Presentato in anteprima alla 59° edizione della Mostra Internazionale del Nuovo Cinema di Pesaro, dove abbiamo avuto la possibilità di vederlo in sala con gran parte della crew, Non Credo in Niente è un’opera di giovani sui giovani dallo stile poco convenzionale. Disponibile nelle sale dal 28 settembre.
Girato tutto in 13 notti, Non Credo in Niente è stato prodotto da Daitona e Flickmates. Come interpreti Demetra Bellina (Comedians), Giuseppe Cristiano (Io non ho Paura), Renata Malinconico, Mario Russo (Calibro 9), Lorenzo Lazzarini, Gabriel Montesi (Esterno Notte), Antonio Orlando (Il Primo re, Il Traditore) e Jun Ichikawa (House of Gucci).
Non Credo in Niente, giovani in luoghi inospitali
Diretta da Alessandro Marzullo al suo primo lungometraggio, Non Credo in Niente si svolge in una Roma notturna e alienante. Qui si snodano le vicende di quattro personaggi: una coppia di musicisti in crisi sentimentale e di carriera costretti a lavorare in un ristorante, una hostess disillusa dall’amore e dalle forti doti artistiche che deve ignorare, un aspirante attore che calma le sue ansie con continuo sesso occasionale. Queste vicende non si incrociano mai ma ruotano intorno a un paninaro di fiducia, una sorta di mentore dei giovani adulti.
L’obiettivo è di raccontare la realtà del mondo giovanile attuale, fatto di insicurezze, precariato e compromessi in cui si finisce per perdere, in una società liquida priva di risposte. Il regista stesso che afferma di ispirarsi all’omonimo testo di Bauman, scelta di impegno di una regia che sperimenta con coraggio per tutto il film.
Fin dalle scelte di ripresa che ricordano un certo cinema asiatico alla Wong Kar-Wai, specialmente nell’estetica dell’immagine, ma in maniera nuova, con l’utilizzo di forti cromatismi come delle luci al neon con contrasti fatti risaltare. Spesso tutto ciò è accentuato da un grandangolo molto chiuso e attraverso il sapiente utilizzo della pellicola in 16mm.
Non Credo in Niente è notevole considerando che è un’opera prima. Comunque, non è esente da problematiche, quelle tipiche di tutte le opere prime, soprattutto se si guarda alla sceneggiatura. Il film spesso risulta debole nello svolgersi degli avvenimenti e nei rapporti tra essi, riesce bene però in un ritmo ben studiato, che sa dove accelerare e dove rallentare. Una regia quindi che può non venir apprezzata – infatti le recensioni sulla pellicola sono assai eterogenee – ma che non ha paura di essere coraggiosa e sperimentatrice, anche nei suoi difetti, e lontana da ciò che si è soliti vedere nel panorama nostrano.
Pellicola sì o pellicola no?
La scelta di utilizzo della pellicola, in un formato così peculiare, va probabilmente letta anche in un senso preciso. Non solo come un gusto vintage e una riscoperta della materialità dell’analogico, ma anche come riutilizzo nuovo di tale mezzo, adattato a una fotografia che non gli appartiene ma che funziona, soprattutto in colorazioni esagerate che la pellicola accentua in un clima alienante ma non freddo.
Un’altra ispirazione che si può notare in Non Credo in Niente è un certo cinema anni 90, uno su tutti il primo Clerks di Kevin Smith. Di esso riprende il gusto comico-grottesco e realistico, qui riadattato alla contemporaneità dell’Italia dei giovani adulti.
Protagonisti del film e della sua genesi
Questi giovani sono i protagonisti sia del film che della creazione del film: dai produttori agli attori alla crew, l’età media si aggira sempre intorno ai 30 anni. Si ha quindi una forte unità biografica e narrativa non solo del regista che, come per osmosi, entra nelle vicende dei protagonisti. Personaggi dubbiosi, insicuri, sfrontati nelle loro maschere che nascondono umani frastagliati fra scelte e non scelte. L’interpretazione degli attori riesce bene in questo difficile compito, certo con i problemi della sceneggiatura già nominati, ma con una forza attoriale particolarmente sentita, in cui attori e personaggi si mescolano perché figli delle medesime condizioni.
Si può sicuramente dibattere se un’estetica così esagerata e, volendo, sfrontata sia adatta a questa narrazione. Certo, a volte ricade in scelte fini a sé stesse, ricercate e complesse al fine unico di essere ricercate e complesse, che risultatno sicuramente soluzioni estetiche d’impatto ma forse senza ragioni profonde. Questo non è per forza un male, soprattutto perché il motivo reale forse non va ricercato nel film ma nelle scelte che le hanno provocate.
Non Credo in Niente si allontana da tutto ciò che si è soliti vedere, sia nel cinema mainstream sia in quello d’autore, cercando come unici riferimenti i propri modelli. Vuole distinguersi rispetto a tutto, mette in atto una ricerca sperimentale di novità e non omologazione che si dipana fin dal momento dell’ideazione del film. Una sorta di fedeltà individualista che si pone altra rispetto a un mercato simile a sé stesso e a dei modi di produzione simili tra loro.
Un lavoro sicuramente interessante di un’opera, Non Credo in Niente, che può venir apprezzato anche quando non piace. Un tale coraggio per un’opera prima va evidenziato e, anche se criticato, va appoggiato, specialmente per l’audacia di un gruppo di giovani che fa ciò che i giovani sempre dovrebbero fare: essere spavaldi, arditi, sperimentatori, sfrontati.
Seguici su Instagram, Tik Tok, Twitch e Telegram per sapere sempre cosa guardare!
Non abbiamo grandi editori alle spalle. Gli unici nostri padroni sono i lettori. Sostieni la cultura giovane, libera e indipendente: iscriviti al FR Club!