fbpx
One Piece

One Piece, Netflix scommette sul live action

6 minuti di lettura

Tutti alla ricerca del One Piece! Da Giovedì 31 agosto è disponibile su Netflix l’adattamento live action del manga di Eiichirō Oda, considerato il più famoso al mondo. Con una fama talmente importante e un lascito così iconico, l’adattamento seriale ha quindi l’arduo compito di trasporre un tanto vasto e stravagante mondo in otto puntate in media da 50 minuti.

One Piece ci trasporta nel grande blu, in particolare nel mare orientale, dove seguiamo le avventure di Monkey D. Lufy, un ragazzo propositivo e divertente, con un sogno nel cassetto: diventare il re dei pirati e trovare un tesoro perduto.

Ventidue anni prima dell’inizio della storia, infatti, il pirata Gold D. Roger veniva giustiziato, lasciando come eredità pochissime parole: “Solcate i mari e cercate il mio tesoro, il One Piece”. La serie Netflix ci riporta di nuovo in questo mondo, fatto di vascelli grotteschi, clown pirata e animali parlanti, adattando circa i primi cento capitoli del manga, fino alla saga di Arlong, il villain principale della serie. Un’operazione rischiosa, vista la difficoltà di mantenere la sospensione dell’incredulità in un mondo così particolare, che diventa reale.

One Piece, un buon lavoro di scrittura per una storia che non invecchia

One Piece

One Piece è una serie coinvolgente, che racchiude lo spirito del manga, nonostante manchi una buona dose di divertimento. Il lavoro di adattamento e scrittura è però eccelso, riuscendo a condensare quasi cento capitoli in otto episodi. Rispetto al manga, alcuni archi narrativi sono stati rimaneggiati e snelliti, altri avvenimenti spostati. Quello che rimane è però un’idea di organicità che traspare dal live action, con scelte in scrittura che preparano ad eventi futuri e alcuni tagli che velocizzano e rendono più fluida la storia.

Il più grande pregio della serie One Piece è quindi quello di mantenere lo spirito del manga e portare in scena ottimi personaggi, adattati al nuovo medium. Gli attori trasmettono la voglia di mettersi in gioco e l’amore per il prodotto, con un cast perfetto, sia a livello di somiglianza che recitazione, dove emergono solo pochi momenti in cui l’anime (n.d.r. la celebre serie televisiva del 1999, trasposizione dell’omonimo manga) risulta troppo scimmiottato. Altri elementi di pregio sono le musiche e le scenografie, in cui traspare sicuramente l’impegno nel ricostruire un mondo così variegato, anche se con qualche difetto.

Cosa non funziona nel live-action?

One Piece

Proprio dalle scenografie di One Piece, nonostante l’ottimo lavoro di ricostruzione, si intravedono i primi difetti di questa operazione. La fotografia e la regia non rendono infatti giustizia al lavoro di costruzione dei set, facendoli apparire, il più delle volte, finti e posticci. Non aiuta in questo senso l’utilizzo continuo di fish-eye e primi piani molto ravvicinati, dovuto probabilmente alla mancanza di comparse.

La regia, in generale, è fiacca e incede con lentezza durante i combattimenti, non mostrando quindi il potenziale di coreografie ben studiate e dinamiche. Sono proprio la dinamicità e i guizzi che mancano alle inquadrature e contribuiscono ad abbassare il livello di una serie che conquista per storia, momenti divertenti e toccanti, adattamento e attori, ma che può ancora migliorare da un punto di vista tecnico in vista delle prossime stagioni. La prima posizione in classifica su Netflix e il successo di pubblico, infatti, lasciano presagire futuri sviluppi.

Sicuramente la produzione ha risentito del momento di post-pandemia ed è stato difficile organizzare i reshoot, nonostante il budget importante di circa 18 milioni di dollari a episodio.

Lufy e compagni promossi con riserva

One Piece

La serie è comunque promossa, soprattutto per il cuore che sceneggiatori e attori mostrano nell’adattamento dell’opera in live action e per l’immedesimazione degli attori con la ciurma. Interessante è anche il maggiore spazio concesso all’ammiraglio Garp e a Koby, due personaggi che, nella prima parte del manga, scomparivano e che invece nella serie live action hanno una storyline parallela a quella della ciurma.

One Piece è quindi un prodotto che può solo migliorare in una seconda stagione, soprattutto avvalendosi di set già costruiti e destinando più budget al lato tecnico, dalla regia alla fotografia, dal montaggio agli effetti speciali, non sempre buoni come nelle prime due puntate. Un plauso va comunque al make-up convincente di due personaggi importanti in questa prima stagione come Arlong e Bagy, forse i migliori comprimari insieme a Garp.

È quindi la forza di protagonisti ormai iconici e di una storia ben riadattata a salvare l’adattamento live action di One Piece. Il viaggio nel grande blu è però appena cominciato, non ci resta che attendere la seconda stagione.


Seguici su InstagramFacebook e Telegram per scoprire tutti i nostri contenuti!

Non abbiamo grandi editori alle spalle. Gli unici nostri padroni sono i lettori. Sostieni la cultura giovane, libera e indipendente: iscriviti al FR Club

Nato a Fermo, anno 1997. Scopro la passione per il cinema e per le serie tv durante l'università, studiando tutt'altro. Appassionato di film scomposti, imperfetti ed esageratamente lunghi, il mio regista preferito è Guillermo Del Toro. Le altre passioni sono la letteratura, il ciclismo e la politica.

Lascia un commento

Your email address will not be published.

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.