È in arrivo dal 12 luglio nelle sale italiane Mission: Impossible – Dead Reckoning – Parte uno, il settimo capitolo di una delle saghe più famose e prolifiche della storia del cinema action. Ritorna nei panni del super agente segreto Ethan Hunt l’inossidabile Tom Cruise, qui ancora una volta in veste di produttore.
Ad affiancarlo alcuni nomi già conosciuti nei precedenti film come Ving Rhames, Simon Pegg, Rebecca Ferguson e Vanessa Kirby. Tra i volti nuovi spicca Hayley Atwell, la Peggy Carter del Marvel Cinematic Universe.
La trama di Mission: Impossible – Dead Reckoning
Mare di Bering: un sommergibile russo con all’interno quella che viene definita “l’arma definitiva” affonda in circostanze misteriose. Responsabile sembrerebbe essere l’Entità, un’intelligenza artificiale capace di modificare digitalmente la realtà e controllarla. Obiettivo di tale intelligenza è aprire grazie a una specifica chiave l’arma definitiva, creando così una rivoluzione politica e culturale senza precedenti. Assoldato dall’ambiguo Eugene Kittridge (Henry Czerny), Ethan Hunt (Tom Cruise) farà di tutto per risparmiare all’umanità l’ingresso in un vero e proprio Medioevo digitale, in una nuova missione impossibile che lo vedrà girare senza posa per l’Europa, naturalmente sostenuto dalla sua squadra e da una nuova fiamma, Grace (Hayley Atwell).
Mission: Impossible, una saga che non smette di stupire
Era il lontano 1996 quando Tom Cruise decise di interpretare, nonché di produrre, il primo film di una saga destinata a rivoluzionare il genere action. Protagonista è il famigerato Ethan Hunt, agente segreto vecchio stampo dell’IMF (Impossible Mission Force), una segretissima unità della Cia specializzata in missioni, appunto, apparentemente impossibili.
Ne è passata dell’acqua sotto i ponti dal primo film; registi di caratura internazionale come Brian De Palma, John Woo e J.J. Abrams hanno diretto i primi tre capitoli, contribuendo, chi più chi meno, a scolpire nell’immaginario collettivo un agente capace di sbrogliare qualunque matassa con grande acume e prestanza fisica. A dargli corpo e voce, come ben risaputo, un Tom Cruise già con un piede e mezzo nell’Olimpo delle più famose star hollywoodiane.
Eppure, cosa assolutamente rara nella storia del cinema, la saga di Mission: Impossible ha subito un cambiamento totalmente positivo a partire dal quinto capitolo: Mission: Impossible – Rogue Nation. Quattro anni dopo il pur discreto Mission: Impossible – Protocollo fantasma di Brad Bird, è salito sul timone della saga il regista, produttore e soprattutto sceneggiatore Christopher McQuarrie.
Premio oscar per la miglior sceneggiatura con I soliti sospetti e autore a tutto tondo molto vicino a Tom Cruise (aveva già diretto la superstar in Jack Reacher, nonché curato la sceneggiatura sempre di Jack Reacher, Operazione Valchiria ed Edge of Tomorrow), McQuarrie si è rivelato un tassello fondamentale per quel riuscitissimo mosaico che appare oggi l’intera saga basata sull’omonima serie televisiva degli anni 60.
Cruise e McQuarrie, una sinergia perfetta
Non era semplice intervenire su un franchise come Mission: Impossible che, già contando di ben quattro capitoli diretti da registi tutti diversi, era comunque riuscito a soddisfare una platea piuttosto consistente di pubblico. Oltre a consolidare alcune sfumature di Ethan Hunt già emerse nei capitoli precedenti, McQuarrie si è concentrato soprattutto nella definizione di una struttura narrativa quantomeno solida, che non incappasse in uno degli errori più ricorrenti del cinema action: la ripetitività.
Certo, in tutti i film della saga da lui diretti ci sono antagonisti imprevedibili, femmes fatales di cui non fidarsi troppo e assai godibili scene d’azione. Questi ultimi però sono soltanto elementi essenziali da cui si dipartono numerosi miglioramenti che confluiscono perfettamente nella prima parte di Mission: Impossible – Dead Reckoning.
Come si sarà notato dal titolo, l’ultimo lavoro di McQuarrie è solo la prima parte di un dittico; esso presenta infatti una seconda parte, in uscita nelle sale di tutto il mondo a giugno 2024. Da qui due sfide assolutamente non banali: incaricare Ethan Hunt di una missione così impegnativa da meritarsi addirittura due film e dare, nello specifico alla prima parte di Mission: Impossible – Dead Reckoning, una compiutezza capace di soddisfare non solo il pubblico più affezionato alla saga, ma anche quello maggiormente generalista.
Se la seconda sfida è stata vinta in scioltezza grazie, appunto, ad una scrittura accorta e sempre rispettosa dei veri e propri punti fermi della saga – intrattenimento, scorrevolezza narrativa, scene d’azione mozzafiato – è la prima sfida, anche questa decisamente vinta, a meritare qualche parolina in più. Perché Mission: Impossible – Dead Reckoning – Parte uno è tutt’altro che un film action caratterizzato esclusivamente da mirabolanti botte da orbi e intrecci narrativi perlopiù stantii e stereotipati. Oltre agli stilemi più nobili del genere, utilizzati e depurati di qualsiasi difetto o stucchevolezza, spicca una riflessione per nulla banale sulle tanto utili quanto potenzialmente pericolose intelligenze artificiali.
Che non si consideri la prima parte di Mission Impossible– Dead Reckoning un pamphlet cavilloso e cervellotico. A dominare nel film è sempre una straordinaria corsa contro il tempo di un uomo che deve salvare per l’ennesima volta il mondo. Ma è sempre sorprendente, nonché apprezzabile, quando un film – tanto più se di genere action – inserisce consapevolmente nella comfort-zone della finzionalità più spiccata tematiche così attuali.
Mission: Impossible e Tom Cruise, quando un nome è sinonimo di garanzia
Quindi, se quest’ultimo capitolo di Mission: Impossible non s’impantana sui terreni più scivolosi, ovvero quelli temutissimi della scrittura e della regia, è sul piano più marcatamente tecnico che – come era facile prevedere – può ritenersi un vero e proprio capolavoro del suo genere.
Le scene d’azione sono un autentico spettacolo per gli occhi; i folli inseguimenti girati a Roma e le incredibili sequenze finali del treno restano impresse nella memoria, scolpendo così quello che può essere definito senza ombra di dubbio uno dei più meritevoli blockbuster dell’anno. E un ringraziamento speciale va di certo all’uomo che più ha creduto – e che ancora fermamente crede – a questa saga quasi trentennale: Mr. Tom Cruise.
Non contento del clamoroso successo ottenuto l’anno scorso con Top Gun: Maverick, grande trionfo di pubblico e di critica, l’attore e produttore americano ha deciso di raddoppiare letteralmente la posta in gioco con due nuovi sequel di un franchise ormai parecchio consolidato, che non avrebbe quasi più nulla da dimostrare. Eppure, con un’accorta e purtroppo poco imitata strategia produttiva rivolta soprattutto al raggiungimento di alcuni target economici e alla valorizzazione del cinema come luogo esperienziale, Tom Cruise ha permesso alla saga di Mission: Impossible di alzare ulteriormente l’asticella, creando di conseguenza grossissime aspettative per il prossimo capitolo della saga.
In definitiva, non resta che ringraziare l’iconico attore americano: l’uomo che, come disse senza troppi giri di parole Steven Spielberg all’Oscar Luncheon dell’anno scorso, ha salvato e continua tutt’oggi a salvare il c…o a Hollywood.
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Che sia un successo non è detto. Il film ha un budget altissimo, vedremo s’è riusciranno a rientrare dei costi, s’è non fa almeno 800 o 900 milioni questo Mission Impossibile 7 sarà un flop