L’8 dicembre non si ricorda solo per la prima festività pre-natalizia agli albori dicembrini, ma anche per l’uscita in sala della delicata ed emozionante pellicola firmata da Uberto Pasolini. Il regista romano, già alla produzione del celebre Full Monty (1997) e dietro la cinepresa di Still Life (2013) intitola il suo ultimo lavoro Nowhere Special. Datato 2020 e presentato nella sezione Orizzonti della 77esima Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia, il film approda però in sala solo un anno dopo, distribuito da Lucky Red e prodotto da RAI Cinema, Picomedia, Digital Cube ed Eurimages.
“Ispirato a una storia vera”. Così recita la chiusura di un commovente ritratto familiare tra un padre e un figlio, con il piccolo Daniel Lamont, di sette anni, alla sua prima apparizione sullo schermo. Accanto a lui James Norton, che qualcuno ricorderà per il recente ruolo del timido Sig. Brooke nelle Piccole Donne (2019) di Greta Gerwig. Insieme sono magnetici, nella spontaneità di un’intima relazione parentale che si nutre di piccoli gesti quotidiani per sopperire a un futuro assente. Il non scritto si affida agli sguardi e alla complice coordinazione gestuale che tinge di magia, dolcezza e dolore un film votato alla lacrima consapevole.
Nowhere Special: raccontami il tuo posto speciale
Per il futuro cosa vuole che suo figlio sappia di lei?
Io sono un lavavetri.
Nella piovosa Belfast, John è un lavavetri di trentaquattro anni e padre del piccolo Michael. Le sue giornate si alternano davanti a specchi differenti, quelli delle vetrine di negozi, ristoranti e case che attraversa con la sua spatola intinta di schiuma. Oltre il vetro delle finestre, John osserva gli interni di luoghi sconosciuti, scrigni di vite che non sono la sua. Gli rimane poco da vivere a causa di un cancro che sta velocemente corrodendo ogni speranza per il futuro. Per questo John, senza nessun familiare a cui potersi affidare, sta cercando una famiglia affidataria che possa crescere Michael quando lui non ci sarà più.
Lo assistono i servizi sociali, in particolare la giovane tirocinante Shona (Eileen O’Higgins) con cui John conosce le sfumature domestiche e relazionali di altre famiglie. Ma non è facile destinare la vita di un bambino a un labirinto di aspettative e incertezze, laddove lo stesso John si chiede se abbia avuto abbastanza tempo per conoscere a fondo suo figlio. Tra i due si instaura lentamente un rapporto silente di crescente consapevolezza, dove l’aura della morte aleggia, ma sempre in chiave simbolica, lasciando che sia il piccolo Michael a maturare nella sua incipiente conoscenza del mondo l’idea di un domani senza il padre.
Un amore che non ha bisogno di essere esplicitato
Non sarò proprio dentro l’uva, ma nel suo sapore.
Il rapporto tra John e Michael è il cuore pulsante di Nowhere Special. Da un lato il padre cerca nella ritualità quotidiana dei momenti con il figlio un’ultima linfa vitale. Dall’altro il figlio tenta inconsapevolmente di aggrapparsi ai gesti del padre per farli suoi, imitandolo. E dove John incomincia a cedere emotivamente alla malattia, Michael diventa un piccolo uomo, che non comprende la tragicità nel momento nella sua completezza, ma capisce quali sono le ferite da tamponare. Non c’è debolezza in questo amore.
Uniti come i due corpi di una clessidra, John e Michael abbracciano due evoluzioni temporanee differenti, una che si sta consumando e l’altra che sta nascendo. Ma non c’è esplicitazione forzata di una sensibilità che si intuisce e si coglie dai momenti insieme dei due. Loro camminano mano per la mano, portano lo stesso cappellino a visiera, aspettando il momento in cui il camioncino del gelato si fermerà al parco che visitano tutti i giorni. Intanto, Michael matura nella sua innocenza frammenti di un tema tanto difficile da spiegare quanto da comprendere: la morte.
John abbandona dunque una visione materialista dell’aldilà per abbracciare una dimensione in cui possa sempre stare con Michael. Un pensiero per cui tutti gli uomini non sono terra, ma aria, che si libra come energia nello spazio che ci circonda. Così che non esista un involucro vuoto da abbandonare, ma una presenza eterna e costante. Come l’aria di un palloncino che si perde nel cielo, come il contenuto di un acino d’uva, perché Michael lo mangia solo senza buccia. La narrazione segue così il sottile confine tra esocarpo e mesocarpo, tra pelle e carne, tra corpo e anima.
Nowhere Special non è solo un ritratto familiare
Nowhere Special è una storia d’amore e affetto, di perdita e sacrificio, di speranza e fiducia. Uno sguardo silente sull’altro con la consapevolezza di potervi trovare comprensione. Per questo Uberto Pasolini gioca tanto sul riflesso/rivelazione dei vetri su cui lavora John. Sceglie poi di rinunciare alla musica se non per il brano Car Drive/Memory Box di Andrew Simon McAllister, che racchiude due momenti topici di Nowhere Special: i viaggi di John e Michael per conoscere le famiglie affidatarie e il momento in cui John deve riporre tutti i suoi ricordi in una scatola, in modo che in futuro Michael possa ricordarsi di lui. Ma Nowhere Special non è solo un tenero ritratto a due.
Nowhere Special aleggia su una coltre di tematiche differenti, tutte strettamente connesse all’incertezza del futuro. Ecco quindi che la differenza di ceto sociale, le difficoltà economiche, il bisogno di una famiglia e l’incapacità di averla, la solitudine, la perdita, il dolore e l’accettazione convogliano verso uno spazio empaticamente universale.
Lo spettatore, pur non essendo padre, pur non condividendo la malattia e l’ingiustizia sociale di John, comprende perfettamente quello che sta vedendo. Una pura simbiosi d’amore dove la naturalezza si sposa con la genuinità in una tante drammatiche possibili traduzioni del reale.
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