuscire a ricordarsi il presente. La memoria che dà il titolo al film dunque non è solo quella evanescente di Saul, come può sembrare dalla premessa, ma è anche e soprattutto quella del trauma di Sylvia.
Memory, prendersi cura delle ferite del ricordo
In Memory, Michel Franco lascia che siano i personaggi a rivelare il tema della memoria, la natura dei ricordi e di come essi ci perseguitano, ci segnano, influenzano la nostra vita. Saul rimuove i ricordi più immediati ma vive con vivida nitidezza quelli della sua infanzia o del suo precedente matrimonio, il che rende il suo umore una continua altalena tra la tristezza, il dolore della nostalgia e la spensieratezza, l’allegria del presente. Sylvia invece è ansiosa, spaventata, intrappolata in una gabbia creata da un trauma a lungo soppresso dalla sua stessa famiglia, e da cui per questo non è mai riuscita a liberarsi.
Non è un caso che Sylvia, terrorizzata dal sesso maschile a causa di una serie di rapporti turbolenti e torbidi con esso, sia attratta da un uomo estremamente vulnerabile e debole, inoffensivo a causa della sua condizione mentale. Un uomo, Saul, capace per questo di mostrare una dolcezza e una sensibilità che riescono a mettere a proprio agio Sylvia, nonostante un’iniziale paura per queste emozioni forti che, probabilmente, lei non aveva mai provato prima con questa delicata intensità.
Memory mette in scena una storia d’amore improbabile, una relazione complementare tra due persone unite dal proprio personale trauma con il ricordo. Una strana coppia che riesce a prendersi cura l’una dell’altro grazie alla comprensione e alla compassione, alla sensibilità e alla tenerezza, alla presenza nel senso dello stare insieme nel presente. Sylvia e Saul affrontano il presente appoggiandosi alla forza, o forse alla debolezza, dell’altro, e ai diversi significati che il ricordo ha assunto nella vita di entrambi.
L’amore salvifico secondo Memory
I temi del trauma e dell’abuso, soprattutto nei confronti del sesso femminile, sono ricorrenti nella filmografia di Michel Franco, ma in Memory si fa strada anche quello più ottimista e umano dell’amore, salvifico e solidale. Ma non solo quello tra Sylvia e Saul, bensì anche quello di Anna, la figlia di Sylvia, che non abbandona mai la madre nonostante i disguidi e il loro difficile rapporto. L’umanità di Franco sta anche nella rappresentazione della complicata relazione tra una figlia adolescente, curiosa e intraprendente, e una madre complicata, tormentata da paure radicate nel profondo che fa fatica a contenere, che a stento riesce a non riversare su Anna.
Sarà proprio Anna nel finale (l’unica nota un po’ scontata e quasi hollywoodiana nel suo happy ending) a ricollegare il filo spezzato tra i due innamorati, che per tutto il film sembrano come due bambini in corpi di adulti, forse perché ancorati a una dimensione del passato e della loro infanzia, molto vivida e presente; o forse perché inondati da quell’amore pieno, genuino, un po’ naïve, che caratterizza le storie d’amore più felici.
In Memory, la messa in scena di Franco pone sempre la giusta distanza, con dei piani lunghi, statici, e dei colori freddi che trasmettono la difficoltà dei due protagonisti ad aprirsi al calore del presente. Ma la staticità e la freddezza della messa in scena vengono colmate dalla tenerezza tra i due, dal loro prendersi cura l’uno dell’altra, dal supporto reciproco e dal superamento dei propri ricordi. Nessuno dei due si libererà completamente dal dolore della memoria, ma insieme riusciranno finalmente a ricontestualizzarlo in un presente sentito, vissuto, riempito dall’amore solidale che era mancato nella loro vita.
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