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Midnight Mass

Midnight Mass, Flanagan rifugge la paura ma terrorizza

La serie che sta terrorizzando Netflix, spiegata

7 minuti di lettura

Midnight Mass è il regalo che Mike Flanagan (The Haunting, Doctor Sleep, Somnia) ha concesso agli utenti Netflix per prepararsi con dovizia al mese più oscuro dell’anno. Disponibile sulla piattaforma dal 24 settembre, la Serie TV horror tratta dall’omonimo romanzo di F. Paul Wilson si dipana attraverso sette lunghi atti, sette capitoli biblici di cui è opportuno, se non doveroso, compilare un’esegesi sulla base dei suoi innumerevoli elementi conturbanti, simbolici ed evocativi.

Degno erede del Maestro del Brivido (grande estimatore di Midnight Mass), nella sua capacità di raccontare l’isolamento, il terrore, il dubbio, le condizioni d’esistenza di una comunità che trae sostentamento dal giudizio, dalla morale e dall’etica religiosa, Flanagan si ispira a se stesso, vantando nuovamente l’attenzione minuziosa alle complesse dinamiche familiari, avviluppate in una spirale di colpa e perdono che solo la matrice esistenziale di Midnight Mass poteva risolvere con estrema raffinatezza, formale, compositiva e dialogica.

Pedine di una fanatica vocazione, gli abitanti di Crockett Island non sono altro che il riflesso carnale del loro intimo sentimento spirituale, anime empie in cerca di redenzione pronte a sacrificare la propria individualità in favore di una guida che conduca il gregge all’Assoluzione

Il disegno apocalittico in Midnight Mass: Genesi, Salmi, Proverbi, Lamentazioni, Vangelo, Atti degli apostoli, Apocalisse

Midnight Mass

Riley Flynn (Zach Gilford) torna a Crockett Island dopo l’arresto per omicidio stradale in stato di ebbrezza in cui una ragazza è rimasta vittima. Nel microcosmo isolano, composto da sole 127 anime, le tensioni si manifestano progressivamente, lasciando emergere pulsioni intestine di violenza, rancore, risentimento e totale devozione spirituale. L’arrivo di un nuovo, giovane prete, come sostituto dell’ormai anziano e malato Monsignor Pruitt, genera nella piccola comunità un sentimento di identità collettiva e condivisa che fa dei miracoli di Padre Paul (Hamish Linklater) il perno costitutivo di un rinnovato Credo religioso.

Tra i membri della piccola comunità, si delineano le storie della famiglia di Riley, composta da una madre fin troppo apprensiva e un padre che stenta nel concedere il perdono al figlio, della dottoressa Sarah Gunning (Annabeth Gish), impegnata nella cura della madre affetta da demenza senile, della figlia del sindaco Leeza (Annarah Cymone) rimasta paralizzata dopo un incidente e dell’ex compagna di Riley, Erin (Kate Siegel), ora incinta di un altro uomo.

Figura di raccordo, essenziale per il compimento del disegno finale, la devota Bev Keane (Samantha Sloyan), che organizza e partecipa in prima fila ai servizi religiosi dell’isola. Sconvolta dalla drastica situazione economica in cui versano le finanze dell’isola, la comunità trova conforto e sostegno nelle omelie di Padre Paul, sermoni che presto rivelano l’oscuro, altissimo prezzo da pagare.  

Mike Flanagan e l’innovativa strategia del terrore: la gratifica come riconoscimento alla Resistenza fino all’atto finale 

Midnight Mass Serie TV

Beato l’uomo che sopporta la prova; perché, dopo averla superata, riceverà la corona della vita

[Giacomo 1:12]

Se già con The Haunting of Bly Manor, secondo capitolo dopo The Haunting of Hill House, Flanagan aveva ridotto l’elemento orrorifico in favore di una costruzione narrativa più romanzata, catartica e riflessiva, in Midnight Mass il regista si conferma autore di una nuova sintassi, in cui al peso delle grida tumultuose si sostituisce un terrore dosato, ragionato, più flemmatico e conforme alle traiettorie di un genere che travalica i confini per tendere all’assoluto universale.

Nella visione di Midnight Mass non c’è spazio per la rapidità frenetica, e per lo spettatore il pane quotidiano spezzato in favore dei discepoli non è altro che un eterno, pregnante, rimando all’atto finale al quale fa eco una tensione narrativa costante, a tratti logorante, che spinge alla resistenza visiva. 

La fotografia desaturata di Michael Fimognari è la chiave d’accesso all’immersione catartica del dramma di Midnight Mass, punto di contatto empatico con i personaggi plumbei e sfumati che Flanagan ritrae come prigionieri in piena luce. La lentezza riflessiva trova respiro e riscatto solo nell’episodio finale, autoconclusivo sembrerebbe se non per un piccolo spiraglio che allude ad un possibile ritorno in scena.

La comunità non abita che un tempo sospeso, vissuto alla ricerca dell’immortalità di cui si fa garante il padre di Hamish Linklater, credibilissimo nel suo ruolo di traghettatore. Midnight Mass maneggia la figura del vampiro con un tocco innovativo, conferendole un’attitudine e una fisionomia angeliche, a tratti rassicuranti. Padre Paul è l’anello di congiunzione tra realtà e mitologia, la cifra potenziale in grado di trasformare l’inerme essere umano, vuoto e fallibile, nell’ideale perfetto di un’anima a servizio della volontà divina, nella prospettiva defaticante di un’Assoluzione che sembra silenziare la responsabilità dell’uomo e condurre inevitabilmente ad un’immortalità di facciata.

Il contrappasso per quest’auspicata Resurrezione pragmatica, vuotata del suo più emblematico significato spirituale, è la Resistenza delle anime pure, che sovvertono le coordinate cicliche del tempo, restituendogli la corsa in un nuovo Giardino dell’Eden.  


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25, Roma | Scrittrice, giornalista, cinefila. Social media manager per Cinesociety.it dal 2019, da settembre 2020 collaboro con Cinematographe per la stesura di articoli, recensioni, editoriali, interviste e junket internazionali.
Dottoressa Magistrale in Giornalismo, caposervizio nella sezione Revisioni per NPC Magazine, il mio anno ruota attorno a due eventi: la notte degli Oscar e il Festival di Venezia.

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