È l’anno 2000 e alla Mostra del Cinema di Venezia viene presentato O Fantasma, primo lungometraggio di João Pedro Rodrigues, regista portoghese trentaquattrenne. L’accoglienza è tendenzialmente negativa e lo scandalo è inevitabile per le scene di sesso estremamente esplicite. Dietro una superficie graficamente forte, però, si cela un’opera di alto valore.
O Fantasma, la trama
Un uomo vestito in latex è impegnato nell’atto di penetrarne un altro. Fuori dalla stanza, un cane piange. Con questa scena d’apertura, O Fantasma ci trascina immediatamente in un vortice di pornografia e ossessione al centro del quale troviamo Sérgio (Ricardo Meneses), giovane netturbino che durante la notte attraversa le strade di Lisbona a bordo di camion della spazzatura. Sin da subito notiamo qualcosa di inusuale in lui, come gli atteggiamenti animaleschi e il fatto che stia costantemente in silenzio.
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Ci viene poi presentata Fátima (Beatriz Torcato), sua collega interessata a lui. Sérgio però non ricambia, è interessato agli uomini; uomini con cui intrattiene rapporti fugaci, in cui non esistono scambi di parole né affetto, riservato solo alla sua cagna Lorde. Una notte, il ragazzo fa la conoscenza di un motociclista durante il turno di lavoro e sviluppa una fissazione nei suoi confronti che lo porterà a compiere gesti estremi.
Ossessione e perversione
In un’intervista rilasciata qualche anno fa, João Pedro Rodrigues ha affermato che l’ossessione è una componente dominante della sua vita e che non la vede in maniera negativa, anzi. La costante erotizzazione del corpo di Ricardo Meneses, tra l’altro, è a sua detta proprio la risultante di un’ossessione nei suoi confronti.
Sérgio, come il regista, si lascia dominare dalle sue ossessioni. Non tenta di reprimerle, le vive. Quella più grande è il sesso: ogni momento può essere quello giusto, ogni luogo può essere idoneo e ogni uomo può essere una preda, sia esso un poliziotto ammanettato in un’auto di notte, un ragazzo che sta urinando in un bagno pubblico o uno che sta facendo la doccia dopo la piscina.
Ma i desideri e gli impulsi di Sérgio divengono sempre più forti e implacabili quando subentra una seconda ossessione, ovvero quella per un motociclista senza nome che non ricambia il suo interesse. Essa si esplica soprattutto attraverso la feticizzazione degli oggetti dell’uomo, in particolare gli slip (che trova rovistando nella sua spazzatura, annusa e in seguito indossa), la moto (che tocca sensualmente) e i guanti (che usa per praticare autoerotismo).
Dopo numerosi tentativi e pedinamenti, Sérgio riesce finalmente a fare irruzione in casa del motociclista e urina sul suo letto. Un cane che marca il territorio, un uomo che tenta disperatamente di possederne un altro. Appena fuori, però, viene sorpreso da un poliziotto, lo stesso di cui aveva approfittato mentre era in manette. Stavolta è Sérgio quello con le mani bloccate e l’agente tenta di abusare di lui, senza però trovare resistenza. L’inesorabile bisogno sessuale del ragazzo non si ferma nemmeno davanti a situazioni simili, che piuttosto lo fanno infervorare.
Nonostante la perversione praticamente senza limiti del protagonista, comunque, anche nei momenti più degradanti il film mantiene una carica sessuale importante. La bellezza di Sérgio, che lo vogliamo o meno, buca lo schermo, ammaliandoci e facendoci provare un misto di disgusto ed eccitazione, amplificato dai rumori del latex e dei sacchetti dei rifiuti. Può piacere o non piacere come sensazione, ma è sicuramente interessante il fatto che sia presente in primo luogo.
Violenza e trasformazione
La frustrazione fa incrementare gli atteggiamenti violenti di Sérgio, conducendolo a un punto di non ritorno. Ciò porta al deterioramento del suo rapporto con Fátima, che tenta di aggredire più di una volta, ma soprattutto al rapimento del motociclista. Dopo essersi liberato delle manette, infatti, Sérgio intrattiene prima il rapporto che vediamo nella scena iniziale (soffocando il partner sessuale, che potrebbe essere morto o solo svenuto, non è chiaro) e poi si reca nell’abitazione dell’uomo, che blocca con lo scotch e trascina per strada. Il suo peso è però eccessivo e per questo il ragazzo lo picchia e va via, lasciandolo a terra.
Ancora frustrato e solo, Sérgio si reca in una discarica, dove beve acqua ristagnata e mangia il cibo che trova tra la spazzatura. La trasformazione è completa: ora è il fantasma di cui si parla del titolo.
In verità un po’ lo è sempre stato, considerata la sua attività notturna e il passaggio fuggevole, silenzioso e anonimo nelle vite degli uomini che ha incontrato, ma ora trionfa ergendosi su tonnellate di rifiuti.
Non sappiamo dove arriverà da qui, perché il film si conclude, ma è facile pensare che non tornerà in città. Ormai situato ai margini della società, Sérgio può esprimere appieno i suoi tratti bestiali.
Vent’anni dopo
Lo scorso 20 ottobre, O Fantasma ha spento venti candeline. Oggi possiamo tranquillamente definirlo un esordio potente, che regala allo spettatore un’esperienza difficilmente dimenticabile. Non c’è più spazio per le critiche sterili e le reazioni esagerate: i film non devono sempre mettere a proprio agio gli spettatori. A volte bisogna semplicemente lasciarsi travolgere, un po’ come Sérgio. Magari con esiti diversi dal suo.
Del resto è ciò che ai tempi ha fatto Alberto Barbera, direttore della Mostra del Cinema di Venezia. Risultato? L’ha definito un capolavoro.
O Fantasma è disponibile su Mubi assieme ad altri due film del regista, Odete (2005) e Morrer como um Homem (2009).
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