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«Notting Hill» un film surreale ma ancora bello

15 minuti di lettura

Tutti conoscono Notting Hill, anche chi non lo ha mai visto (chi non lo ha mai visto?!). D’altronde si tratta di una delle commedie romantiche più famose degli anni ‘90, anzi più famose di sempre. Diretto da Roger Michell e scritto da Richard Curtis nel 1999, è ora disponibile sulla piattaforma Amazon Prime Video.

Gli anni ‘90 sono stati gli anni del Grunge e dei Nirvana, gli anni di serie tv come Friends e Sex and the city e gli anni delle ultime memorabili rom com. A partire da Harry ti presento Sally (1989, diretto da Rob Reiner e scritto da Nora Ephron) moltissime sono state le commedie romantiche che hanno segnato il periodo, per esempio Pretty woman (Garry Marshall, 1990), Quattro matrimoni e un funerale (Mike Newell, 1994), C’è posta per te (Nora Ephron, 1998), solo per citarne alcune. Col finire della decade è in qualche modo finita anche la fortuna del prodotto che è sempre più stato acquisito dal cinema indie o mumblecore reinventandosi e cambiando le proprie regole dall’interno, anche se spesso solo apparentemente. Cambia la società e cambia il pubblico, ora non sarebbe più possibile realizzare un film come Notting Hill.

«Notting Hill»: la trama

La trama di Notting Hill per sé non inventa nulla di nuovo, anzi ripercorre uno per uno tutti i topoi della romantic-comedy: ragazzo incontra ragazza, il colpo di fulmine, un’impossibilità a stare insieme e il suo superamento, lieto fine. Titoli di coda.

In questo caso l’impossibilità a stare insieme è rappresentata dal fatto che la protagonista femminile è una super star del cinema mentre il protagonista maschile è un semplice libraio di Notting Hill il cui soprannome è “floscio”. I due si incontrano quando lei entra, quasi per caso, nella libreria sgangherata e fatiscente di lui. Da qui seguiranno altri incontri fortuiti o meno, dichiarazioni negate, risate, equivoci e la rincorsa finale per un sospirato, agognato lieto fine.

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I due protagonisti sono interpretati da Hugh Grant e Julia Roberts, bellissimi e all’apice delle loro carriere. Insomma, ognuno ripercorre i propri passi, ognuno si attiene al ruolo assegnatoli da sempre, ma quindi se sulla carta è tutto così banale e prevedibile come si spiega il successo ottenuto all’epoca e l’affetto che suscita ancora oggi? La risposta, come sempre del resto, è ritrovabile in un mix di ingredienti.

Richard Curtis e il tono british

Si è detto che lo sceneggiatore di Notting Hill è Richard Curtis e il cui stile è più che mai evidente. Richard Curtis è l’autore di commedie tra le più divertenti: Quattro matrimoni e un funerale (1994), primo grande successo, Il diario di Bridget Jones (2001), una delle migliori trasposizioni cinematografiche di Orgoglio e pregiudizio, Love Actually (2003), forse la più stucchevole e scontata e I love radio rock (2009), una delle migliori commedie musicali degli ultimi anni.

La sua scrittura è frizzante e sveglia e seppur segue e ricalca i motivi del genere non scade in banalità, cosa che invece si avverte di più in altri luoghi, per esempio Love Actually dove gli stessi schemi sono ripercorsi in maniera molto più scontata e non così originale.

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Il tono tipicamente british che contraddistingue le sue sceneggiature è innanzitutto sottolineato dall’ambientazione della vicenda, talmente importante che è il titolo stesso del film. Notting Hill è uno dei quartieri più tipici di Londra. Ciò che si percepisce dal film è che è un quartiere cool ma non troppo alla moda, quel genere di quartiere dove puoi trovare artisti e studenti ma anche agenti di borsa, gli affitti sono alti, ma non troppo, c’è il mercato tipico e i ristorantini e le librerie sono tutti caratteristici. Insomma un’idealizzazione, non esiste un quartiere così a Londra, dove, al contrario, è tutto molto caro ed elitario. Curtis ha preso solo i tratti che più gli servivano di Notting Hill, omettendo ciò che non gli era funzionale, per dare forma all’atmosfera generale.

William/Hugh Grant

Notting Hill

William, il protagonista, è il perfetto abitante di Notting Hill, non è bello in modo classico, anzi, come ci viene ricordato, è anche un po’ sfigato, ma le sue camice stropicciate, la sua libreria sull’orlo del fallimento, la sua casa con la porta blu contribuiscono ad accrescere il suo fascino. E infatti William ci fa ridere, e il suo umorismo è intelligente e garbato, a volte un po’ ridicolo, ma proprio per questo adorabile. È un protagonista impacciato e inconsapevole del suo fascino la cui spontaneità sarà l’arma vincente, nonostante i vari «perdindirindina» e le altre frasi imbarazzanti. È il tipico personaggio interpretato da Hugh Grant che non è mai dominante, anzi è molto sensibile ed emotivamente disponibile.

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L’attitudine british è tipica anche degli altri personaggi, in particolare la cerchia di amici di William che con la sorella e il coinquilino (gallese) formano un gruppo di comprimari, forse a tratti un po’ troppo stereotipati, ma perfetti, che contribuiscono ad alimentare il ritmo mai stanco dell’intera commedia e a regalare momenti molto divertenti.

Anna Scott/Julia Roberts

Notting Hill

L’inglesità pervade l’intera vicenda, traspare da ogni luogo e da ogni personaggio e dona quell’aspetto singolare e autentico che affascina. Affascina soprattutto Anna Scott che incarna l’altra anima del film, l’anima americana. Notting Hill, infatti, pur essendo ambientato a Londra e vantare tra cast e autori molti nomi inglesi, è in tutto e per tutto un film americano e ha come protagonista femminile Julia Roberts, regina indiscussa, insieme a Meg Ryan, delle romcom anni ‘90.

In Notting Hill si può dire che interpreta se stessa, ricoprendo il ruolo di una grande star internazionale (e l’attrice preferita di Cavalli e segugi!). Ma, in realtà, il suo personaggio è più profondo di così e presenta una duplice identità. Da un lato c’è Anna Scott l’inarrivabile star hollywoodiana, che interpreta solo ruoli d’avventura nello spazio o sott’acqua, perennemente a dieta, perennemente a fare i conti con una stampa giornalistica che non da tregua. La ragazza impossibile per antonomasia. Fatto ribadito anche dalla locandina del film in cui è possibile vedere William che cammina per strada con alle spalle una gigantografia di Anna Scott attaccata al muro, idealizzata, distante, irraggiungibile.

E poi c’è Anna la persona reale, che si nasconde dietro gli occhiali da sole, che non è mai appariscente, schiacciata in un certo senso dal peso della fama e rassegnata a vivere nascondendosi dietro una maschera. Anna non si può permettere di essere sgarbata, di lasciarsi andare, a volte nemmeno può permettersi di difendersi.

«Notting Hill», tra clichè e condizionamenti sociali

Notting Hill

Il rapporto messo in scena tra i due protagonisti è molto interessante perchè sfrutta gli stilemi della romcom, quali gli equivoci e i tira e molla, per costruirne uno molto più interessante. È il rapporto tra una persona comune e una famosa, in cui si innesta il discorso, non affrontato, ma solo evocato, della condizione sociale come pregiudizio e impedimento nei rapporti. I due protagonisti sono condizionati dalle convenzioni sociali e indotti a pensare di non poter stare insieme.

William è ovviamente attratto da Anna, è bellissima, gentile, simpatica. Ma c’è un problema, William non riesce a capire (o non può?) Anna e la sua frustrazione. Minimizza le paranoie di Anna riguardo i giornali, non vede il problema a iniziare una relazione, non teme le ripercussioni della stampa perché è una cosa che non ha mai provato. E se all’inizio è proprio Anna a fare il “primo passo” e a chiamare William, poi si ritrae, spaventata da lui. Lei stessa non riesce a capire se lui è genuino o in lei vede solo un sogno, una mitizzazione.

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Per questo il personaggio di Anna è molto interessante perché per tutto il film continuerà a mostrare piccoli gesti di “ribellione” al suo status e alla sua posizione per poi ritrarsi di nuovo, rientrare nei ranghi imposti dal personaggio pubblico. Per arrivare, infine, alla dichiarazione:

Sono solo una ragazza che sta di fronte ad un ragazzo e gli sta chiedendo di amarla

Per Anna è il momento della verità, il momento in cui decide di abbandonare ogni catena, la rivendicazione dell’autenticità, al di la delle interviste, dei giornalisti, dei nomi falsi, dei grandi hotel, Anna chiede solo la possibilità di un’autenticità, con William, l’unico che è riuscito a vedere la seconda anima, ad andare oltre la fama anche se intimorito. Ma nell’unica occasione in cui si mostra vulnerabile, Anna rimarrà delusa. È l’ennesimo equivoco, l’ennesimo ostacolo lungo il cammino.

Ma non sarebbe una commedia romantica se non ci fosse il ribaltamento finale, il superamento di tutti le incomprensioni, la consueta corsa dell’ultimo minuto e una dichiarazione plateale nel modo più assurdo e romantico possibile.

Notting Hill

Notting Hill è un film che sicuramente mostra dei punti problematici e a cui sarebbe possibile muovere delle critiche. La dichiarazione finale di William in mezzo a tutti i giornalisti è sicuramente assurda, ma calata nel contesto del film funziona, è divertente, è un patto che il film fa con lo spettatore di sospensione della realtà, ma al contrario, il finale, con il susseguirsi dei momenti, la musica, le immagini idilliache, stona con quello che si è visto fino a quel momento e risulta, così, falso e troppo favolistico.

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D’altronde Notting Hill deve attenersi agli stereotipi del genere a cui appartiene, e la commedia romantica fa largo uso di stereotipi e clichè. Per questo è molto spesso criticata e denigrata rispetto ad altri generi a cui è riconosciuta più dignità artistica. Ma gli stereotipi ci sono in ogni genere, servono a caratterizzarli, altrimenti sarebbero qualcos’altro. Ci sono film più “banali” e altri che inducono a riflessioni più ampie, film il cui scopo è semplicemente far ridere, e si può far ridere con intelligenza, e film il cui scopo è magari più educativo, più formativo.

Notting Hill è un’ottima commedia, funziona perfettamente per il ritmo, i dialoghi, la costruzione dei personaggi, l’ambientazione, è un prodotto curato e il successo ottenuto lo paga di tutto questo. È anche una storia d’amore che segue tutti i clichè di una storia d’amore. Ma in ogni storia, se ben scritta, è possibile ritrovare altri temi che possono alimentare riflessioni e approfondimenti. In definitiva, Notting Hill è davvero un bel film, surreale, certo, ma bello.


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Chiara Cazzaniga, amante dell'arte in ogni sua forma, cinema, libri, musica, fotografia e di tutto ciò che racconta qualcosa e regala emozioni.
È in perenne conflitto con la provincia in cui vive, nel frattempo sogna il rumore della città e ferma immagini accompagnandole a parole confuse.
Ha difficoltà a parlare chiaramente di sé e nelle foto non sorride mai.