Signore e signori, taccuini e penne alla mano. Nelle sale di tutta Italia dal 29 Settembre, Omicidio nel West End ci accompagna in uno squisito delitto diretto da Tom George e scritto dalla penna, ormai incriminata, di Mark Chappell. Il celebre regista Leo Kopernick, Adrien Brody, è tragicamente venuto a mancare e solo l’ispettore Stoppard, Sam Rockwell, con l’aiuto dell’agente Stalker, Saoirse Ronan, potranno risolvere il caso. E come lo stesso Leo Kopernick ricorda a noi pubblico prima di passare a miglior vita: “…è il solito giallo: visto uno, li hai visti tutti”. Ma se non fosse davvero così?
Un delitto portato a festa
Londra, primi anni Cinquanta. La voce fuoricampo del regista hollywoodiano Leo Kopernick, presenta allo spettatore i classici elementi di un giallo portato in scena. Ricordando a colui che presta ascolto e che e viene allo stesso tempo ammaliato dall’elegante soliloquio che, come in ogni giallo che si rispetti, la vittima è sempre il personaggio più antipatico presente in scena.
La scena del crimine altro non è che l’Ambassadors del West End di Londra, dove si sta tenendo la festa per la centesima replica della trasposizione teatrale dell’opera letteraria firmata Agatha Christie, “Trappola per topi”, portata in scena da un cast singolare così come lo sono gli impresari del teatro stesso.
Dopo i primi minuti ci vengono presentati i personaggi che fanno da cornice alla storia, che spaziano da chi è di scena a chi sta dietro le quinte, creando delle caricature di archetipi già visti, o letti, nei gialli più celebri.
Questa volta non abbiamo il classico detective ligio, intransigente, ma ci viene fornito da Scotland Yard l’ispettore Stoppard, criptico e silenzioso, non privo dei propri scheletri nell’armadio, che metteranno a dura prova la sua collega: l’agente, un po’ troppo sbrigativa e prolissa, Stalker.
Tra colpi di scena e battute in pieno stile british, Tom George consegna al grande pubblico un’opera che è tutt’altro che banale, ma che sa prendersi in giro e che è conscia del fatto di essere l’ennesimo giallo portato sul grande schermo. Nasce un gioco con il pubblico, che dubita di ogni personaggio sino alla sorpresa finale, che desta quel genuino stupore che solo le commedie ben costruite sanno regalare.
Chi ha il coltello dalla parte del manico?
Per tutto lo svolgersi della vicenda ci rendiamo conto che di nessuno in realtà possiamo realmente fidarci, poiché Tom George, ci mette nei panni dell’agente Stalker (Saoirse Ronan) e ci fa percorrere un labirinto del quale intravediamo di tanto in tanto l’uscita ma non la via per accedervi. Restiamo per tutto il tempo con il fiato sospeso, prendendo costantemente appunti su un taccuino ormai colmo di potenziali colpevoli e consigli provenienti dal nostro superiore e collega, l’ispettore Stoppard (Sam Rockwell) che ci fanno illudere di essere ormai prossimi alla risoluzione del caso.
Non dobbiamo dimenticarci della prima regola numero dell’investigazione: “Non saltare subito a conclusioni”. Consiglio che si applica alla lettera per tutto il corso di Omicidio nel West End: perché non è mai come sembra, si cela sempre qualcosa dietro al sipario.
Omicidio nel West End, ricco di nomi importanti come Ruth Wilson (Petula Spencer), David Oyelowo (Mervin Cocker-Norris), Shirley Henderson (Agatha Christie)…diventa così un vero e proprio Cluedo che omaggia le grandi opere del passato e successi più recenti come l’elegante e brillante Knives Out (2019) firmato da Rian Johnson (Star Wars: gli ultimi Jedi, 2017), che vedrà a fine anno l’approdo in sala e su Netflix del suo secondo capitolo Glass Onion: Knives Out (2022), sempre firmato da Rian Johnson.
Omicidio nel West End mantiene un ritmo incalzante, come a non voler distrarre il suo pubblico nemmeno per un secondo, così come fa il cast di “Trappola per topi” con il suo all’Ambassador.
Si crea così una trama nella trama, un crimine messo in scena su un palcoscenico che risulta poi essere la perfetta scenografia per un omicidio in pieno stile inglese, ergo elegante, brillante, eccentrico e tragicomico.
Alla fine, l’opera teatrale darà la sensazione allo spettatore di prendere vita al di fuori delle quinte stesse del teatro alle quali era stata confinata; creando così quel salto in avanti che le consentirà di arrivare fino alla fine senza smancerie finali e senza rimborsi del biglietto da parte del pubblico in sala. Perciò, ora che siete stati avvisati, sapete cosa fare: non saltate a conclusioni e non tralasciate alcun dettaglio perché anche se sembra che il sipario stia per chiudersi, la storia non è finita finché il colpevole non salta fuori.
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