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Nido di Vipere, la realtà impietosa non adatta ai deboli

La pellicola d'esordio di Kim Yong-hoon mostra una società crudele deprivata di ogni buonismo

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8 minuti di lettura

Approdato in Italia con ben due anni di ritardo rispetto all’uscita in Corea del Sud, Nido di Vipere è l’adattamento dell’omonimo romanzo dello scrittore giapponese Keisuke Sone, nonché il film d’esordio del regista Kim Young-hoon responsabile, per altro, anche della sceneggiatura. Nido di Vipere arriva al cinema da giovedì 15 settembre 2022. Analizziamo più nel dettaglio questa black comedy il cui titolo originale, bestie che si arrampicano sugli specchi, rispecchia il contenuto sicuramente meglio rispetto alla più semplice traduzione italiana.

L’intreccio di Nido di Vipere

Nido di Vipere NPC Magazine

In una tetra e soffocante città portuale sudcoreana scorre la vita di personaggi tra loro sconosciuti ma bloccati allo stesso modo in una realtà degradante, e con l’unica ambizione di sbarcare il lunario: un funzionario della dogana pieno di debiti, una prostituta vittima di violenza domestica, un’audace truffatrice e un lavoratore part-time costretto ad occuparsi della madre malata.

Sarà proprio quest’ultimo, in un giorno come un altro, a ritrovare una borsa firmata piena di soldi mettendo in moto una serie di eventi che coinvolgeranno chi, per un motivo o per un altro, attende da tempo il lucky strike che possa dare una svolta alla propria vita. Riusciranno i protagonisti ad impossessarsi del denaro, e così ribaltare definitivamente lo status quo?

La svolta irraggiungibile

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Shin Hyun-bin in una scena di Nido di Vipere

Persone intrappolate in un contesto disagiato, schiave di una vita di stenti e precarietà ma sprovviste delle risorse necessarie a voltarle le spalle, o talmente impazienti di farlo da optare per una manovra disperata e pericolosa: sono questi i protagonisti di Nido di Vipere, accomunati dallo stesso desiderio di evasione e autori di gesti sconsiderati in nome di una speranza flebile, seppur viva, di voltare pagina. Una tematica, a pensarci bene, già affrontata nell’acclamatissimo Squid Game, ma privata della fase di pentimento che segue i misfatti.

A differenza della serie di Hwang Dong-Hyuk, infatti, la pellicola di Kim Young-hoon non lascia spazio ad alcuna empatia o la riduce al minimo sindacabile: pur glissando sul passato di ognuno dei protagonisti e mostrando solo la situazione attuale, il film ne isola volutamente i tratti più animaleschi e istintivi, responsabili dei gesti sconsiderati che compiono e della loro noncuranza per i danni collaterali. Così facendo, il buonismo inizialmente indotto in chi osserva tende ad autolimitarsi alla circostanza, per poi annullarsi sempre più all’aumentare degli schizzi di sangue.

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Youn Yuh-jung e Bae Seong-woo in Nido di Vipere

Schizzi di sangue la cui brillantezza spicca nella cupa atmosfera in cui la trama si dipana, pervasa dai toni freddi del blu, del grigio e del nero, ravvivata qua e là solo da vaghi effetti luce stroboscopica e luci fioche. Un contesto cupo e intriso di violenza fatto di spazi circoscritti che a tratti si ripropongono come a creare un effetto di claustrofobia, e spesso invasi dalla pioggia torrenziale simbolo di inevitabilità e di sventura.

La sceneggiatura di Kim Youg-hoon é fluida e priva di fronzoli, efficace dal punto di vista comunicativo, costruita su una serie di botta e risposta intrisi di ironia, proprio ciò che serve ad un thriller-crime per tramutarsi nell’esempio calzante di black comedy. Nel complesso, Nido di Vipere esibisce una struttura narrativa il cui stile richiama quello sfoggiato dai fratelli Coen in cult come Fargo e Non è un Paese per Vecchi; proprio da quest’ultimo la pellicola sembra prendere spunto per i risvolti di trama, conditi con una serie di exploit degni di Quentin Tarantino, solo piú tetri e molto, molto meno splatter.

Nido di Vipere è un incontro di generi senza esclusione di colpi

In appena 108 minuti, Nido di Vipere pone l’accento su come il volere uscire dallo status quo implichi scelte difficili da compiere e una serie di vittime da lasciare al seguito, e sull’istinto animalesco che porta l’uomo a mordere chiunque lo attacchi e allo stesso modo chi, anche senza volerlo, intralci i suoi piani.

Pregio della pellicola é certamente la capacità di mescolare con scioltezza una varietà di generi cinematografici in modo che lo spettatore possa riconoscerli tutti senza poterli distinguere in modo netto, dipingendo una realtà dalle molteplici sfumature. Una realtà che agguanta e ghermisce talmente forte chi la abita da impedire ogni tentativo di svincolamento, nelle cui grinfie si finisce sempre per ricadere indipendentemente dagli sforzi compiuti per liberarsi.

Che si tratti di cattive persone mascherate da sventurati o sventurati diventati cattive persone, fulcro della pellicola resta la capacità della circostanza di tramutare gli uomini in bestie dominate dall’istinto che riconoscono nella brutalità l’unico mezzo efficace per uscire dall’oppressione, ma che nell’atto di dimenarsi finiscono per farsi ancora più male, tanto che la migliore opzione sembra essere quella di rimanere fermi e accettare l’inevitabilità del fato.

Il tutto limitato a uno spazio ristretto (un nido, per l’appunto) in cui i ruoli di preda e predatore si mescolano, si confondono, si ribaltano, e dove le anime macchiate dal peccato sono punite quasi allo stesso modo di chi commette una singola azione deplorevole; un contesto che non lascia spazio al pentimento ma solo alla presa di consapevolezza che porta l’animale a fuggire dopo aver provocato un danno, e in cui spesso non il piú forte ma il più fortunato prevale.

E di fronte all’ironia della sorte, alla capacità della vita di beffare chi cerca di deviare rispetto al piano prestabilito, non si può che sfoggiare un sorriso amaro: il messaggio che Nido di Vipere tenta di veicolare con tanta veemenza é che il lucky strike arriva inaspettatamente, che non lo si può creare, e che a forzare la fortuna verso una specifica direzione si perdono solo energie e quelle poche risorse di cui si dispone, cosicché alla fine quel lucky strike rimane solo inciso su un pacchetto di sigarette.


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Classe 1996, dottoranda in Ingegneria Industriale all’Università di Napoli Federico II, il cinema è la mia grande passione da quando ho memoria. Nerd dichiarata, accanita lettrice di classici, sogno di mettere anche la mia formazione scientifica al servizio della Settima Arte. Film preferito? Il Signore degli Anelli.

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