È una serata piovosa. Un bambino armato di torcia esplora una soffitta buia: si arrampica sullo schienale di una vecchia sedia e tenta di raggiungere un libro misterioso. Il nonno lo coglie sul fatto e decide di svelargli il contenuto del volume proibito. È un segreto di famiglia e al contempo un tesoro inestimabile, le cui tracce sono perse nella storia e nella leggenda. Per quel bambino, Benjamin Franklin Gates (interpretato, una volta adulto, da Nicolas Cage), questo istante segna l’inizio della missione di una vita. Per noi spettatori, invece, è il principio di un’avventura cinematografica emozionante: la ricerca del National Treasure è cominciata.
Chi, tra i lettori, ricorderà questo incipit? National Treasure, – uscito nel 2004, arrivato in Italia col titolo Il Mistero dei Templari – è, per qualcuno, un pezzetto d’adolescenza. Lo script prendeva spunto dalle peripezie del ben più celebrato Indiana Jones, ammiccando però alle intricate trame delle opere letterarie di Dan Brown. Un mix interessante, che diede origine a due film (quello citato e National Treasure: Book of secrets, noto dalle nostre parti col titolo Il mistero delle pagine perdute), entrambi votati al puro intrattenimento. Mettevano in piedi nient’altro che un paio di cacce al tesoro in grande stile.
National Treasure, il comfort movie per gli amanti dell’avventura
Il franchise National Treasure – che a breve verrà ampliato con una serie TV su Disney+ (qui la recensione) – non è certo un capolavoro acclamato dalla critica: nessuna performance fuori dal comune, nessuna sceneggiatura da premio Oscar. Eppure, resta incredibile nella sua banalità. Incredibile in ogni accezione possibile. Innanzitutto – e questo va riconosciuto per amor del vero – per l’assurdità di alcune scene che di verosimile hanno davvero poco se non niente.
In particolare, le svariate sequenze nelle quali lo storico Ben Gates è chiamato a risolvere gli indovinelli che fungono da indizi per raggiungere i tesori nascosti. Chi può credere che Nicolas Cage possa sciogliere un’enigma impossibile, rimasto incompreso per decenni, scrutando una banconota da cento dollari attraverso una bottiglietta d’acqua?
Non solo: è disarmante la facilità con la quale Gates trova alcuni indizi (come all’inizio del primo film, quando rinviene una nave sepolta nel bel mezzo del nulla, dopo una ricerca di neanche dieci minuti nei ghiacci del Circolo Polare Artico). È chiaro che il realismo è rimasto fuori dalla porta e che solo un bambino può entrare nella stanza e godersi l’avventura cinematografica.
Infatti, se si accettano le regole del gioco, National Treasure si trasforma nel comfort movie perfetto: un po’ d’azione, una storia d’amore, qualche battuta spiritosa. È allora che diventa a tutti gli effetti un franchise incredibile, che può essere amato nonostante sia – lo diciamo senza vergogna – ridicolo. D’altronde, film così hanno due destini possibili: cadono nel dimenticatoio perché irrilevanti oppure restano nel cuore di chi li vede, tramutandosi in ricordi nostalgici e sbiaditi legati ad un’emozione che fu.
“L’unico modo per proteggerla, è rubarla!”
National Treasure resiste ai colpi del tempo. Riviste a distanza di quasi vent’anni, le avventure di Gates, dei suoi buffi genitori e della sua sgangherata cerchia sono ancora divertenti. La macchina da presa di Jon Turteltaub è capace di trasformare un over40 col parrucchino in un eroe action che si erige a difensore della Storia con la maiuscola. Gates è l’incorruttibile: non agisce mai per bramosia di denaro, ma sempre per restituire dignità alla propria famiglia, che da generazioni è accusata di follia e complottismo. Si arrende all’idea di rubare la Dichiarazione d’Indipendenza, ma solo per proteggerla dal nemico di turno.
Nei due film, la Storia si fa personaggio e, soprattutto, sistema valoriale. Restano infatti l’individualismo, la realizzazione personale e il successo materiale/economico (non è un obiettivo voluto, ma resta comunque parte del risultato ottenuto dai protagonisti), tipici dell’american way of life. Sono, però, affiancati da altro.
Ben Gates promuove una condotta di vita che segue l’esempio di figure storiche che hanno compiuto “gesti in apparenza sbagliati, per poter fare ciò che sapevano essere giusto”. È affascinato dai documenti antichi perché contengono parole che la gente non dice più e caldeggiano valori in cui nessuno crede più, ma dei quali il mondo ha disperatamente bisogno.
Se i mezzi impiegati da National Treasure rasentano e superano il ridicolo, gli intenti sono nobili e lo svolgimento coinvolgente. Al netto di un’americanismo lampante, dei soliti cliché e della scarsa credibilità di certe scene, lo spettatore può gustarsi un’avventura eccitante che non lascia spazio a sbirciatine al minutaggio.
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La vostra recensione infastidisce profondamente chi ha cultura del grande cinema…Oggi la critica esalta pellicole dalla trama improponibile, senza capo ne’ coda, lenti e noiosi…Parlate di scene ridicole e inverosimili e poi citate Indiana Jones dove scene inverosimili non mancano, come non mancano nei film fantasy osannati anche dalla critica oltre che dal pubblico…Il cinema e’ realta’ ma anche fantasia…La saga di National Treasure e’ meravigliosa come quella di Indiana Jones, unisce appunto Indy con le opere di Dan Brown, le sceneggiature sone perfette, i film autentici capolavori del genere avventura…Aspettiamo da 15 anni il terzo capitolo della saga con il grande Nicholas Cage…Oggi film cosi belli non li fanno piu’…Il remake di Tomb Raider e l’ultimo Uncharted (quest’ultimo comunque bello) non raggiungono quei livelli…
Ciao! Sono l’autrice della recensione. Innanzitutto grazie per il tuo commento, è sempre bello trovare amanti dei film d’avventura! Ci tengo a risponderti perché sono una grande fan di queste pellicole e mi sembra di aver dato l’impressione contraria. Quando ho scritto che non è un capolavoro, ho sottolineato che sia opinione comune della critica, la quale non ha mai, in effetti, dato alcun riconoscimento di merito al film. Per quanto riguarda la sceneggiatura, hai ragione a dire che scene che rasentano l’assurdo sono presenti anche in altri film d’avventura, persino Indiana Jones! Tuttavia, parliamo di film differenti, con propositi diversi, e nel caso di National treasure c’è un accento posto sul ragionamento logico in relazione agli indizi, perciò alcune trovate inverosimili risaltano maggiormente, come nell’esempio fatto nella recensione. Tutto questo però, come ho scritto, non ci impedisce di adorare la saga di National Treasure, che è invecchiata benissimo ed è, come dici tu, più avvincente di alcuni film più recenti che fanno largo uso di effetti speciali! Anch’io aspetto con ansia un terzo film, per adesso ho visto i primi episodi della serie dedicata, puoi leggerne la recensione qua su NPC Magazine.